Gian Antonio Stella, Sette 26/9/2014, 26 settembre 2014
700 CRAVATTE PER LA REGIONE POSSON BASTARE
Settecento cravatte! Alla Regione Calabria non avevano gli occhi per piangere e strillavano ogni giorno contro l’avarizia dei governi romani e contro le rigidità della Ue e contro le pretese della Troika europea e poi salta fuori che, nel bel mezzo delle lagne contro l’universo mondo, la presidenza della giunta ordinò un anno fa la bellezza di settecento cravatte per un importo complessivo di 28.915 euro e 50 centesimi.
La scoperta è stata fatta grazie alla denuncia della Sve.Ti.A. Cravatte Srl di Roma, con sede in via dei Coronari. La quale si è rivolta al tribunale di Catanzaro perché, dopo avere fornito nel luglio 2013 le cravatte all’ufficio del governatore Giuseppe Scopelliti, poi azzoppato nel marzo di quest’anno da una condanna a sei anni di carcere, non ha mai visto i soldi. Sui quali, peraltro, ha già pagato l’Iva. L’azienda (a proposito: fu fatta una gara d’appalto per quella fornitura per circa trentamila euro o la commessa venne data a trattativa diretta?) chiede dunque che i giudici ordinino immediatamente il saldo del debito dato che “nonostante i solleciti di pagamento a tutt’oggi la Regione Calabria non ha provveduto alla corresponsione di quanto dovuto”. Scommettiamo? C’è chi obietterà: non saranno trentamila euro a devastare i conti di una Regione che alla fine del 2013 ha approvato un bilancio di 8 miliardi! Giusto. Così come la Calabria non affonderà per i 9mila e 780 euro iva inclusa spesi da Scopelliti per fornire gli uffici della presidenza, come ha raccontato il Corriere della Calabria, di una “minipalestra dotata di ogni comfort, con tapis roulant, panca pesi e altri attrezzi ginnici”. E neppure per i tremila euro spesi dal capogruppo Pdl Luigi Fedele (finito tra i tantissimi indagati per i folli rimborsi regionali) per due cene con ospiti nel ristorante “Le Macine” a Sant’Eufemia d’Aspromonte, ristorante che per pura coincidenza appartiene a suo figlio. E men che meno, si capisce, per l’acquisto di biglietti per spettacoli di Lap Dance, tagliandi gratta e vinci o fustini di detersivo.
campanacci e gorgonzola. Tutto l’insieme, però, rivela in modo abbagliante e offensivo il totale disprezzo di troppi uomini pubblici per i cittadini che pagano le tasse non certo perché una banda di padreterni si tolga tutti ma proprio tutti gli sfizi possibili e immaginabili. Non solo in Calabria, sia chiaro. Basti ricordare i casi più clamorosi di spese demenziali scoperte negli ultimi anni dalla magistratura. C’è chi ha chiesto rimborsi, come il consigliere regionale piemontese Gianfranco Novero, per “campanacci per bovini, bardature per cavalli e finimenti per carrozze”. Chi, come il suo collega Marco Botta, per una mazza da golf. Chi ancora come Roberto Boniperti per una partita di gorgonzola piccante (153 euro) o come il leggendario Roberto Cota per un paio di mutande colore verde Padania: 40 euro. Panorama si è divertito, tempo fa, a comporre una specie di hit-parade delle spese più incredibili di questi consiglieri regionali. Che andavano dall’acquisto per 10 euro in Campania di una Barbie all’esborso in Friuli di 30 euro per una “toelettatura del cane”, dal barattolo di Nutella alla Jeep Wrangler comprata da Franco Fiorito per “emergenza neve” a Roma. Fino all’acquisto per fini istituzionali, nelle Marche, del libro Il segreto delle donne, viaggio nel cuore del piacere che come spiega la scheda on-line tratta il tema dell’orgasmo femminile poiché “il crollo dei tabù morali non ha spalancato le porte del piacere, e il divario tra godimento maschile e godimento femminile è ancora il segno di una differenza che è venuto il momento di colmare”. Nulla, però, può eguagliare la spesa messa in conto alla collettività dall’allora consigliere regionale sardo Silvestro Ladu al quale il magistrato già aveva chiesto lumi su 139.000 euro di spesucce varie come l’installazione sull’auto di famiglia “di 553 euro per lavori di carrozzeria e montaggio sensori parcheggio”. L’inarrivabile Ladu, infatti, è riuscito a mettere in conto agli italiani, come ha scritto La Nuova Sardegna, anche “un vitello grasso e trenta pecore da arrostire, formaggi, vino e dolci per un conto di 10.500 euro”… Perché mai avrebbe dovuto pagare lui, se poteva addebitare tutto a carico dei cittadini?