Roberto Carnero, Avvenire 26/9/2014, 26 settembre 2014
GADDA PITTORE BORGHESE
A lungo la figura di Carlo Emilio Gadda ha occupato uno specifico posto nella letteratura italiana soprattutto in virtù dello stile. Plurilinguismo, pluristilismo, mescolanza di gerghi e registri, pastiche sono le categorie applicate all’autore, che per Gianfranco Contini fu uno degli ultimi anelli della celebre «funzione lombarda». Insomma, la grandezza di Gadda è stata a lungo vista come quella di un raffinatissimo funambolo della parola.
In tempi più recenti, tuttavia, si è posto l’accento anche su altri aspetti e Gadda ha incominciato a profilarsi altresì come un interessantissimo scrittore realista. Si è compreso, cioè, come spesso certa critica, abbagliata dalla forma, avesse un po’ trascurato il contenuto. Letto in quest’ottica, Gadda appare come uno straordinario scrittore realista, notevole pittore della borghesia, lombarda prima e romana poi. In opere come La meccanica, La cognizione del dolore, L’Adalgisa, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, egli da un lato scava nelle proprie personali nevrosi, dall’altro non rinuncia a un’approfondita analisi della realtà sociale.
Si tratta, chiaramente, di un realismo molto particolare. Nel rispondere a un’inchiesta di Carlo Bo sul neorealismo, Gadda scriveva: «Cose, oggetti, eventi, non mi valgono per sé, chiusi nell’involucro di una loro pelle individua, sfericamente contornati nei loro apparenti confini (Spinoza direbbe modi): mi valgono in una aspettazione, in un’attesa di ciò che seguirà, o in un richiamo di quanto li ha preceduti e determinati».
Lo strumento stilistico che Gadda utilizza per perseguire l’obiettivo di scalfire la superficie delle cose, che soltanto così acquistano valore, è un espressionismo radicato nella produzione di autori ottocenteschi tra i più ’classici’: Manzoni, gli Scapigliati, Verga, Carducci.
Questo essere una sorta di ponte tra due epoche storiche e artistiche viene messo a fuoco con competenza filologica e acume critico da Patrizi nella sua monografia. Il critico definisce Gadda «il maggiore prosatore italiano della modernità». E spiega: «Prosatore, non solo narratore, perché nella sua opera occupa un ruolo di rilievo il modo, spesso nevrotico, sempre geniale, di attraversare tutti i generi della scrittura (racconto, romanzo, favola, diario, teatro, poesia, saggio, recensione, pamphlet), in ciascuno portando un’istanza di ricerca, sperimentazione, rinnovamento».
Su un aspetto particolare dell’opera gaddiana è incentrato invece il saggio di Manuela Marchesini, che si propone come insolita ricognizione dell’opera del lombardo. «Tale galleria – spiega la studiosa – è costituita da immagini appartenenti alla grande tradizione italiana, non solo letteraria ma anche pittorica, attraverso cui Gadda si autorappresenta e, proiettandosi, si trascrive». È possibile rintracciare nella formazione e nei gusti di Gadda l’origine di certe raffigurazioni che connotano i suoi personaggi, nei quali egli stesso finisce sovente per nascondersi. Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Caravaggio e altri grandi maestri della pittura italiana costituiscono – secondo la Marchesini – «gli estremi di una galleria interiore che struttura da cima a fondo l’opera di Gadda». L’assunto viene verificato attraverso puntuali analisi critiche; ne esce il ritratto di un autore, oltre che fortemente originale, sostanzialmente ’radicale’ e ’scomodo’, anzitutto a se stesso.