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 2014  settembre 24 Mercoledì calendario

IL LATO OSCURO DELLA FORZA CONTRO RENZI

Nel sonoro ribollire di mugugni contro Matteo Renzi che sentite provenire da una categoria antropologico-giornalistica estesa ma individuabile – qualche esempio: la rubrica fissa antirenziana di Eugenio Scalfari la domenica, il drastico editoriale di Lucia Annunziata, il severo fastidio mostrato da mesi dalla direzione del Corriere della Sera ed esplicitato oggi da un editoriale del direttore – ci sono molte considerazioni fondate. Non sto infatti parlando di tutto quel diverso sottobosco editoriale di professionisti dell’anticasta, direbbe Sciascia, la cui demagogia tiene in piedi bilanci di giornali o altro, e che soddisfano la domanda di antirenzismo un giorno sì e uno no con fragili slogan da stadio o calembour dell’asilo.
Parlo di autori seri e persone intelligenti ed esperte, alla cui sincerità di motivazioni e analisi credo abbastanza, almeno per quanto sinceri riusciamo a essere tutti noi. E che sono capaci, appunto, di individuare diversi limiti in quello che è stato finora il governo Renzi: alcune cose che scrive Annunziata sono vere, come anche alcune perplessità di Scalfari, ed è esatta e condivisa da molti l’analisi di De Bortoli sull’indisponibilità di Renzi a costruire un progetto politico e una “squadra” che possano esistere senza di lui, e quindi funzionare davvero.
Ma ciò che toglie molto senso a queste letture – e ne rivela un altro – è che si accompagnano a salti logici e forzature cospicue (Scalfari che indica come elemento “a carico” di Renzi che sia costretto a fare delle riforme; De Bortoli che non si trattiene da battute sulle camicie o sui toscani); e a riferimenti a un’idea di Italia, di politica – e forse di mondo – che non esistono più; e infine a una palese insofferenza personale. Cose che rivelano un intrattenibile messaggio di queste opinioni (una sorta di sottotitolazione) che è: “il potere che conosco e con cui andavo a pranzo non esiste più: ne è arrivato un altro che non si sa ancora se sia meglio o peggio, ma quello che è chiaro è che non ci vado più a pranzo, parla altre lingue, e ne sto perdendo la comprensione e la familiarità”.
Come dicevo, la trasparenza di queste motivazioni non rende meno fondate alcune delle critiche espresse: contano infatti le cose che si dicono, non chi le dice o perché le dice. E a quelle critiche, da fuori, si può aggiungere il modo in cui Renzi affronta questo conflitto cultural-anagrafico: mi pare che sia di trovarsi altri interlocutori, più disponibili e con meno da perdere, dentro gli stessi sistemi, e fare poco per stimolare davvero nuovi canoni di informazione politica, a parte qualche tweet di formalità. Ma i sentimenti che trapelano, e i mondi che rivelano, invece di rafforzarle, indeboliscono quelle critiche, prevalendo agli occhi dei lettori l’irritazione rispetto agli argomenti (con misure diverse, negli esempi che ho fatto), o almeno la sensazione che si voglia misurare la capienza di uno hard disk con la bilancia: e che a proporlo siano i venditori di bilance.