Luca Bianchin, La Gazzetta dello Sport 26/9/2014, 26 settembre 2014
OUI, VERRATTI’
Marco Verratti in un certo senso è l’uomo immagine del Psg e della Nazionale. Non necessariamente perché sia il giocatore più forte – andrebbe spiegato a Ibra, e la reazione è sempre da considerare… - ma perché dà la sensazione di essere sempre in mezzo al traffico. In campionato, in Champions, al limite anche al Mondiale: per lui non ha mai fatto una grossa differenza.
Passaggi e gialli Ha esordito ragazzino ed è diventato un calciatore di interesse internazionale giocando in B. Ha cominciato da riserva con Ancelotti ed è diventato titolare rapidamente. Da quando è in Ligue 1, è il giocatore che ha tentato più passaggi (4.645, serve coraggio), ne ha completati di più (4.224, ci vuole precisione) e si è fatto ammonire più volte (23 gialli, serve un po’ di resistenza all’autorità). Significa che Marco vive per il gioco e il gioco gli va dietro. Per rispettare il calcio, intanto, ha fatto una promessa: «Per quella storia dei cartellini, voglio cambiare. Alcuni sono falli tattici, ci stanno. Gli altri, quelli per proteste, però non mi piacciono: ho promesso che non prenderò un giallo del genere in tutta la stagione». Succedesse, Blanc avrebbe una ragione in più per risalire dal suo momento difficile: il Psg ha iniziato così così, ma Marco resta probabilmente il calciatore italiano con più chance di vincere la Champions League. Nel calcio moderno, conta (quasi) più di tutto.
«Solo pallone» I numeri sui passaggi invece sono da approfondire. Come Marco, nascono anch’essi in Abruzzo: «Da piccolo non vedevo neanche i cartoni animati. Solo pallone. In casa avevamo le porte piccoline prese con i punti del Kinder Bueno, io e mio fratello giocavamo sempre. Per questo non so fare grandi giochini con il pallone come El Shaarawy: era sempre un uno contro uno, un tre contro tre, mai una gara di palleggi».
Dopo il terremoto Marco ha iniziato a giocare a 5 anni e non ha mai smesso, se non nei quattro mesi del terremoto dell’Aquila nel 2009: «Mi sono svegliato di notte, ero come paralizzato, non riuscivo a camminare. Mi hanno portato fuori casa e non ci sono rientrato per tre mesi. Un po’ abbiamo dormito in macchina, un po’ a casa di parenti e amici. Cercavo di stare il più possibile con gli amici. Quando succedono queste cose, quando muore qualcuno tra i tuoi conoscenti, per un po’ ti occupi di questioni più importanti. Dopo qualche settimana ovviamente tutto è tornato alla normalità e ho ricominciato a pensare al calcio». Allora, visto che sul campo il lavoro di Verratti è decidere dove va la palla, si può fare un esperimento: un’intervista per immagini. Basta mostrare una foto e aspettare la reazione, lasciando che sia lui a decidere dove va il discorso. Cominciando con uno scatto da Italia-Uruguay, 24 giugno, la partita dell’eliminazione mondiale.