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 2014  settembre 26 Venerdì calendario

ARRIVANO LE ELEZIONI PIÙ PAZZE DEL MONDO [2 PEZZI]


Venghino, sìori, alle elezioni più pazze del mondo. Vedrete cittadini che non possono votare oppure che nemmeno sanno che si vota, il meccanismo elettorale più demenziale che c’è, un partito (indovinate quale) pronto a papparsi tutto. E poi: candidati dello stesso partito che si combattono accanitamente, candidati appoggiati da tutti i partiti, anche quelli che a livello nazionale si guardano in cagnesco, perfino un buon numero di candidati unici.
Il più grande spettacolo dopo la fine delle Province sono le elezioni provinciali che si terranno da domenica prossima, 28 settembre, al 12 ottobre, secondo un calendario pure questo schizofrenico e con un meccanismo di voto inedito, che potrebbe fare da modello per il futuro Senato depotenziato. Si tratta di elezioni di secondo grado, nelle quali cioè gli eletti sono eletti dagli eletti. Cioè i cittadini se ne possono stare tranquillamente a casa senza peccare di astensionismo. A votare sono solo sindaci, consiglieri comunali e consiglieri provinciali uscenti, secondo meccanismi da giochi senza frontiere. Manca solo il fil rouge.
Contando probabilmente su questa assenza di partecipazione popolare, le segreterie di partito si sono dedicate a un kamasutra sorprendente perfino in epoche di larghe intese: regolamenti di conti interni, tradimenti, ammucchiate, scambio di coppie. Ogni provincia è come un albergo, dalle porte girevoli entra ed esce chi vuole e il concièrge fa finta di non vedere chi frequenta chi.
Prendiamo il caso di Frosinone, al voto il 12 ottobre: qui ci sono solo due candidati alla presidenza, e sono entrambi Pd: l’uno, Enrico Pittiglio, sindaco di San Donato Val di Comino, è appoggiato da altre liste di sinistra; l’altro, Antonio Pompeo, primo cittadino di Ferentino, è il portabandiera di un’alleanza contronatura con Forza Italia, Ncd, Fratelli d’Italia e Udc. Situazione simile a Massa-Carrara tra Alessandro Volpi, sindaco di Massa, e Narciso Buffoni, sindaco di Montignoso: il primo renziano, il secondo cuperliano e abbiamo detto tutto. E a Benevento renziani e non-renziani del Pd sostengono lo stesso candidato (Claudio Ricci, sindaco di San Giorgio del Sannio) ma con due liste separate.
E Ferrara? Qui si vota il 29 settembre e si sa già nome (Tiziano) e cognome (Tagliani) di chi vincerà. È infatti il candidato unico di un blocco che comprende quasi tutti i partiti, dal Pd a Forza Italia, dalla Lega al M5S. È stato il sindaco grillino di Comacchio, Marco Fabbri, a volere fortemente la partecipazione alla grosse Koalition all’estense, suscitando le ire e forse la scomunica di Beppe Grillo. Quella scomunica sfiorata per l’ennesima volta da Federico Pizzarotti, sindaco grillino di Parma, convintosi solo in extremis a disertare l’ammucchiata. Motivo per cui nella provincia verdiana si sfideranno il sindaco di Salsomaggiore Filippo Fritelli per il Pd e quello di Bore Fausto Ralli per tutti gli altri.
Ma ogni provincia ha il suo piatto tipico: a Livorno il candidato Pd Alessandro Franchi (sindaco di Rosignano) rischia grosso contro Giuliano Parodi, sindaco di Suvereto ex rifondarolo, nella cui lista c’è anche un «mangiacomunisti» e antiabortista come Lorenzo Gasperini. A Brescia il superfavorito è Pier Luigi Mottinelli, sindaco democratico di Cedegolo, sostenuto anche da Forza Italia. «Inciuci» in vista pure a Torino e Genova, dove Forza Italia e Pd vanno a braccetto. Fibrillazione anche a Latina, dove il sindaco di Cisterna Eleonora Dalla Penna è sostenuta dal Pd e dal Ncd, mentre il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano è candidato da Fi, Fdi e Ucd. E a Piacenza, dove il centrodestra si è spaccato tra Fi, Ncd e Ucd che candidano il sindaco di Coli Luigi Bertuzzi e Lega e Fdi che non presentano un candidato presidente e gridano alle «elezioni non democratiche». E alla fine anche qui vincerà il candidato Pd Francesco Rolleri, sindaco di Vigolzone.
Encomio, poi, per le province monocandidato. Tra cui Novara (Matteo Besozzi, sindaco Pd di Castelletto Ticino), Prato (Matteo Biffoni, sindaco Pd del capoluogo), Verbania (Stefano Costa, sindaco Pd di Baceno), Cuneo (Federico Borgna, sindaco Pd del capoluogo). La Bulgaria anni Sessanta, al confronto, era la culla del pluralismo.


QUEGLI ENTI INUTILI SONO UNA SCATOLA VUOTA –

Roma Tanto rumore per nulla. Perché, diciamoci la verità, sono poco più di nulla i 32 milioni di euro che l’erario risparmierà, secondo i calcoli dell’Unione Province, con le nuove province light partorite dalla frettolosa riforma del governo Renzi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il pretoriano renziano Graziano Delrio, aveva garantito di trattenere in cassa una cifra quasi cento volte superiore: 3,5 miliardi. Ma non è così: stabilito che le vecchie competenze provinciali saranno redistribuite tra «nuove» province e altri enti, l’unico risparmio vero è quello per le indennità che, pari appunto a 35 milioni per i 1.774 amministratori provinciali uscenti.
Ma non dovevamo vederci più? Agli italiani infatti era stato fatto passare il messaggio che - udite udite - gli enti locali intermedi tra Regioni e Comuni fossero stati sbianchettati. E invece si è trattato di un errata corrige e dalla finestra rispunta di soppiatto quello che era stato buttato fuori dalla porta. Alle «provincine» restano un pugno di deleghe minori (strade locali, edilizia scolastica, trasporti locali, ambiente) e agli amministratori eletti spetterà poca gloria e nessun soldo. Motivo per cui probabilmente la gestione delle tematiche provinciali finirà alla voce: varie ed eventuali.
Insomma, una riforma inutile e pasticciata, che sta passando quasi inosservata solo perché l’assenza di suffragio universale cancella la campagna elettorale, e riducendo tutto a manovre svolte al chiuso delle segreterie. Viene da chiedersi: ma non valeva abolirle del tutto le province? Certo, all’orizzonte questo passaggio c’è, ma intanto ecco queste strane elezioni di passaggio, distratte eppure assai complesse.
Già. Complesse. Gli uffici elettorali hanno già i capelli dritti pensando a quello che li aspetta. Prima di tutto, ci sono due tipologie di province: le nuove città metropolitane (Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Bari, Firenze, Bologna, Venezia e Reggio Calabria), nelle quali il presidente sarà di diritto il sindaco del capoluogo e si tratta di eleggere soltanto i consiglieri in numero variabile da 14 a 24 a seconda della popolazione. E le province vere e proprie, per le quali saranno eletti un presidente (si possono candidare i sindaci dei comuni del territorio) e i consiglieri in numero variabile da 10 a 16, che vengono scelti in liste composte da sindaci, consiglieri provinciali uscenti e consiglieri comunali del territorio provinciale che hanno a disposizione una preferenza.
Ma siccome secondo il legislatore non è giusto che il voto del sindaco di Roma abbia lo stesso peso del consigliere comunale di Affile, ecco l’invenzione perversa: il voto ponderato. Tutti gli elettori saranno «pesati» in funzione della grandezza del comune che rappresentano: nove range di popolazione che danno vita a un coefficiente per ogni voto secondo un meccanismo assai complicato che non staremo a spiegarvi. Basti sapere che in molte province basterà che sindaco e consiglieri del capoluogo si accordino per «uccidere» la competizione elettorale. Una cosa che vale molto di più dei 35 milioni «salvati».