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 2014  settembre 26 Venerdì calendario

GLI SMS A LANDINI, I SILENZI CON CAMUSSO


ROMA Non era ancora presidente del Consiglio, anzi, non aveva nemmeno conquistato la segreteria del Partito democratico quando Matteo Renzi chiarì a modo suo, ossia senza troppi giri di parole, che per lui la concertazione poteva andare tranquillamente in soffitta.
Allora di mestiere faceva il sindaco di Firenze, ma aveva già avuto i suoi alterchi con le organizzazioni sindacali, che lo avevano ripagato a suon di scioperi. Il primo cittadino del capoluogo toscano non faceva mistero di «non credere alla rappresentatività dei sindacati» e di «ritenerli quanto più lontano possibile dalla mia generazione».
Arrivato al Nazareno non ha cambiato linea. Anzi. È stato il primo segretario del Pd a non incontrare i leader di Cgil, Cisl e Uil. Nessun trattamento di favore per Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Stesso identico comportamento a palazzo Chigi. E il linguaggio non si è di certo ammorbidito perché adesso riveste un ruolo istituzionale. È rimasto quello ruvido di sempre.
Però c’è da dire che il Renzi che non ama i sindacati «che negli ultimi anni si sono limitati solo a difendere chi è già garantito» qualche eccezione l’ha fatta. E la fa. Si prenda, per esempio, il caso di Maurizio Landini, con cui pure i rapporti in questo momento sono tutt’altro che buoni, causa articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Renzi lo ha incontrato a Firenze una prima volta. Era il periodo in cui il segretario del Pd aveva ingaggiato il suo braccio di ferro con Enrico Letta, mentre il capo dei metalmeccanici della Fiom era in pessimi rapporti con Camusso. Particolare, quest’ultimo, che, naturalmente, non dispiaceva affatto a Renzi che con la leader della più grande organizzazione sindacale non si è mai preso.
Con Landini, poi, in vista del Jobs act, il presidente del Consiglio ha continuato a scambiarsi sms. E i due si sono rivisti lo scorso agosto, questa volta a palazzo Chigi, per parlare della crisi della siderurgia italiana. Al premier il leader della Fiom piace, anche se culturalmente e politicamente sono distanti anni luce: «Ha un approccio pragmatico e non ideologico, al contrario della Camusso», ha confidato ai suoi collaboratori dopo averlo conosciuto meglio.
Un approccio, questo, che il presidente del Consiglio ha riscontrato anche in un’altra rappresentante del mondo sindacale, con cui, apparentemente, dovrebbe avere poco o niente a che spartire. Eppure è con lei che parla. Ed è sempre con lei che si scambia sms, non con Camusso. Si tratta della leader della Spi Cgil (i pensionati), la più potente organizzazione di quel sindacato: Carla Cantone.
Donna passionale e intelligente, in ottimi rapporti con Landini, conduce la sua battaglia senza sconti alla linea adottata dal premier sull’articolo 18, ma ad alcuni compagni della minoranza del Partito democratico ha confidato di non essere totalmente d’accordo con la linea adottata inizialmente da Camusso nei confronti del premier, perché rischiava di isolare la Cgil.
Cantone alle primarie aveva appoggiato Gianni Cuperlo e non Renzi, ma agli amici confida che, pur non perdonandogliene una quando si tratta di politica sindacale, a lei il presidente del Consiglio comunque sta «simpatico». Del resto, Cantone, che si occupa dei pensionati, è la stessa che poi insiste sulla necessità di «cambiare verso al sindacato» e di «cercare di aprirsi ai giovani».
Con Bonanni, invece, i rapporti sono pessimi. In genere gli esponenti del Pd che provenivano dalla Margherita avevano sempre avuto un canale preferenziale con i segretari della Cisl. Bonanni, probabilmente, si aspettava sarebbe andata così anche questa volta. Ma così non è stato. E più di una volta si è lamentato della noncuranza con cui Renzi trattava i sindacati. Per questa ragione, ora che ha deciso di abbandonare la sua organizzazione si guarda in giro in politica e ha in programma alcuni incontri: tra i primi esponenti del Pd che vorrebbe vedere c’è Enrico Letta.