Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 26 Venerdì calendario

IL PESO DI UNA COINCIDENZA

È certo una coincidenza, ma fa pensare. Nel giorno in cui Napolitano richiama la magistratura, attraverso il nuovo Csm, all’esigenza di non frenare la riforma che la riguarda, nelle stesse ore si viene a sapere che il capo dello Stato dovrà testimoniare nel processo di Palermo.
Si crea così una singolare sovrapposizione. Da un lato il presidente della Repubblica che parla nella sua veste istituzionale più autorevole, essendo egli - come è noto - anche presidente dell’organo di autogoverno della magistratura. Dall’altro, lo stesso Napolitano che viene chiamato a rispondere alle domande dei pubblici ministeri in un processo che riguarda un’ipotetica trattativa fra lo Stato e la mafia. Senza dubbio la decisione dei magistrati palermitani è del tutto lineare, visto che essi ritengono necessario ascoltare il capo dello Stato (al Quirinale e a porte chiuse) al solo fine di accertare i fatti.
Tuttavia questa scelta viene inevitabilmente interpretata da molte parti, anche alla luce di vecchie e aspre polemiche, come un ulteriore tentativo di minare il prestigio del presidente della Repubblica, suggerendo il sospetto che al vertice dello Stato ci sono segreti e misteri da tutelare. Non sarà così, ma il contrasto fra i due momenti della giornata di Napolitano è stridente. Non a caso oggi c’è chi considera l’annunciata testimonianza del presidente una vittoria o una rivincita del "partito delle procure", in passato sconfitto. Ma anche questo è un modo di strumentalizzare la vicenda.
È probabile che il quadro alla fine sarà meno drammatico. Il capo dello Stato ha già detto di non avere niente da dire ai magistrati, ma di essere pronto. Gli inquirenti hanno replicato che «contano le domande, non quello che il testimone crede di sapere». Tutto sommato l’impressione superficiale è di un evento, sì, senza precedenti (un presidente della Repubblica che testimonia in un procedimento penale), ma il cui esito sarà molto circoscritto e deludente per chi è affamato di colpi di scena clamorosi. Avrà evidenti risvolti mediatici e per qualche giorno ridarà smalto alle tesi dell’accusa. Ma nel merito pochi pensano che offrirà novità significative.
Resta la sensazione che si voglia comprimere o inquinare in qualche modo l’autorevolezza del capo dello Stato nel momento in cui il secondo settennato si avvia alla sua conclusione prematura, peraltro sempre adombrata dal diretto interessato. Per cui si torna alla curiosa coincidenza richiamata all’inizio.
Napolitano tiene molto alla riforma di una magistratura che non può più essere, sono parole sue, una «casta chiusa». I provvedimenti preparati dal governo sono stati presi piuttosto male dalle associazioni che rappresentano la categoria e difficilmente il discorso del presidente ieri al Csm ha migliorato le cose. Per quanto l’aspetto possa suscitare facili ironie, è vero che uno dei punti più contestati riguarda la riduzione dei giorni di ferie.
Si vedrà. Fin d’ora si capisce che la testimonianza del capo dello Stato non vale per quel poco che realmente egli potrà dire, bensì per i riflessi della notizia rilanciata dai giornali. In ogni caso anche lo scontro con Palermo appartiene al passato ed è difficile credere che ci sia qualcuno in grado di riaccendere la tensione con il Quirinale a quei livelli. Il problema è che le riforme in Italia hanno bisogno di un capo dello Stato forte e in grado di affiancare lo spirito innovativo del governo. E fra tutte le riforme promesse o annunciate, quella della giustizia è fra le più urgenti, ma anche fra le più suscettibili di infrangersi contro un muro.
Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 26/9/2014