Dario Del Porto, la Repubblica 26/9/2014, 26 settembre 2014
MA LUI RESISTE: “SE MI TOLGONO L’UFFICIO FARÒ IL SINDACO PER STRADA, TRA LA GENTE”
NAPOLI.
«Se mi sospenderanno farò il sindaco in mezzo alla gente. Se decideranno che non devo più stare a Palazzo San Giacomo, vorrà dire che scenderò in strada e starò con i cittadini. Ma non credo che andrà così, perché penso che questa sia una sentenza politica», dice Luigi de Magistris ai suoi collaboratori al crepuscolo di una giornata complicata, la prima dopo la condanna per abuso d’ufficio nel caso Why Not. Nella sua stanza, al secondo piano del Municipio, il sindaco di Napoli rilegge per l’ennesima volta il testo della legge Severino, la norma che potrebbe interrompere il cammino della giunta arancione dopo tre anni e mezzo di governo. Non ha alcuna intenzione di mollare, de Magistris, ma con il suo staff non nasconde che il rischio della sospensione dalla carica di sindaco è molto concreto. «Il tema esiste, non è campato in aria. Naturalmente, bisogna studiare bene la procedura. Ma l’ipotesi c’è, inutile nasconderlo. Ora cerchiamo di capire bene la vicenda», spiega a chi va a trovarlo in ufficio o gli parla al telefono.
Il ritmo di lavoro è frenetico come al solito. A Palazzo San Giacomo, il sindaco vede continuamente il capo di gabinetto Attilio Auricchio, a metà mattina saluta brevemente una delegazione di cittadini, in serata incontra gli staffisti e gli assessori. «Non mi dimetto, faremo fronte anche a questo passaggio difficile», ribadisce, mentre i suoi legali e gli avvocati del Comune approfondiscono gli aspetti giuridici della vicenda. «Gli elementi da valutare sono diversi - ragiona l’ex pm assieme ai fedelissimi - Il dispositivo della sentenza, ad esempio, sospende non solo l’applicazione della pena principale, ma anche della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Questo elemento può incidere sulla legge Severino? Il reato, poi. Mi condannano per un abuso d’ufficio che io non ho commesso, per il quale mi sento assolutamente innocente e sono sicuro di poterlo dimostrare già in appello. Ma al di là di questo, la condotta che mi viene contestata non riguarda il mio mandato di sindaco, bensì un’attività svolta quando ero in magistratura. Vicende sulle quali sono stato anche già sottoposto a un procedimento disciplinare da parte del Csm. Su tutti questi punti, l’interpretazione della legge Severino è quanto meno dubbia». L’altro nodo sono i tempi. Oggi il consiglio comunale di Napoli vota il bilancio, alle porte ci sono le elezioni per la Città metropolitana. «La norma dice che la prefettura può muoversi se riceve la segnalazione dal Tribunale. Nel dispositivo però non è scritto nulla. Mai come in questo caso, dobbiamo aspettare le motivazioni della sentenza per capire qualcosa in più».
Ma la scelta di “resistere” alle disposizioni di una legge dello Stato, gli chiede qualcuno, non rischia di essere interpretata come una contraddizione, da parte di chi ha fatto della legalità una bandiera?» Il sindaco non si scompone. E replica: «Per molti versi la legge Severino è condivisibile, per altri invece a mio avviso è discutibile, ad esempio dove non contempla, fra i reati, anche i falsi. Ma io non intendo piegarmi dinanzi a una sentenza che trovo profondamente ingiusta. Sento dire che dovrei dimettermi. Ma non ci penso proprio, semmai dovrebbero farlo gli altri. Per quanto mi riguarda, sono sereno e aspetto. Vedremo quale sarà l’interpretazione della legge Severino e farò le mie valutazioni. Se mi sospenderanno, farò il sindaco sospeso. In strada, con i miei concittadini». L’amarezza delle prime ore ha lasciato il posto alla voglia di reagire. Ma con la condanna nel caso Why Not, è come se il vento delle inchieste condotte a Catanzaro, che aveva allontanato de Magistris dalla magistratura accompagnandolo nell’agone politico e infine sulla poltrona di sindaco di Napoli, avesse iniziato a soffiare in senso contrario. «Proprio perché ho fatto il magistrato con impegno, sacrificio, dedizione assoluta, senza rifugiarmi nel quieto vivere ma scavando in casi complessi e rischiosi, mi sento scandalizzato. Non riesco ad accettare che sotto processo sia finito un magistrato e non la politica che ha commesso reati. Per me questo è un controsenso. Ma ci sarà un tempo per tutto. Leggeremo la sentenza, vedremo come è stata scritta. Sono sicuro che ogni aspetto sarà chiarito. Adesso però è il momento di lavorare. La città non può aspettare».
Dario Del Porto, la Repubblica 26/9/2014