Marco Ansaldo, la Repubblica 26/9/2014, 26 settembre 2014
PEDOFILIA, IL PAPA PUNISCE UN ALTRO VESCOVO “COPRÌ LE VIOLENZE DI UN PRETE, SIA RIMOSSO”
CITTA’ DEL VATICANO.
Il pugno duro di Francesco non risparmia la sua Chiesa, da rinnovare anzi a tappe forzate. Espellendo per esempio le mele marce, prima che si apra all’inizio di ottobre il Sinodo sulla famiglia, prossimo campo di battaglia tra cardinali riformisti e porporati conservatori. Solo 3 giorni fa l’arresto, prima volta in Vaticano, del vescovo polacco Jozef Wesolowksi, accusato di pedofilia. Ieri invece la rimozione d’ufficio di un vescovo del Paraguay, sanzionato per più misfatti, dall’aver costituito una comunità propria alla copertura omertosa di un sacerdote sospettato di abusi sessuali: Rogelio Ricardo Livieres Plano, prelato dell’Opus Dei, era ieri a Roma dov’è stato convocato in Curia e informato del provvedimento a suo carico. Atto necessario per «la mancanza di disponibilità a presentare la rinuncia, come gli era stato chiesto» al termine della visita apostolica disposta a luglio dal Vaticano per controllare la situazione nella diocesi di Ciudad del Este.
Ma il caso di Livieres, come spiega un attento osservatore di cose vaticane, «va oltre l’accusa riguardante questioni di tipo sessuale, dal momento che ha litigato con quasi tutti i confratelli vescovi del Paese». Al monsignore del Paraguay vengono infatti attribuiti la strana conduzione del seminario, rapporti personali conflittuali anche con i fedeli, l’aver dilapidato il patrimonio immobiliare della diocesi, e infine la nomina come suo vicario generale di un sacerdote argentino, Carlos Urrutigoity, allontanato dalla diocesi di Scranton, in Pennsylvania, con l’accusa dell’abuso di alcuni giovani.
La condotta personale del numero due di Livieres era nota in Vaticano dove aveva suscitato non poche perplessità: dalla partecipazione a festini all’inclinazione tradizionalista verso i seguaci di monsignor Lefebvre. Il suo superiore però lo ha sempre protetto, contrattaccando persino maldestramente chi lo criticava. Come il pastore di Asuncion, monsignor Eustaquio Pastor Cuquejo, che in un talkshow tv chiedeva la riapertura di un’indagine sul discusso sacerdote, e si è sentito rispondere da Livieres: «Parli proprio tu che sei omosessuale».
L’argentino Bergoglio faceva così scattare la visita apostolica in Paraguay. E infine, l’annuncio della rimozione. La nota esplicativa della Santa Sede parla di decisione «gravosa» e «ispirata al bene maggiore dell’unità della Chiesa di Ciudad del Este e alla comunione episcopale in Paraguay». Una forma insolita, quella della nota di spiegazione, dovuta probabilmente al rifiuto del vescovo paraguaiano di dimettersi, con il Papa a quel punto costretto a disporre d’ufficio l’avvicendamento con un «amministratore apostolico». Provvedimenti sono in attesa anche nei confronti del sacerdote Urrutigoity.
Dunque il monitoraggio di Francesco sui casi di alti prelati motivo di imbarazzo e scandalo nella Chiesa è totale. L’attenzione della Congregazione per la Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio), e di altri dicasteri pontifici (il caso del monsignore paraguaiano è stato gestito da quelli dei Vescovi e del Clero) è a 360 gradi. Un vescovo cileno e uno peruviano sono da tempo nel mirino. Ma dice una fonte vaticana ben informata: «L’impressione, per quanto riguarda i casi di sacerdoti accusati di abusi sessuali, è che si tratti di un’azione sugli elementi residui già individuati dal predecessore di Francesco, Benedetto XVI, autore nei suoi 8 anni di pontificato di circa 70-80 rimozioni di vescovi per cause varie». E non si esclude nemmeno che casi di prelati italiani coinvolti nel drammatico fenomeno possano emergere ed essere ugualmente sanzionati dal Papa. «Anzi è bene che — viene spiegato — qualora esistessero, venissero fuori, perché la Chiesa sia all’avanguardia rispetto a ciò che può succedere in altri contesti, nelle famiglie ad esempio».
Sul clamoroso caso del vescovo polacco Wesolowski, ora sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti vaticani non ci sono solo gli abusi di quando era nunzio a Santo Domingo dal 2008 al 2013. Al setaccio vengono passati i periodi in cui il presule 66enne prestava la propria opera nelle missioni pontificie in Africa meridionale, Costa Rica, Giappone, Svizzera, India e Danimarca. Quindi in Bolivia dal 1999 al 2002, e nei Paesi ex sovietici dell’Asia centrale (Kazakhstan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan) dal 2002 al 2008. In ognuno di questi Paesi potrebbero esserci vittime nascoste, e nuove prove.
Marco Ansaldo, la Repubblica 26/9/2014