Stefano Benzi, Il Secolo XIX 25/9/2014, 25 settembre 2014
BUIO A SAN SIRO, AZZOPPATO DALLA CRISI
MILANO. «Ecco, di cavallo c’è rimasto giusto quello...». È una battuta, e sarebbe anche simpatica se il cavallo in questione non fosse l’opera di Leonardo da Vinci davanti all’ippodromo del galoppo. E se la battuta non arrivasse da uno dei dipendenti chiamati a sorvegliare, dall’altra parte della strada, l’ippodromo del trotto. Un altro straordinario monumento: completamente abbandonato. Un tempio dello sport italiano. Qui Varenne ha vinto molto e ha corso per l’ultima volta nella sua carriera leggendaria. Qui le tribune si riempivano un giorno sì e un giorno no: ed è sempre qui che per la corsa Tris settimanale bisognava fare la coda per entrare. Storia di non molti anni fa. Una storia tipicamente italiana: un’eccellenza che sprechi, pessima gestione e momento di crisi pure peggiore ha finito per cancellare. Una crisi dalla quale il trotto italiano difficilmente si riprenderà.
L’ippodromo del trotto fino a pochi anni fa era un via vai di proprietari, stallieri, maniscalchi, fabbri: luogo di culto ma anche di eccellenza. I cavalli mantenuti qui, valevano tantissimi soldi ed erano trattati come fuoriclasse perché il loro valore era nulla rispetto a quanto rendevano in vincite o riproduzione. La crisi dell’Unire, una delle tante aziende di Stato che gestiva il settore dell’ippica, ha letteralmente azzerato il valore di tutto settore è in pochi anni dal troppo si è passati al nulla.
I box sono deserti: non c’è anima viva, a due o quattro zampe, tra i recinti. E chi aveva i cavalli qui li ha portati altrove, dove sia disponibile una qualsiasi pistina dove poter allenare il proprio cavallo. Ammesso che il proprietario di cavalli ne abbia ancora, e ammesso che ci siano corse che gli consentono di esibirsi. Perché oggi il settore è in drammatica perdita.
Quando qualche anno fa la stessa crisi colpì l’Irlanda fu un’ecatombe: di posti di lavoro, certo. Ma anche di cavalli. Un’intera generazione di potenziali fuoriclasse è stata mandata al macello: letteralmente. Centinaia di cavalli abbattuti. Sta accadendo anche in Italia. Un cavallo da competizione ha vita relativamente breve: poi o ha la fortuna di avere un padrone che decide di mantenerlo anche da “pensionato agonistico” o nella migliore delle ipotesi finisce in qualche maneggio per essere montato e mantenuto. Il costo del mantenimento di un normale cavallo da maneggio si aggira intorno ai 600 euro al mese. Spese veterinarie escluse. Un appassionato, uno vero, sostiene le spese a costo di saltare i pasti. Ma l’imprenditore di un settore al collasso che difficilmente vede circolare denaro in un ambito dove in pochi anni si è passati dai tre miliardi di giro d’affari al miliardo scarso, non ci pensa nemmeno.
A Milano sono decine i maneggi, gli agriturismo, persino i privati che vivono in zona suburbana che hanno adottato cavalli da trotto destinati al macello: alcuni sono mantenuti da quattro-cinque amici che magari non ci saliranno nemmeno. Ma se non altro, hanno la soddisfazione di vedere loro figlio che gioca con un cavallo vero e non con la playstation. In questo senso Milano si è letteralmente mobilitata e sono decine i cavalli che erano destinati al mattatoio e che oggi possono godersi una passeggiata. Chi invece lavora nel settore è strozzato almeno quanto i pochi imprenditori che continuano a mantenere cavalli da trotto nei propri box: molti sono andati a lavorare all’estero, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e Germania dove una legge speciale dello Stato ha rilanciato considerevolmente un settore la cui federazione ha lanciato programmi di fidelizzazione per portare l’ippica, per esempio, nelle scuole. In Italia non si è mai visto niente del genere: era previsto un sostegno governativo di circa 230 milioni di euro per quest’anno ma la cifra è stata tagliata a 185 che comunque resterebbero una goccia in un mare di debiti in un settore che sta perdendo una intera generazione di allevatori, driver, allenatori e artigiani. Ma anche sellai, maniscalchi, fabbri specializzati, autotrasportatori. E una volta gli italiani erano i migliori del mondo, i più ricercati e i più pagati.
Oggi sono come tanti professionisti di altri settori, i migliori: ma senza un lavoro. Da qui, l’amarezza di Giampaolo Minnucci, il meraviglioso driver del leggendario Varenne: «Siamo stati un esempio per tutto il mondo e per tutto il settore dell’ippica e in qualche modo lo siamo anche adesso. Ma in senso negativo. Ci sono state scelte sbagliate, crisi di liquidità, un crollo impensabile quando alcuni anni fa dominavamo le corse di tutto il mondo».
Varenne vinse per due volte consecutive il Prix d’Amerique a Parigi, poi negli Stati Uniti batté il record mondiale di giro su pista al km in 1’.09”.01. Il giorno prima era scappato dai box per andare in pista. Da solo... Gli animali non avranno un’anima, se ne discute, ma Varenne aveva un carattere da protagonista e da vero competitor. All’epoca, per altro, Varenne faceva più notizia della Ferrari: ed era proprietà dello Stato. Perché gran parte della quota del cavallo era proprio di Unire e Snai:. «Tempi straordinari – ricorda Minnucci che chiamava Varenne “Tato” – Abbiamo veramente sperperato un patrimonio di uomini, talenti e mezzi impressionante e il danno che è stato inferto al settore è incalcolabile. Anche perché tutte le persone che lo hanno abbandonato non torneranno, e sarà forse impossibile ricreare professionalità tanto eccellenti in un settore così difficile».
Qualche tempo fa, a pochi metri dalla Basilica di San Francesco nell’allevamento di Sergio Carfagna, è nata una cavallina albina, l’unica in Europa. È stata battezzata Via Lattea perché il regolamento dell’ippica vuole che i cavalli da trotto nati nel 2014 abbiano un nome che cominci come la V. In questi giorni Via Lattea, figlia di campioni, viene fatta sfilare per i pochissimi ippodromi ancora attivi (l’ultima apparizione a Montegiorgio). Forse sarà una campionessa, sicuramente è un miracolo della natura. Chissà... Arriva da Assisi, potrebbe essere anche un buon segno per un settore che al momento è in un pozzo senza fondo.