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 2014  settembre 25 Giovedì calendario

TORNI IN UFFICIO, DE FALCO


I riflettori, prima ancora che sul suo volto squadrato da militare abituato a comandare, si accesero sulla sua voce: perentoria, incalzante, decisa. Accadde tutto in una notte. Quella, tragicamente disastrosa, del naufragio della Concordia davanti al Giglio, tra il 13 il 14 gennaio di due anni fa. Gregorio De Falco, capitano di fregata e numero uno operativo della Capitaneria di Porto di Livorno, quella notte era di turno. E quella notte la sua vita svoltò.
La gloria restò condensata in un passaggio cruciale della telefonata che ingaggiò con il comandante della Concordia, Francesco Schettino. Un dialogo serrato, teso, culminato con un “vada a bordo, cazzo” che rimase per molto tempo cifra di un’Italia capace di agire e reagire di fronte all’apocalisse provocata da un’altra faccia dell’Italia, quella approssimativa e un po’ cialtrona che accampa scuse anche di fronte a tragedie immense.
Quella frase, così perentoria e così italiana, diventò una specie di mantra che rimbalzò, spesso anche a sproposito, in tanti luoghi di lavoro. De Falco diventò quasi un eroe, perché in Italia la voglia di retorica non ha mezze misure.
Arrivò l’encomio solenne della Marina Militare e poi l’incarico di caposervizio operazioni della Direzione marittima di Livorno. Ora, dopo 10 anni di servizio, il trasferimento ad un ufficio amministrativo della Capitaneria. Dalla prima linea alle scartoffie. Un passo indietro che De Falco non ha gradito. «Sono amareggiato», ha detto. Ma che ha dovuto accettare: «Sono un militare». Un deputato del Pd, Federico Gelli, ha già annunciato un’interrogazione al ministro Lupi, perché la politica non perde occasione per cercare un po’ di luce anche quando per gli eroi arrivano i titoli di coda. Ma anche questo è un costume italico arcinoto. Chissà Schettino, in attesa di una sentenza definitiva, che cosa penserà.
Roberto Onofrio
onofrio@ilsecoloxix.it