Gabriele Catania, pagina99 20/9/2014, 20 settembre 2014
NEPPURE DIO SI SENTE TANTO BENE IN QUEST’EUROPA
A Roma nel cuore della cattolicità, sta sorgendo uno dei più grandi templi europei della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. I mormoni, cioè. «Nella capitale stiamo costruendo il nostro primo tempio in Italia – dice a pagina99 Sergio Zicari, che cura i rapporti con i media per la Chiesa –. Rispetto alle case di riunione, luoghi dove appunto ci incontriamo e preghiamo, i templi sono edifici speciali, lì si celebrano le ordinanze eterne come il battesimo dei morti e il matrimonio eterno». Si potrebbe pensare che la scelta di Roma come sede del tempio (che vanta una superficie totale di 60 mila metri quadri, terreno incluso in zona Settebagni), sia motivata dalla rivalità con la fede cattolica. Non è così, assicura Zicari: «Abbiamo deciso di costruire il tempio a Roma solo perché l’Italia è lunga, e per i fedeli del sud e del centro è assai più comodo andare lì che al tempio di Berna, dove possono invece recarsi con relativa facilità i fedeli del nord Italia».
In effetti parlare di competizione tra cattolici e mormoni è assurdo, visti i numeri. Secondo il Censis il 63,8% degli italiani è cattolico, mentre i mormoni sono circa lo 0,04%, neanche 26 mila persone, oltre la metà delle quali al nord. Tuttavia la crescita dei mormoni in Italia è significativa: dal 1980 a oggi sono quasi triplicati, e nel 2007 hanno stipulato un’intesa con lo Stato divenuta legge nel 2012. È una fede sobria e impegnativa, quella della Chiesa di Gesù Cristo, nata negli Usa nel 1830: per esempio, non è permesso consumare alcol, tè o caffè, fumare o avere rapporti sessuali pre-matrimoniali. Paradossalmente, secondo Zicari è proprio questo ad avvicinare le persone ai mormoni: «È l’uomo che si deve adeguare alla volontà di Dio, non viceversa. Una Chiesa che predica una vita troppo comoda e legata al materialismo non conduce alla salvezza. La gente percepisce che noi siamo diversi, e che una religione comoda è una religione degli uomini, e non di Dio. Noi mormoni applichiamo i principi del Vangelo al quotidiano».
In Europa i mormoni sono circa mezzo milione, mentre negli Usa superano i 6 milioni, e hanno persino espresso un candidato alla presidenza, il repubblicano Mitt Romney nel 2012. Certo, oltreoceano il fervore religioso raggiunge livelli impensabili nel nostro continente, sempre più laico, scettico e razionalista. «God bless America», si dice (e il Dio a cui si riferisce è quello della tradizione giudaico-cristiana). Non a caso nel romanzo fantasy American Gods (Mondadori) lo scrittore Neil Gaiman racconta che gli Stati Uniti di oggi non offrono grandi opportunità agli dèi del passato, arrivati con gli immigrati dal Vecchio Mondo: Odino è un imbroglione che seduce cameriere di provincia, gli egizi Thot e Anubi campano facendo i beccamorti in una città dell’Illinois, mentre «Gesù se la passa piuttosto bene da queste parti».
Tutto però dipende dal contesto: in Europa neanche il cristianesimo se la passa molto bene, almeno a giudicare dai numeri. Secondo un’indagine Eurobarometro 2010, solo il 51% degli europei crede nell’esistenza di Dio, contro il 52% del 2005; ancora, coloro che non credono a nessun tipo di spirito, divinità o forza vitale sono passati dal 18% al 20%. Qualcuno parla, con accenti più o meno cupi, di “Europa post-cristiana”, ma in realtà ateismo e agnosticismo non trionfano ovunque. In Polonia e Grecia il 79% delle persone crede nell’esistenza di Dio, in Italia il 74%, in Irlanda e Portogallo il 70%, in Spagna il 59%, a Cipro 1’88%, in Romania il 92% e a Malta addirittura il 94%.
Insomma, se gli Usa hanno la Bible Belt, che vota repubblicano e osteggia Charles Darwin, l’Europa ha una cintura cattolico-ortodossa dove la fede in Dio regge, seppur con qualche cedimento (la Spagna di Pedro Almodóvar e dell’ex premier José Luis Zapatero è senz’altro il “ventre molle” del cattolicesimo europeo). E benché lo scisma tra cattolici e ortodossi del 1054 esista ancora, sotto altri aspetti le due famiglie religiose sono nella stessa barca. E in Italia questo è particolarmente vero. Lo spiega a pagina99 Roberto Cipriani, ordinario di sociologia all’Università Roma Tre: «Contrariamente alla percezione comune e diffusa che pensa all’Islam come religione che si presenta sempre più spesso nel contesto italiano, il dato di fatto incontrovertibile è che la religione ortodossa sta iniziando a diventare sempre più visibile sul nostro territorio, grazie soprattutto all’apertura delle frontiere europee con le nuove adesioni della Romania e della Bulgaria, caratterizzate da una forte socializzazione cristiano-ortodossa».
Tutt’altra storia nell’Europa centrale e settentrionale. Lì è sul serio in partibus infidelium, e la colpa non è certo di una fantomatica “islamizzazione strisciante” pronta a trasformare il nostro continente in Eurabia. A generare una profonda laicizzazione di quelle società è la troika welfare-consumismo-istruzione superiore di massa. Il caso britannico, per esempio, è significativo, con l’ex arcivescovo di Canterbury Lord Williams che dichiara: «Siamo una nazione post-cristiana». E in effetti, secondo un sondaggio di qualche mese fa, appena il 14% dei britannici si definisce “cristiano praticante”, il 38% “cristiano non-praticante”, il 5% membro (praticante o no) di un’altra fede e ben il 41% “non-religioso”.
Secondo la già citata indagine dell’Eurobarometro 2010, appena il 44% dei tedeschi crede che Dio esista (un calo del 3% rispetto al 2005), e la percentuale crolla al 28% di danesi e olandesi, al 27% dei francesi, al 22% dei norvegesi e persino al 18% degli svedesi (anche se i campioni assoluti di ateismo in Europa sono i cechi, con il 16% di credenti).
Non stupisce che i Paesi nordici non credano in Dio. Come racconta il sociologo americano Phil Zuckerman nel suo saggio Patria senza Dio (Malcor D’edizione), quando i livelli di benessere e istruzione sono alti, la società funziona e il sentimento di insicurezza è basso, la gente tende a preoccuparsi poco delle questioni religiose. Come dice a pagina99 Stina, una studentessa universitaria di Malmö, «in Svezia non abbiamo bisogno di Dio per star bene. Chi è povero e vive in Africa o India sì, invece, perché non gli rimane altro. Marx lo diceva: la religione è l’oppio dei popoli. L’unica cosa che le persone adorano qui a Malmö è Zlatan Ibrahimovic (star del calcio svedese, nato proprio a Malmö, ndr)».
La Repubblica ceca è un altro esempio interessante. Questa piccola e colta nazione di 10 milioni di abitanti ha un Pil pro capite (a parità di potere d’acquisto) di 28 mila dollari, un indice di sviluppo umano (corretto per la diseguaglianza) tra i migliori al mondo, e decenni di ateismo comunista alle spalle. Tutto ciò si unisce a una proverbiale tradizione di caustico scetticismo, e alla consapevolezza che la fede talvolta può far male: in fondo la Guerra dei trent’anni, con le sanguinose lotte tra cattolici e protestanti, ebbe inizio proprio a Praga, nel 1618. Nel 2011, dalle colonne del quotidiano Gazeta Wyborcza, il noto giornalista polacco Mariusz Szczygiel ha raccontato la simpatia dei cattolici polacchi per gli ironici vicini cechi, atei fino al midollo: «Quando Petr (un suo amico ceco che vive a Varsavia, ndr) si rivolge a un sacerdote lo chiama “signore”, cosa alla quale i preti polacchi reagiscono non proprio bene, spesso si irritano e precisano che l’appellativo non si adatta a un sacerdote, che “è quasi una persona divina”. “Ma lei è un signore e non una signora, vero ?”, domanda Petr».
Nel suo saggio Big Gods (Princeton University Press) Ara Norenzayan, psicologo sociale dell’Università della British Columbia, spiega come in passato le religioni siano state socialmente molto utili, perché le persone convinte di essere sorvegliate dalla divinità «si comportano bene». Oggi «in alcune parti del mondo, come l’Europa del nord, le istituzioni secolari hanno accelerato il declino della religione usurpandone le funzioni di costruzione della comunità». Una società in salute può contribuire a diffondere l’agnosticismo, ma non cancella il bisogno di soprannaturale, tantomeno di spiritualità. In un’intervista alla rivista britannica New Scientist, Norenzayan ha dichiarato che bisogna «rendersi conto che la religione nasce da un bisogno psicologico».
«C’è una grande sete di spiritualità tra gli italiani» conferma a pagina99 il siciliano Leandro Valvo, che a Trento possiede con la compagna Elisa il negozio Exoterycos, dove vende libri e oggetti per la spiritualità e il benessere. La sete non si limita all’Italia. Nel Regno Unito, per esempio, crescono movimenti religiosi nuovi o alternativi, come Wicca, forma di stregoneria pagana che si riallaccia agli antichi culti della natura, o fenomeni di neodruidismo e riti celtici che coinvolgono decine di migliaia di persone. Secondo il censimento del 2012, in Inghilterra e Galles quasi 180 mila persone dicono di appartenere alla “religione degli jedi” (quella di Guerre Stellari, tanto per intenderci: «Usa la forza, Luke!»), mentre 6.242 inglesi aderiscono alla religione dell’heavy metal. Perché come insegnano i Manowar, «The gods made heavy metal and it’s never gonna die !»