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 2014  settembre 20 Sabato calendario

DA SORDI A LITTLE TONY GLI UOMINI CHE VARCARONO LA CORTINA DI FERRO


Un professore bulgaro, esule da anni a Lisbona, mi chiede periodicamente di portargli dall’Italia i classici di Alberto Sordi: Lo scapolo, Il vedovo, Il marito. La grande guerra... Commedie che ha adorato da giovane a Sofia e considera insuperabile comicità, un antidoto al grigiore dei tempi, la sua vendetta segreta contro la mostruosità della burocrazia e l’ottusità dei censori. Il problema è che in Italia sono introvabili i dvd di Sordi sottotitolati. Una vita difficile è stato il suo più grande successo in Urss, dove comunque sono usciti tutti i suoi film. L’attore, ospite cinque volte a Mosca, si chiedeva come facessero a capire qualcosa i poveri spettatori sovietici visto che il traduttore/adattatore parla in sala sopra la sua voce: «Ma è un popolo che ha subito tante di quelle cose che sopportare un film con traduttore sarà uno scherzo...».
L’amore dei russi per il cinema italiano s’impenna attorno al XX congresso del Pcus e alla destalinizzazione perché i film del Neorealismo, molto amati nell’Urss, diventano nel 1956 un modello per il cinema del disgelo: sono espliciti nell’additare i malanni sociali ma anche carichi di calda umanità. E non finirà certo con la sala Sacis, inaugurata a Mosca nel 1990 da Mery per sempre, dedicata solo alle nostre pellicole, ma che, come la Sacis, oggi non esiste più.
Dopo l’epoca del neorealismo postbellico, apprezzato e studiato dai critici, imitato dai registi, e snobbato dal pubblico, è stata però la musica la nostra vera ambasciatrice culturale a Mosca.
Lo straordinario successo della canzone pop italiana nell’Urss kruscioviana e nei paesi satelliti socialisti degli anni ’60 e ’70, compreso il culto smodato e di massa per Celentano, Al Bano & Romina, Ricchi e Poveri e Pupo, è raccontato nel bel documentario di Marco Raffaini e Giuni Ligabue, Italiani veri (2013) con Valentina Tereshkova, prima donna cosmonauta, che ascolta a bordo della navicella spaziale Robertino, il Sugar Man nostrano: vende 50 milioni di dischi nel real-socialismo e da noi nessuno lo ricorda. I successi di Sanremo, a differenza delle top ten angloamericane non sono censurati. Perfino il rock di Little Tony non è considerato malsano frutto della degenerazione dei costumi tipica del capitalismo decadente. Ovvio che il fanatismo per Adriano Celentano e Al Bano vuol dire anche una buona fetta di cinema commerciale che il pubblico sovietico pretende di applaudire in sala.
Il grande regista satirico georgiano Georgij Danelja conosce molto bene Dino Risi che, scriveva il critico Giovanni Buttafava, si ispirava certo più a quel graffiante e cinico occhio satirico che a Leonid Gajdaj, «autore di sgangherate farse, intollerabili e invisibili fuori dall’Urss». La commedia leggera, i “musicarelli” e i western di Carlo Lizzani e Sergio Leone («basso, antidemocratico e mercantile» sentenziò la critica, ma Michalkov lo saccheggia in Amico tra i nemici, nemico tra gli amici) sono realizzati dagli stessi superbi quadri artistici (direttore della fotografia, scenografi, costumisti, musicisti, spesso sceneggiatori e attori) che fanno alta la qualità dei film d’arte. Pasolini, Visconti e i Taviani entusiasmarono i critici Baskarov, Jurenev, Viktorova e Karaganov. Antonioni e Pollini vengono vivisezionati da Georgij Kapralov nel saggio Il gioco col diavolo e l’alba all’ora debita (1975).
L’amore dei russi per l’Italia e la sua cultura ha antiche origini, dagli architetti di San Pietroburgo del XVIII secolo (Rastrelli, Rossi e Quarenghi) ai pittori e narratori russi in Italia nell’800 fino al produttore comunista Francesco Misiano cui è affidata dal 1930 al 1936 la casa di produzione moscovita Mezrabpom (che produce 160 lungometraggi e 240 documentari) prima dell’epurazione. E nel cinema sfociò in tante coproduzioni, da Giuseppe De Santis (Italiani brava gente) al progetto di De Laurentiis Una matta, matta, matta matta corsa in Russia di Franco Prosperi e Eldar Rjazanov (1974) : una folla di italiani (anche Ninetto Davoli e Alighiero Noschese) alla caccia di un immenso tesoro nascosto a Leningrado da una vecchia russa morente, esule a Roma. Quarant’anni dopo la caccia al tesoro si è capovolta. Mai visti tanti russi in Italia.