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 2014  settembre 25 Giovedì calendario

«BABBO RENZI E MASSONE HAN FREGATO ANCHE ME»


La vicenda della presunta bancarotta della Chil post srl, per la quale è indagato Tiziano Renzi, si intreccia con un altro fallimento, quello della Mail service di Alessandria. Infatti nel maggio del 2004 il babbo del premier aveva acquistato il 60% delle quote di questa società piemontese dai genitori di Mariano Massone (anche lui indagato nell’inchiesta genovese sulla Chil post). Ventotto mesi dopo, nel settembre 2006, Renzi senior vende la sua fetta di Mail service, in cambio di 120 mila euro, all’immobiliare alessandrina A.M.S., ufficialmente di proprietà di Francesco Richichi, destinata a fallire nel 2013. Richichi, 54 anni, ex campione di hockey su prato, ha da tempo lasciato il Piemonte per tornare nella sua Catania a fare l’allenatore. Raggiunto da Libero si è difeso dicendo di non sapere niente di quella compravendita e di essere solo una «testa di legno». L’ennesima nella storia imprenditoriale della premiata ditta Tiziano Renzi&Mariano Massone. Signor Richichi si ricorda di aver acquistato una società di nome Mail service da Tiziano Renzi? «È una cosa abbastanza complessa… Io, purtroppo, ero il prestanome di Mariano Massone». Sta dicendo che si è fatto mettere nei guai? «Assolutamente sì, ma io non sono colpevole. In quel periodo ho avuto dei grossi problemi famigliari e non ho potuto seguire le pratiche come avrei dovuto». Come ha conosciuto Massone? «A Genova, per la distribuzione degli elenchi telefonici. Era la fine degli anni ’90. Io lavoravo con una ditta di Catania e lui aveva un’agenzia di distribuzione di materiale pubblicitario. Nel 2002 mi sono separato da mia moglie e per evitare problemi ho preferito andarmene lontano. Allora Mariano mi ha ospitato per sei mesi a casa sua ad Alessandria. In quell’occasione ho cominciato a lavorare per lui». Il 27 settembre del 2006 lei e Tiziano Renzi avete realizzato una compravendita nello studio del notaio Claudio Barnini di Firenze, il professionista di fiducia della famiglia Renzi. «Io fisicamente non ero presente. Il 10 settembre di quell’anno ho perso mio fratello, quasi mio figlio essendo molto più giovane di me, in un incidente stradale. Le lascio immaginare a che cosa pensassi io quei giorni». Sta affermando una cosa grave. Sta dichiarando che quell’atto è falso? «Io a Firenze non c’ero di sicuro. E credo anche di poterlo dimostrare documentando i miei spostamenti dell’epoca». Nell’atto notarile lei si è impegnato al pagamento di due tranche da 60 mila euro. «Io non ho dato i soldi a nessuno e non ero presente». Non ha pagato babbo Renzi? «Assolutamente no. Quell’affare è qualcosa che hanno preparato Mariano e Tiziano». Ha mai incontrato Tiziano Renzi ? «Sì. Ma non ricordo praticamente nulla. Dialogo quasi assente». Mariano Massone la retribuiva bene per fare la «testa di legno»? «Nemmeno quello. Solo delle promesse. Come quella di uno stipendio da amministratore che non ho mai percepito». Sta dicendo di non aver guadagnato nulla facendo quell’ingrato mestiere? «Io per l’operazione Mail service-A.M.S. non ho percepito niente. Neanche un centesimo. Per fortuna, non avendo intascato denaro, oggi non devo patire le conseguenze di quel mio ruolo». E perché l’ha fatto? «Per amicizia, per sdebitarmi dell’aiuto che Mariano mi aveva dato». È stato sentito da qualche procura? «Per il fallimento della Mail service sono stato chiamato dalla Guardia di finanza di Alessandria. Ho riferito che non posso spiegare cose di cui non sono a conoscenza. Le Fiamme gialle hanno capito e appurato che io sono stato solo un prestanome. Questa è la verità». Agli investigatori ha raccontato che in quel passaggio di quote lei non c’entrava nulla? «Esattamente. Ho dichiarato che qualcuno ha firmato per me. Non so chi, sebbene lo immagini. Gli inquirenti lo potranno verificare facilmente con una perizia calligrafica». Che domande le hanno rivolto? «Soprattutto su Mariano Massone». Le hanno chiesto di Tiziano Renzi e dell’acquisizione della Mail service? «Non mi ricordo, ma non credo. All’epoca la storia della Chil post srl non era ancora esplosa. In ogni caso a molte questioni non ho saputo rispondere perché non sono mai stato presente alle riunioni tra Renzi e Massone. Posso solo dire che quando venivo a conoscenza di qualcosa, era già avvenuta». Dirigeva tutto Massone? «Praticamente sì. La storia era una questione tra loro due, Tiziano e Mariano. Era una loro combine. Del gruppo faceva parte anche la moglie di Mariano, Giovanna Gambino». Che ricordi ha di Tiziano Renzi? «Glielo ripeto: con lui non abbiamo avuto quasi nessun colloquio». Dove vi siete visti? «Ad Alessandria». E a Firenze? «Con lui mai. Sono andato una volta negli uffici della moglie, Laura Bovoli, a ritirare delle buste. Globalmente avrò parlato con il padre del premier 30 secondi nella mia vita. Lui veniva ad Alessandria, ma io ero sempre in giro per l’Italia per la distribuzione degli elenchi telefonici». Eppure nel 2004, quando la Mail service viene acquistata da Renzi, lei diventa un suo dipendente… «Io non ho mai ricevuto la busta paga dalla Mail service perché operavo in nero. Poi sono diventato dipendente della A.M.S.». Non ha mai considerato troppo rischioso il mestiere di «prestanome», soprattutto considerando che lo faceva gratis? «No, visto che la comproprietaria della Mail service era la mamma di Massone, Angela Ponte. Ritenevo che Mariano non sarebbe stato così folle da mettere nei guai i genitori, come invece è accaduto. Per questo gli dissi: io non cerco denaro, però non voglio guai». Le ha spiegato perché le affidava quelle due società? «Mi disse che si fidava di me e di sua madre». E le ha rivelato il motivo per cui non poteva intestarsele personalmente? «Mi spiegò, a spizzichi e bocconi, che aveva avuto problemi con la Coop». Questo è bastato a farle accettare di diventare proprietario di due aziende a scatola chiusa? «Semplicemente perché nella stessa compagine societaria c’era la signora Ponte». Nella A.M.S. era socio di Luigi Corcione, cinquantacinquenne napoletano. «Si tratta di una persona che lavorava con Mariano Massone prima di me. Un’altra “testa di legno”».