Paolo Rodari, la Repubblica 25/9/2014, 25 settembre 2014
“LA PIAGA NELLA CHIESA C’È MA IN VATICANO È FINITO IL TEMPO DELL’IMMUNITÀ”
[Intervista a Hans Zollner] –
CITTÀ DEL VATICANO.
Gesuita tedesco, preside dell’Istituto di psicologia alla Gregoriana e membro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori creata da Francesco (si riunisce in Vaticano il 4 e 5 ottobre), Hans Zollner è una delle persone di fiducia del Papa in tema di pedofilia nel clero.
Padre, il Papa ha dato il proprio assenso al fermo in Vaticano dell’ex nunzio Wesolowski accusato di pedofilia. È la prima volta che un nunzio viene arrestato. Perché?
«Perché mai prima d’ora era stato accusato un nunzio, cioè un arcivescovo in servizio diplomatico per la Santa Sede».
C’è chi sostiene che negli anni in cui Ratzinger e Wojtyla erano al soglio di Pietro la Chiesa copriva gli abusi. Il Vaticano afferma che responsabili erano i vescovi locali. Chi ha ragione?
«È un grande errore ritenere che i casi siano stati coperti a Roma. La realtà è che l’allora cardinale Ratzinger, nel 2000, per contrastare il fenomeno decise di accentrare la gestione delle accuse contro sacerdoti alla Congregazione per la Dottrina della Fede, e nominò promotore di giustizia (il pm della Chiesa) Charles Scicluna, canonista considerato rigoroso, ponendolo a capo delle procedure contro i chierici. Diventato Papa, egli ha continuato con fermezza la linea di una lotta consistente contro quella che chiamò “una piaga aperta nel corpo della Chiesa”. E Francesco ha detto chiaramente che intende seguire con rigore lo stesso orientamento ».
L’Onu ha chiesto che siano consegnati alle autorità civili i prelati coinvolti in abusi.
Perché nella Chiesa la denuncia non è obbligatoria?
«L’Onu non è ben informato. Per la parte civile e penale la Chiesa si attiene alle leggi degli Stati. La denuncia non è obbligatoria nella maggioranza degli Stati, ad esempio in Italia, Germania, Belgio... Si può discutere se non sia opportuno che uno Stato introduca la denuncia obbligatoria, ma la decisione in questo senso rimane dello Stato. Nel diritto penale della Chiesa — che si aggiunge ma non sostituisce la legislazione statale — c’è più chiarezza sul procedere che nelle legislazioni di molti Paesi».
Il Papa, in un colloquio con Eugenio Scalfari, ha detto che circa il due per cento del totale dei pedofili nel mondo sono preti. È possibile avere numeri precisi?
«Non c’è chiarezza sui numeri né rispetto alla popolazione generale né relativamente a gruppi specifici di persone, ad esempio educatori e insegnanti delle scuole, medici, psicoterapeuti o sacerdoti. Il vice procuratore generale di un grande Paese occidentale anglofono mi ha detto che secondo le loro cifre il 95% degli abusi avviene nel contesto familiare e il 5% nel contesto di tutte le altre istituzioni, in scuole, orfanotrofi, asili, palestre o parrocchie. Ma non si arriva mai a una statistica esatta, perché soprattutto nell’ambito della famiglia c’è comprensibilmente tanta omertà».
Il Papa recentemente ha detto che i peccati sono il luogo privilegiato per incontrare Cristo. Cosa significa ciò per chi ha subìto abusi?
«Un esempio impressionante è stato l’incontro del Papa con alcune vittime. Due persone tedesche, dopo aver parlato col Papa, mi hanno detto che per loro è stato di grande aiuto la presenza empatica di Francesco, il suo ascolto e le sue parole che le hanno toccate nel profondo. Una di queste persone mi ha detto addirittura che un forte disturbo fisico che la accompagnava da anni è sparito dopo il colloquio col Papa. Ciò è possibile solo quando una persona — che vive con terribili ferite inflitte nell’anima a causa dell’abuso — fa passi di guarigione. Ma deve anche arrivare il momento in cui qualcuno condivide dolore, solitudine, rabbia, desolazione e rimane con quella persona nel buio. Così è capitato nell’incontro delle vittime col Papa. È stato un momento di grazia in cui la croce di Gesù è entrata nell’abisso della ferita e ha cominciato a diffondere la sua forza di guarigione e redenzione. Questo non è automatico, ma ciò di cui sono testimone è un profondo segno di speranza, anche per persone che soffrono di vari tipi di trauma».
Crede serva una più accurata selezione dei candidati al sacerdozio?
«All’Istituto di Psicologia della Gregoriana formiamo da più di 40 anni psicologi e psicoterapeuti che intervengono poi nel processo di selezione e formazione di seminaristi e religiosi. Questi interventi sono richiesti dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica da tempo e, in alcune parti del mondo e in molti Ordini religiosi, sono divenuti uno standard, ma non bisogna illudersi che con qualche test o domanda nel corso di una intervista si possano individuare con assoluta certezza possibili abusatori. Ci vuole un’attenzione continua lungo il percorso formativo, e ci vuole il coraggio da parte dei superiori di decidere per la dimissione di qualcuno che presenti marcati problemi relazionali o affettivi».
La Commissione di cui fa parte è stata creata sotto Francesco. Cosa attende da voi?
«Faremo proposte ponderate al Papa e suggeriremo l’implementazione delle “migliori procedure” (best practices) da adottare per rendere giustizia alle vittime e per cercare di evitare nuovi abusi».
Paolo Rodari, la Repubblica 25/9/2014