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 2014  settembre 25 Giovedì calendario

IL VESCOVO ARRESTATO PERCHÉ POTEVA FUGGIRE ORA RISCHIA UNA CONDANNA A SETTE ANNI DI CARCERE

CITTÀ DEL VATICANO.
Prega, legge la Bibbia, dorme pochissimo. La prima notte di Jozef Wesolowski da detenuto non è stata delle più tranquille. L’ex monsignore si attendeva l’arresto. E benché cerchi di mostrarsi sereno, l’arcivescovo polacco già ridotto allo stato laicale è moralmente molto abbattuto. La stanza assegnatagli al Collegio dei penitenzieri, all’ultimo piano del Tribunale vaticano, dentro la Città Leonina, è spoglia e disadorna. Come si addice a una cella, seppure priva di sbarre, più che a un convento, quale in effetti è la struttura dove Wesolowski viene tenuto ai domiciliari.
Un arresto improvviso, avvenuto l’altro pomeriggio all’interno della Santa Sede, ma necessario, fa sapere il pm vaticano. Dovuto al pericolo di fuga e a un possibile inquinamento delle prove, mentre l’alto prelato ormai spogliato degli abiti talari soggiornava a Roma alla “Casa del clero” (Domus Internationalis Paulus VI) di via della Scrofa. La stessa dove risiedono diversi sacerdoti polacchi, e dove pure Jorge Mario Bergoglio abitò da cardinale prima del Conclave, andando poi a pagare il conto della ca- mera vestito di bianco, da Papa.
Wesolowski, 66 anni, è stato trovato in possesso di materiale pedopornografico. Attende ora un processo per abusi sessuali contro 7 minori, commesso quando era nunzio (cioè diplomatico vaticano) a Santo Domingo fra il 2008 e il 2013. Pena: fino a 7 anni di carcere. Dibattimento che comincerà alla fine di quest’anno o all’inizio del 2015.
In Vaticano ieri era una giornata diversa rispetto al solito. Il Papa ha svolto l’udienza in Piazza San Pietro con il consueto bagno di folla. Ma il pensiero di tanti era rivolto al palazzo del Tribunale che si erge proprio di fronte a Casa Santa Marta, la residenza del Pontefice. L’ex nunzio è sottoposto a un doppio procedimento, canonico e penale. Ha ottenuto i domiciliari per il suo stato di salute, documentato con attestati medici, ed è per ora difeso da un avvocato d’ufficio.
Il suo caso, benché clamoroso, non è però il solo. «In questo momento — aveva rivelato lo stesso Papa Francesco lo scorso maggio — ci sono tre vescovi sotto indagine». E sono in molti a chiedersi a chi toccherà cadere sotto la scure di Bergoglio, Pontefice tutt’altro che incline a mostrarsi accomodante su una questione così decisiva per l’immagine della Chiesa. Il caso Wesolowski ha anzi scoperchiato il vaso degli abusi in Polonia.
Solo lo scorso 12 settembre è stato chiamato a testimoniare in un processo per pedofilia riguardante la diocesi di Stettino addirittura un cardinale, il porporato polacco Kazimierz Nycz. Assieme a lui anche l’arcivescovo Marian Golebiewski. Il dibattimento era incentrato sui ripetuti abusi perpetrati su un minore, l’allora 13enne Marcin Kubicki, dal parroco Zbigniew Ryckiewicz quando Nycz era vescovo della diocesi. Il cardinale, nel mirino per non aver denunciato gli abusi, ha detto davanti ai giudici di non esserne mai stato a conoscenza e ha invitato i giornalisti a non fare un processo mediatico parallelo prima che la giustizia abbia tratto le proprie conclusioni. Il verdetto è atteso nei prossimi mesi.
Ma i due casi hanno aperto un varco, e le vittime che prima avevano paura ora cominciano a parlare. Nel novembre del 2013 in Polonia è nata la prima associazione degli abusati da parte del clero “Nie lekajcie sie” (Non abbiate paura), che finora ha ricevuto più di 100 segnalazioni. «Tutti hanno ancora timore di uscire allo scoperto — dice il fondatore Marek Lisinski — ma ogni nostro assistito ci ha raccontato che conosce altre vittime dello stesso prete». Il corrispondente olandese da Varsavia, Ekke Overbek, che per primo si occupò degli abusi in Polonia, ha scritto un libro dal titolo “Abbiate paura”. E oggi conferma la vergogna della Chiesa polacca: «Supponendo che ogni prete pedofilo abbia molestato nel corso della sua vita 10 bambini, arriviamo a circa 300 vittime. E siccome dopo la Seconda guerra mondiale in Polonia si sono succedute quasi tre generazioni di sacerdoti, ciò farebbe già circa un migliaio di vittime. In realtà si potrebbe presumere che le vittime polacche siano molte di più».
Lo scorso giugno la Chiesa polacca ha anche celebrato una liturgia penitenziale per gli abusi sessuali nella basilica di Cracovia. Vi hanno partecipato il nunzio apostolico in Polonia, monsignor Celestino Migliore, il primate di Polonia Wojciech Polak, l’arcivescovo di Cracovia cardinale Stanislaw Dziwisz, nonché il gesuita Adam Zak, direttore del Centro per la protezione dei bambini della Conferenza episcopale polacca. A lui è stato affidato nel 2013 l’ingrato compito di occuparsi degli scandali. Lo stesso padre Zak ha rivelato che, nel Paese di Wojtyla, negli ultimi tre anni ben 19 sacerdoti sono stati condannati per pedofilia.
Marco Ansaldo Agnieszka Zakrzewicz, la Repubblica 25/9/2014