Enrico Franceschini, la Repubblica 25/9/2014, 25 settembre 2014
“È ALLARME, COME DOPO L’11 SETTEMBRE”
LONDRA.
Uno spettro si aggira per il mondo. Non se n’è mai andato dal 2001 in poi, ma ora torna a spaventare l’Occidente come nei giorni dell’attacco alle Torri Gemelle. È il capo della polizia di New York, Bill Bratton, a dirlo esplicitamente: «Stiamo attraversando il periodo più pericoloso dall’11 settembre di tredici anni or sono». Parole analoghe usa a Roma il ministro degli Interni Angelino Alfano: «È indispensabile elevare il livello di guardia perché l’offensiva degli Stati Uniti e di altri alleati contro l’Is potrebbe innescare forme di reazione». E in una circolare inviata dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza a prefetti e questori si sottolinea che «non potendosi escludere un innalzamento della tensione internazionale, vanno ulteriormente rafforzate le misure di sicurezza sugli obiettivi sensibili».
A Londra il primo ministro britannico David Cameron ha riconvocato per domani il Parlamento affinché metta ai voti l’intervento dei cacciabombardieri del Regno Unito al fianco delle forze americane e francesi già in azione in Siria e in Iraq. “Britain at war”, titolano i giornali della sera a Londra: e sembra un film già visto, con Washington che guida l’attacco, aerei francesi e britannici a dargli man forte, gli arabi fedeli agli Usa che fanno altrettanto, ancora altri alleati che contribuiscono offrendo basi, collegamenti, armi. E come in ognuna delle guerre dell’ultimo decennio, la sfida fa aumentare la minaccia terroristica. Le capitali occidentali tremano ancora di più, questa volta, per la consapevolezza che i jihadisti potrebbero essere fra noi, considerato quanti estremisti islamici col passaporto di un paese europeo si sono arruolati nelle file del Califfato e quanti di loro potrebbero essere tornati in patria per colpire anche lì.
«Stiamo per entrare di nuovo in guerra», annuncia la Bbc.
«Non abbiamo alternative», avverte il Cameron, «le nostre vite sono a rischio comunque se non distruggiamo l’Is». Il premier sa perfettamente che, dopo l’ostaggio francese ucciso ieri e gli altri tre a cui i jihadisti hanno tagliato la testa nei giorni scorsi, due americani e un inglese, ora altri due ostaggi inglesi nelle mani dell’Is potrebbero avere le ore contate, il cooperante Alan Henning e il giornalista John Cantlie. Un messaggio di Henning alla moglie, una disperata richiesta di aiuto, forse l’ultima, è pervenuta martedì. Non è servita a fermare l’iniziativa britannica. Il leader conservatore ha incontrato all’Onu il primo ministro iracheno Haider Al Abadi, che gli ha richiesto espressamente l’intervento militare di Londra sul territorio del proprio paese: richiesta che per Downing street annulla la necessità di un’autorizzazione dell’Onu. Cameron si è consultato con il capo dell’opposizione laburista, Ed Miliband, per scongiurare il ripetersi di un’imbarazzante sconfitta in Parlamento, come l’anno scorso quando il Labour votò insieme a una pattuglia di deputati ribelli dei Tories per bloccare la decisione di bombardare la Siria dopo l’uso dei gas contro gli oppositori del regime di Damasco. Stavolta Miliband gli ha garantito il suo appoggio. Già forse sabato i primi Tornado della Raf si alzeranno dalla loro base di Cipro per colpire obiettivi dell’Is.
A Londra come a Roma come a New York, cresce la paura che alle bombe risponda il terrore. Che la guerra in terre lontane porti sangue anche in casa propria.
Enrico Franceschini, la Repubblica 25/9/2014