Anna Messia, MilanoFinanza 25/9/2014, 25 settembre 2014
POSTE DÀ L’ALLARME SU CONTI E IPO
L’avvertimento non è indirizzato direttamente al governo, ma il messaggio dell’amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio per l’esecutivo guidato da Matteo Renzi è chiaro: se non verranno risolte questioni come la definizione del servizio universale per garantirne la sostenibilità, le Poste Italiane continueranno a registrare risultati in contrazione, complicando l’operazione di privatizzazione che punta a collocare sul mercato fino al 40% delle azioni della società, oggi detenuta interamente dal ministero dell’Economia. Con ricadute negative che potrebbero colpire anche le ricche cedole pagate negli anni scorsi dalle Poste Italiane all’azionista Tesoro. Tutto è messo nero su bianco nella relazione semestrale appena pubblicata dal gruppo, dove si legge che i risultati di Poste Italiane «attesi per il secondo semestre 2014 saranno inferiori a quanto realizzato nell’analogo periodo del 2013, conseguentemente la redditività del 2014 si attesterà su livelli inferiori a quelli conseguiti negli ultimi esercizi». Le ragioni di questa frenata vengono spiegate qualche riga sopra, dove la società afferma che lo scenario economico che ha caratterizzato la prima parte dell’anno (con pil e inflazione in calo) avrà effetti anche sulla gestione del secondo semestre del gruppo Poste Italiane, «che continua peraltro a essere penalizzato dalla progressiva contrazione dei volumi e dei ricavi della corrispondenza tradizionale». Il dialogo con il governo proprio su questo tema del resto è già stato avviato e Caio, che da maggio scorso è stato chiamato alla guida l’azienda, ha ribadito in più occasioni che la definizione di «un quadro di regole certe e prevedibili è una condizione necessaria per finalizzare il piano aziendale di medio periodo e definire le prospettive economico-finanziarie dell’azienda nel percorso di privatizzazione». In ballo c’è il servizio universale, ma anche alcune partite creditorie di Poste nei confronti dello Stato italiano, che ammonterebbero a circa 1 miliardo di euro, oltre al rinnovo contrattuale dell’importante rapporto commerciale con Cassa Depositi e Prestiti per la raccolta del risparmio postale, con una bozza non ancora firmata. Partite che vanno tutte sistemate prima della quotazione. In occasione di audizioni alla Camera poco prima dell’estate Caio era stato anche più esplicito dichiarando che il gruppo non può permettersi di presentarsi al mercato per la quotazione avendo rami di attività strutturalmente in perdita, come avviene per il servizio di recapito, il cui rosso viene sistematicamente colmato dai risultati raggiunti dai servizi finanziari o, più in particolare, dalla compagnia assicurativa Vita. Esattamente quanto avvenuto nel bilancio del primo semestre di quest’anno, che si è chiuso con un utile di 222 milioni contro i 362 milioni dello stesso periodo dello scorso anno e con un roe del 6,9% contro il 12,2% di un anno prima o addirittura il 25% di giugno 2012. Nei primi sei mesi del 2014, mentre i servizi finanziari hanno chiuso con un risultato operativo in crescita da 284 milioni (di giugno 2013) a 315 milioni, così come per i servizi assicurativi (da 204 a 220 milioni), quelli postali e commerciali hanno perso 36 milioni, in netto peggioramento rispetto ai +154 milioni di giugno 2013. C’è stato poi un altro elemento che ha pesato sul bilancio semestrale: Caio ha deciso di svalutare completamente l’intera quota di 75 milioni di euro investita a novembre scorso in Alitalia-Cai. A capo del governo all’epoca c’era Enrico Letta e alla guida di Poste c’era Massimo Sarmi. Sta di fatto che dopo aver contribuito a rimettere in pista la compagnia aerea di bandiera le Poste Italiane chiedono ora al governo Renzi almeno di sistemare almeno il quadro regolatorio dei servizi postali.
Anna Messia, MilanoFinanza 25/9/2014