Paolo Siepi, ItaliaOggi 25/9/2014, 25 settembre 2014
PERISCOPIO
Bonanni - A volte se ne vanno anche i peggiori. Jena. La Stampa.
Passera: «Sono il nuovo Berlusconi». Il cognome è il primo punto del programma. Spinoza. Il Fatto.
Salvini, che tanto tuona contro la casta e parentopoli, ha fatto assumere la sua compagna alla Regione Lombardia e quando era deputato a Bruxelles i suoi assistenti erano Franco e Riccardo Bossi, fratello e primogenito del Senatùr. Aldo Grasso. Corsera.
Non faremo come l’ebetino di Firenze e chi come lui ha leccato il posteriore alla Merkel. Non andremo a trattare il Fiscal compact, lo impacchetteremo e lo restituiremo alla Merkel in busta chiusa. Beppe Grillo. Tweet.
Il futuro è delle donne, se arriva. Altan, Donne nude. Longanesi.
Ognuno ha la faccia che ha, ma alle volte si esagera. Totò. il Messaggero.
Eravamo una famiglia di antifascisti, per di più schedati. O meglio, gli antifascisti, all’epoca, cioè durante il fascismo, erano tutti schedati; chi non era schedato non era antifascista. Come disse mio padre al tempo della Liberazione, erano gli antifascisti d’accatto, del «dopo», andati per qualche mese sulle colline delle Langhe, della Val di Susa, del Monferrato, solo quando fu certo che pochi mesi dopo sarebbero arrivati gli americani a liberarci sul serio. Il tutto per darsi una riverniciata rivoluzionaria e poter così pontificare, con sussiego, per i successivi cinquant’anni. Riccardo Ruggeri, Una storia operaia.www.grantorinolibri.it.
Anch’io credo fermamente, come credevano gli antichi, che «i nomi sono le cose». Soprattutto i nomi di persona. Se Napoleone si fosse chiamato, chessò, Giuseppe Tiraboschi, o Isidoro Venitucci, non sarebbe mai diventato quel che è diventato. Voglio dire che non sarebbe mai diventato Napoleone. Pensate a Giuseppe Garibaldi, se si fosse chiamato Giuseppe Esposito, o a Dante Alighieri, se invece di Dante, si fosse chiamato Palmiro, e invece di Alighieri, Merlin. Il nome non solo indica il carattere di un uomo, ma annuncia la sua fortuna. Si può leggere nei nomi assai meglio che nel palmo della mano. Curzio Malaparte, Battibecchi. Florentia. 1993.
La sola cosa che so con certezza, è che lui non è dietro a quella pietra bianca, al cimitero. Quella lapide mi sembra anzi quasi un inganno, che afferma qualcosa di non vero. Mio padre è morto da oltre vent’anni, e spesso ho sognato che vive in una sorta di città invisibile, costruita sopra a Milano. Ci si sale con una teleferica su cui non c’è mai nessuno, e si arriva in questa strana altra metropoli di prati e vigne, e glicini fioriti sui muri. Un giorno invece, per strada, dalle parti del parco, ho visto un vecchio, di spalle, che era identico a lui: la stessa andatura, la stessa giacca che gli pendeva un po’ storta. Allora, sbalordita, ho allungato il passo per raggiungerlo, ma in quel mentre un autobus mi è passato davanti: e quando se ne è andato, il vecchio non c’era più, sparito nel niente. Sei soltanto una sciocca, mi sono detta allora, e ho ripreso a camminare verso casa, a capo chino. Marina Corradi. Avvenire.
Enzo Biagi cominciò a morire il giorno stesso in cui non ebbe più a disposizione il pulpito televisivo per la sua predica serale dopo il tiggì. Da quel momento l’età e le insufficienze idrauliche della pompa cardiaca cominciarono a farsi sentire in modo drammatico. Non si ha idea di quanto la popolarità allunghi la vita. Finché si è sulla cresta dell’onda, baciati dal successo, tutto funziona a meraviglia, non ci si ammala mai. Ma non appena il personaggio di potere è condannato all’anonimato, anche la sua salute perde colpi, le difese immunitarie vanno a farsi benedire. Ho ancora davanti agli occhi l’esempio desolante di Giovanni Spadolini. Nel 1994 doveva essere confermato alla presidenza del Senato. Invece fu sconfitto per un solo voto da Carlo Scognamiglio. Questo accadeva ad aprile. Spadolini ci rimase da cani. Meno di quattro mesi dopo era già morto: di tumore. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
Guido Mazzoni, autore di Teoria del romanzo, uno dei pochi libri che resteranno sull’argomento, di questi ultimi 15 anni, allo studente che merita 30 e parla con cadenze dialettali, dà 29: un conto, egli dice, è il discorso in privato, e un conto è il discorso pubblico, per esempio in sede di esame. Franco Cordelli, Corsera.
«Che brutto che brutto / ho provato di tutto, / ma senza frutto» cantava Laura Betti, ai bei tempi. Altro che «donare il corpo». O «il teatro di strada». Alberto Arbasino. Corsera.
La carrozza si era impantanata per colpa di uno straripamento del fiume Po che aveva allagato la pianura. A bordo c’era un Legato Pontificio con due segretari, naturalmente monsignori. Soccorsi, asciugati, scaldati e rifocillati, si accinsero a ripartire un paio di giorni dopo. Il Legato chiese come sdebitarsi. E il capoccia che non amava il clero, disse, quasi per burla: «Dandoci licenza di mangiare carne il venerdì». Nella casa del contadino, dove la carne la si mangiava, sì e no, due volte all’anno, risero per settimane. Finché un giorno arrivò un messo della Curia con una Bolla Pontificia che concedeva, per tre generazioni, l’esonero del precetto dell’astenersi dalle carni il venerdì. Mia nonna portava in tavola, il venerdì, coniglio o pollastra, facendo andare in bestia mio nonno Pietro che, preso da furore anticlericale, il venerdì andava a pesca e mangiava uova. A chi gli chiedeva perchè non mangiasse carne, proprio il venerdì, lui, libero pensatore, rispondeva. «Perché, per me, questo significa libertà: dalla Chiesa e da mia moglie». Umberto Cavezzali, Gente del Po. Camunia. 1992.
«Qui per Guareschi?», mi chiede, con una voce da rana toro quand’è plenilunio, don Adolfo Rossi, parroco di Roncole Verdi, mentre attraversa la piazza, la lunga sciarpa nera che struscia per terra. Beppe Gualazzini, Guareschi. Editoriale Nuova. 1981.
AQUILA - Essa mangia dei montoni, dei conigli e addirittura delle formiche. Claude-Alain Duhamel et Carole Balaz, Le gros dico des tout petits. Il dizionario scritto dai bambini. J.C. Lattes.
È compito dei figli uccidere i padri, non dei padri di farsi uccidere. Franco Cordelli. Corsera.
Caro Gesù, come mai facesti tutti quei miracoli nei tempi antichi e adesso non ne fai più? I bambini parlano di Gesù. Sonzogno. 2006.
Il Quirinale fa gola a tutti. Come la mortadella. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 25/9/2014