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 2014  settembre 25 Giovedì calendario

«ABUSI NELLE INDAGINI SUI POLITICI» UN ANNO E TRE MESI A DE MAGISTRIS


NAPOLI Luigi de Magistris è stato condannato in primo grado ieri a Roma a un anno e tre mesi di reclusione nel processo che lo vedeva imputato di abuso d’ufficio per l’acquisizione dei tabulati telefonici di alcuni parlamentari che l’attuale sindaco di Napoli dispose quando era pm a Catanzaro e titolare dell’inchiesta cosiddetta «Why not». Alla stessa pena di de Magistris è stato condannato anche Gioacchino Genchi, all’epoca dei fatti consulente informatico della Procura calabrese, che si occupò materialmente di tracciare le telefonate degli esponenti politici. Per entrambi la decima sezione penale del Tribunale ha disposto la sospensione della pena, che prevede anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno.
I fatti oggetto del processo si svolsero tra il 2006 e il 2007, quando durante le indagini furono tracciate migliaia di telefonate tra le quali anche alcune di esponenti politici per le quali ci sarebbe invece voluta l’autorizzazione del Parlamento. Furono acquisiti tabulati relativi al traffico telefonico delle utenze di Romano Prodi, Clemente Mastella, Francesco Rutelli, Marco Minniti e Antonio Gentile. Scopo degli investigatori era ricostruire i rapporti dell’imprenditore Antonio Saladino, sul quale stavano indagando. Ma secondo il pm della Procura di Roma Roberto Felici, che per de Magistris aveva chiesto l’assoluzione, fu il solo Genchi a commettere l’abuso, andando oltre il ruolo di consulente per trasformarsi in vero e proprio investigatore. Secondo l’accusa de Magistris avrebbe avuto il solo torto di firmare i decreti di acquisizione dei tabulati «con non troppa attenzione», e probabilmente nemmeno sapeva «del coinvolgimento di parlamentari né era consapevole che il suo consulente ci stesse lavorando sopra». Una tesi che, se fosse stata accolta dal Tribunale, avrebbe risparmiato a de Magistris la condanna, ma che certo non rende molto onore alle sue qualità di pubblico ministero.
Il sindaco di Napoli ha commentato la sentenza dicendosi «profondamente addolorato» e definendo «insussistenti» i fatti per i quali è stato condannato. «Prima mi hanno strappato la toga con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, ed ora mi condannano per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici».
Ma questa vicenda, fa sapere de Magistris, non inciderà sul suo presente. Non si dimetterà da sindaco di Napoli: «Vado avanti con onestà e rettitudine, principi che hanno sempre animato la mia vita e che una sentenza così ingiusta non può minimamente minare».
Molti i commenti alla decisione del Tribunale di Roma. Per il consigliere di Cassazione Enzo Iannelli, che fu procuratore generale presso la Corte d’appello di Catanzaro ed entrò in conflitto con de Magistris, «la storia è galantuomo». Rutelli e Mastella, invece, fanno sapere attraverso i loro avvocati, Titta e Nicola Madia e Cristina Calamari, che questa sentenza rende loro «piena giustizia» di fronte a una «grave violazione delle prerogative dei parlamentari».
F.B.