Zhao Minghao, La Stampa 24/9/2014, 24 settembre 2014
INDIA, IL MISURATO ABBRACCIO DELLA CINA
La visita di tre giorni in India del presidente cinese Xi Jinping, obiettivo principale del suo recente viaggio in Asia centrale e meridionale, getta nuova luce sull’emergere di un diverso approccio della Cina nei confronti dei Paesi vicini, in particolare degli altri giganti asiatici. I recenti, sottili mutamenti nelle relazioni sino-indiane potrebbero rivelarsi gravidi di conseguenze per il mondo nei prossimi decenni.
Sotto la guida di Xi, la Cina sta adottando una nuova, articolata strategia che potrebbe essere definita del «doppio riassestamento»: da un lato intraprendere coraggiose riforme interne per riguadagnare ascendente economico, dall’altro riposizionare la Cina nel panorama della diplomazia globale, focalizzandosi sulle fonti di rischio dell’area. La fascia economica della Via della seta, che ha il suo fulcro nell’Asia centrale, e la rotta marittima della Via della seta del 21 secolo, che si snoda lungo le vie d’acqua dei Paesi frontalieri dell’Oceano Indiano, sono le iniziative guida nell’agenda della politica estera cinese. Il loro successo dipenderà in gran parte dal supporto che la Cina potrà avere dalle altre grandi potenze, in particolare la Russia in Asia centrale e l’India in quella meridionale.
La Cina comprende che la posizione dell’India sulla scena internazionale è andata rafforzandosi dall’inizio di questo secolo. Il nuovo primo ministro indiano, Narendra Modi, un leader autorevole e aspirazionale originario del Gujarat, uno degli stati più sviluppati del Paese, ha promesso di far uscire l’economia indiana da uno stallo quinquennale, di migliorare le condizioni di vita dei più poveri e di far diventare l’India una potenza globale. La sfida per la politica cinese è quella di conciliare le ambizioni di Modi con gli obiettivi strategici nazionali.
Da quando Modi è a capo del governo l’India si crogiola nell’adulazione delle grandi potenze come il Giappone e gli Stati Uniti. Motivati almeno in parte dal desiderio di controbilanciare la crescente influenza geopolitica della Cina, Giappone e Stati Uniti hanno cercato di coinvolgere l’India in un’alleanza multilaterale tra i Paesi democratici della regione dell’Asia che affaccia sul Pacifico. Ed ecco il primo ministro giapponese Shinzo Abe esprimere la volontà di forgiare un «polo democratico per la sicurezza» con Stati Uniti, Australia e India.
Durante la visita di Modi in Giappone, ai primi di settembre, Abe ha offerto investimenti per 35 miliardi di dollari in cinque anni per progetti di infrastrutture in India, di accelerare i negoziati sull’uso dell’energia nucleare a scopi civili, e di sviluppare la cooperazione in tema di sicurezza marittima. Entrambe le parti hanno concordato di realizzare un «partenariato speciale, strategico e globale» lasciando gli analisti cinesi a cimentarsi con le implicazioni di un’ intesa più stretta tra India e Giappone.
Così, malgrado un rapporto di amore - odio con l’ India che risale alla presidenza di Bill Clinton, gli Usa continuano a considerare il Paese un «alleato naturale». Ministri del governo americano, il Segretario di Stato John Kerry e il Segretario alla Difesa Chuck Hagel, hanno visitato l’India nei mesi scorsi per accattivarsi Modi, promettendogli accordi economici e strategici. Negli ultimi tre anni gli Stati Uniti hanno superato la Russia come maggiori fornitori di armi all’India. Il governo Modi vuole disperatamente diversificare le sue forniture di armi tecnologicamente avanzate e diventare autosufficiente per quanto riguarda la difesa.
Ora ci si aspetta che l’amministrazione Obama faccia tutto il possibile per rafforzare le relazioni con l’India durante la prossima visita di Modi a Washington. Come ha acutamente osservato Nicholas Burns, un ex sottosegretario di Stato, gli interessi strategici statunitensi nel prossimo secolo collimeranno con quelli dell’India più che con quelli di qualsiasi altra potenza asiatica continentale, riservandole così un ruolo centrale nel riposizionamento strategico dell’ America in Asia.
Xi confida nel fatto che la Cina possa capire e soddisfare molte delle esigenze di Modi meglio di rivali regionali come il Giappone. Ma la Cina non dovrebbe sottovalutare la determinazione dell’India nel mantenere la propria autonomia strategica nel mutevole panorama geopolitco asiatico.
Durante la visita di Xi i due leader hanno firmato 15 accordi nei settori del commercio, della finanza e della cultura. Xi ha impegnato la Cina a investire 20 miliardi di dollari in India nei prossimi cinque anni, in particolare per modernizzare il decrepito e usurato sistema ferroviario indiano. Ciò a fronte di soli 400 milioni di dollari, lo 0,18% degli investimenti esteri dell’India, impegnati in investimenti in Cina dal 2000 al 2014.
La Cina ha anche promesso di istituire due parchi industriali, nel Gujarat e nel Maharashtra, oltre a fornire un più ampio accesso al mercato per i prodotti indiani, nel tentativo di dissipare le preoccupazioni dell’India per il crescente deficit commerciale bilaterale, che è passato dal miliardo di dollari del 2001 agli oltre 40 miliardi di oggi.
Gli sforzi di Modi per rilanciare la riforma pro mercato e migliorare l’ambiente imprenditoriale del Paese contribuiranno ad attirare le aziende cinesi desiderose di capitalizzare la grande forza lavoro dell’India, l’ampia base di competenze e i vantaggi geografici. Inoltre la Cina vuole rafforzare la cooperazione con l’India negli affari regionali e globali.
L’India dovrebbe con ogni probabilità ottenere presto l’ingresso a pieno titolo nella Shanghai Cooperation Organization, il club dell’Asia centrale e degli Stati asiatici formatosi dopo il crollo dell’Unione Sovietica. La «Connect Central Asia policy» dell’India e i suoi sforzi per costruire un corridoio di transito Nord-Sud, favorirebbero lo sviluppo in Asia centrale, una regione che preoccupa molto la Cina, perché confina con l’irrequieta provincia cinese dello Xinjiang.
In quanto principali investitori e fornitori di aiuti all’Afghanistan, Cina e India hanno interessi comuni nella stabilizzazione di quel Paese e nella lotta all’estremismo religioso e al terrorismo, dopo la partenza delle truppe della Nato. Inoltre, i due Paesi condividono interessi comuni nel progetto di ridisegnare la governance economica globale, in particolare rafforzando ulteriormente la cooperazione tra i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) e garantendo che il cambiamento climatico sia affrontato in modo da non impedire lo sviluppo.
Ma l’amarezza dell’India per la guerra con la Cina del 1962 rimane. In molte occasioni, Modi ha dato voce ai suoi sospetti sulla crescente pressione cinese nelle zone di confine contese. La sensibilità dell’India per un potenziale accerchiamento cinese è simile ai timori della Cina per l’accerchiamento da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati. Ecco perché è improbabile che la Cina sviluppi le sue relazioni con l’India e il Pakistan (che la Cina ritiene ancora il suo alleato per tutte le stagioni) su binari separati, come hanno fatto gli Stati Uniti durante l’amministrazione Bush.
La visita di Xi in India suggerisce con forza che la Cina è determinata a impegnarsi con Modi in modi intesi a far sì che la rivalità bilaterale non si intensifichi. Ma, nonostante le promesse di investimento di Xi, è tutt’altro che certo che i due giganti asiatici, entrambi con crescenti aspirazioni globali, possano colmare le differenze che continuano a gravare il loro rapporto.
*Ricercatore del Charhar Institute, un think tank cinese di politica estera, è adjunct fellow al Center for International and Strategic Studies dell’università di Pechino e direttore della China International Strategy Review.
Copyright: Project Syndicate, 2014. www.project-syndicate.org
Traduzione di Carla Reschia
Zhao Minghao*, La Stampa 24/9/2014