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 2014  settembre 24 Mercoledì calendario

IL MANAGER: I CONTI SONO REGOLARI HO GUADAGNATO SOLO SOLDI PULITI

MILANO.
«Non ho nessun problema», ha detto Paolo Scaroni a chi lo ha incontrato ieri sera a Milano: «Il denaro che stava nel trust inglese è pulito, è il frutto del mio lavoro all’estero. I magistrati possono rivoltarlo come un calzino, altre autorità di controllo lo hanno già fatto in passato, e non ci troveranno nulla di illecito. Tutto documentato, non un soldo sospetto». L’ex amministratore delegato dell’Eni è più che amareggiato — «In realtà è furioso », rivela qualcuno del suo entourage — ma con i suoi collaboratori è stato chiaro, a tutti raccomanda freddezza: non vuole dire una sola parola sull’inchiesta per la presunta maxitangente algerina né commentare lo sfogo del suo successore Claudio Descalzi, raccolto qualche giorno fa da Repubblica. Anche se verrà il tempo dei chiarimenti e, forse, degli scontri.
Il lavoro della magistratura, fa capire, va rispettato in silenzio fino a quando non arriverà alle sue conclusioni. Ma, questa è la questione sulla quale non riesce a tacere, ci sono confini della privacy che non andrebbero superati. È per questo che ieri sera a un amico l’ex super boiardo dell’Eni ha confessato ciò che davvero non riesce a mandar giù: «Su quei documenti ci sono i nomi di mia moglie e dei miei figli. Sono loro i beneficiari del trust, la cui forma giuridica ha il vantaggio di consentire dei lasciti differenti dalle norme testamentarie. Rendere pubblico tutto questo non può diventare pericoloso? E se a qualcuno domani viene in testa l’idea di rapire uno dei miei figli?». In sostanza, ha ribadito a chi lavora al suo fianco: «Cerchino pure dove vogliono, metto a loro disposizione tutte le carte e le testimonianze documentali della mia vita professionale, ma ci sono cose che non andrebbero sbattute in pubblico. Credo che questa sia una vergogna mondiale».
A scavare nel “Paolo Scaroni Trust” sono i pm milanesi Fabio De Pasquale e Isidoro Palma. Il conto venne costituito nel 1998 nell’isola di Guernsey e nel 2009, secondo quanto accertato da una relazione ispettiva di Bankitalia, il deposito ammontava a 13 milioni di euro. Di questi, al lordo dell’imposta del cinque per cento, poco più di undici milioni vennero fatti rientrare in Italia grazie al filtro garantito dallo scudo fiscale ter. «Lo ripeto ancora una volta — ha spiegato ieri sera il super manager a chi gli chiedeva spiegazioni — : ho fatto tutto secondo la legge. Allora lavoravo e risiedevo in Gran Bretagna, ero amministratore delegato della Pilkington, multinazionale del settore vetri per auto, e avevo il diritto di mettere i miei guadagni dove volevo.
Credo fosse una scelta che non riguardava nessuno». Sul trust sono confluiti i suoi emolumenti fino al 2002, fino a quando è rientrato in Italia. Da allora il conto non sarebbe più stato alimentato, il flusso del denaro si sarebbe interrotto in contemporanea al cambio di sede lavorativa di Scaroni. Il rimpatrio del capitale è avvenuto sette anni dopo, come ieri sera il manager ha ricordato ha chi gli ha parlato: «Prima di decidere di usufruire dello scudo andai a confrontarmi con Tremonti. Gli dissi: Giulio, che cosa mi consigli di fare? Lui mi domandò se i beneficiari del trust erano i miei familiari oppure se avessi indicato altri tipi di destinatari. Quando gli spiegai che, oltre a me, si trattava di mia moglie e dei miei figli mi suggerì di far rientrare il denaro in Italia». Oggi il trust ha due protector, Rolando Benedick e il super commercialista di Milano Oreste Severgnini. E ogni anno, da amministratore delegato dell’Eni, Scaroni ne ha sempre fatto menzione nella relazione davanti al Parlamento e nell’assemblea dei soci: «Gli ispettori della Banca d’Italia lo hanno vivisezionato e non hanno trovato nulla di irregolare. Ecco perché sono tranquillo». Non chiedetemi nulla sull’inchiesta Saipem-Algeria, ha ribadito ieri sera Paolo Scaroni, ma alla fine ha voluto ripetere quelle parole nelle quali, a suo avviso, è racchiusa la sua immagine di manager: «Nei miei guadagni tutto è lecito fino all’ultimo centesimo. Non ho mai preso soldi da nessuno. Nella mia carriera ho guadagnato soltanto soldi puliti. In caso contrario sarei già stato arrestato. Spero che l’Italia non sia diventata un paese di matti».
Dario Cresto-Dina, la Repubblica 24/9/2014