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 2014  settembre 24 Mercoledì calendario

QUELLA PROMESSA ALLE VITTIME PER LANCIARE LA TOLLERANZA ZERO “NON FARÒ SCONTI A NESSUNO”

CITTÀ DEL VATICANO.
«Chiedo perdono per i preti pedofili: hanno profanato la stessa immagine di Dio», disse il 7 luglio scorso il Papa incontrando nel convitto di Santa Marta alcune vittime di abusi sessuali commessi da preti. E ancora: «Le omissioni pesano sul mio cuore e su quello della Chiesa». Quindi, una promessa: «Mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale. Tutti i vescovi devono esercitare il loro servizio di pastori con somma cura per salvaguardare la protezione dei minori e renderanno conto di questa responsabilità».
Alle parole, i fatti sono presto seguiti. A pochi giorni dalla convocazione in Vaticano (4 e 5 ottobre) della Commissione per la tutela dei minori istituita dallo stesso Francesco e guidata dal cardinale Sean O’Malley, la linea della tolleranza zero già voluta da Benedetto XVI che per primo denunziò durante la via crucis al Colosseo del 2005 «la sporcizia della Chiesa», diviene azione concreta. Con l’arresto di Jozef Wesolowski non c’è più vescovo né cardinale — «La pedofilia è una lebbra che c’è nella Chiesa e colpisce anche i vescovi e i cardinali», disse il Papa ad Eugenio Scalfari in un colloquio pubblicato su Repubblica il 13 luglio scorso — che, se ritenuto colpevole di pedofilia, possa dormire sonni tranquilli. Questa la svolta del Papa: nessun uomo di Chiesa sarà più coperto. La prassi, insomma, in uso nei pontificati precedenti, secondo cui i vescovi locali, spesso rinunciando a informare la Santa Sede, spostavano di diocesi in diocesi i pedofili che continuavano così a commettere crimini, non è più di casa. Anzi, per il pontificato in corso, essa è come lebbra: «Abusare di minori è come fare una messa nera», disse ancora Francesco sul volo di ritorno dalla Terra Santa lo scorso maggio dopo che, a febbraio, era stato l’organismo garante dei diritti dei minori dell’Onu a chiedere azioni concrete.
Molto era cambiato già dal dicembre scorso. Il Papa nominò i primi otto componenti della Commissione anti-pedofilia chiamando al suo interno anche una vittima di abusi, l’irlandese Marie Collins. Prima le vittime non avevano parola nella Chiesa: «Io ho sofferto non solo per gli abusi, ma anche per le coperture che alcune gerarchie nella Chiesa diedero al mio molestatore», disse a Repubblica la stessa Collins. E ancora: «Non ero creduta. O comunque dicevano di non credermi. Fu terribile. Ritengo, comunque, che la mia nomina sia un passo decisivo. Non si può cambiare se la voce di chi ha subìto abusi non è ascoltata».
Un importante aiuto al Papa l’hanno dato i suoi confratelli gesuiti. La Commissione, non a caso, lavora anche grazie all’impegno dei padri Humberto Miguel Yáñez e padre Hans Zollner, quest’ultimo responsabile del Centro per la protezione dell’infanzia dell’Università Gregoriana: «Il Papa — ha detto padre Zollner dopo aver incontrato Francesco nel giugno del 2013 — ha sottolineato che il lavoro del nostro Centro è un importante e che “dobbiamo andare avanti con questo impegno”». Ma i gesuiti lo aiutano anche all’interno degli organismi vaticani: è il padre statunitense Robert J. Geisinger, canonista, il nuovo “promotore di giustizia” vaticano presso la congregazione per la Dottrina della fede, una sorta di “procuratore generale” della Santa Sede sulla pedofilia e gli altri “crimini graviora” del diritto canonico.
Il Papa ha agito per la tolleranza zero fin dall’inizio del suo pontificato. Fin dalle prime visite ad limina dei vescovi del mondo, chiese ai pastori di fare pulizia e di stare accanto alle vittime. Da quelle parole, tanti fatti. Lo scorso agosto, ad esempio, ha accettato velocemente anche le dimissioni (per superamento dei limiti d’età) del Primate d’Irlanda, il cardinal Sean O’ Brady, accusato nel passato di aver in qualche modo coperto il grande scandalo del clero nel suo Paese. Fino all’ultimo caso del nunzio Wesolowski.
Paolo Rodari, la Repubblica 24/9/2014