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 2014  settembre 24 Mercoledì calendario

L’ABRUZZESE CHE DIALOGAVA CON TUTTI SEMPRE PRONTO A SFIDARE LA CGIL


IL PERSONAGGIO
ROMA Testardo come un orso marsicano, flessuoso come un ballerino, urlatore come un leader di una rock band. Raffaele Bonanni è tutto questo: quando sbuffa nel suo uliveto, quando si lancia in un flamenco sfrenato, quando si esibisce al karaoke nella taverna di casa. A Bomba, dove è nato 65 anni or sono. Paesino in provincia di Chieti (poco più di 800 anime), ricordato per aver dato i natali al politico e patriota Silvio Spaventa. Ha muscoli robusti, determinazione ferrea, coraggio da vendere. Caratteristiche che gli ha trasmesso soprattutto il padre, militante duro e puro del Pci. Lavora da manovale, però pensa e muove i primi passi da sindacalista. Lui vuole la Cgil, ma la Cgil non vuole lui. Pazienza. Giovanissimo emigra in Sicilia, conosce Sergio D’Antoni, astro nascente della Cisl. Diventa numero uno degli edili, poi del pubblico impiego. Si attrezza per scalare la segreteria: «Arriverò in vetta, è solo questione di tempo», confida agli intimi. Accade nell’aprile del 2006, riconferma nel 2009 e proroga per un terzo mandato, scavalcando il suo leader, Savino Pezzotta, e sempre facendo il pieno di voti.
Fin qui la cronistoria. La vita al vertice del secondo sindacato italiano è, possibilmente, più intensa perché attraversata dalle divisioni sindacali, dai sempre più difficili rapporti con i governi, soprattutto dalle crescenti difficoltà dell’economia e, dunque, dalle contraddizioni di un mercato del lavoro in costante evoluzione e rivoluzione. Bonanni e la sua Cisl diventano lo snodo tra il sindacato riformista e il sindacato di lotta. Il leader di via Po apre al dialogo con Berlusconi e alla Confindustria di Antonio D’Amato ed Emma Marcegaglia («io parlo e tratto con tutti»), ma è pure capace di portare in piazza la confederazione sfidando l’isolamento dalla Cgil e dalla Uil. E’ il primo alleato di Sergio Marchionne nell’accordo sulla Fiat di Pomigliano («Non posso mica respingere un’intesa che garantisce 4.600 posti di lavoro»), ma è anche pronto a schierare le sue truppe contro Renzi «se solo si azzardasse a tagliare ancora nel pubblico impiego».
LE STRATEGIE
Una politica a più forni che gli attira simpatie, ma anche velenose critiche. «Io non ho amici nè nemici, semplicemente discuto nell’interesse di chi rappresento», ripete. Coltiva un’amicizia fraterna con l’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ma politicamente è più contiguo al Pd che al Centro destra. E’ vicino a Monti, salvo poi contestarlo. Plaude al ministro Fornero, salvo poi attaccarla. Ovvio, scompagina anche strategie programmi di Uil e Cgil. Tenta di smontare il contratto nazionale «che dovrebbe servire a garantire il potere di acquisto mentre la produttività dovrebbe essere pagata sul secondo livello». Da Carla Cantone, lady di ferro della confederazione di corso d’Italia, incassa anche un gancio mica un buffetto. A una festa del Pd viene raggiunto da un fumogeno. Sopporta con cristiana pazienza, lui che è legato al movimento dei neocatecumanali. Da ultimo - è storia di oggi - apre alla cancellazione dell’articolo 18, ma solo perché immagina regole di un mercato del lavoro più congeniali ai tempi. Inevitabile, riapre con Susanna Camusso un nuovo fronte: «Pazienza, ma questa è anche la dimostrazione che il sindacato può pensare e avere comportamenti diversi. Anche Renzi dovrebbe capirlo».