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 2014  settembre 24 Mercoledì calendario

ALLARME EBOLA: 1,4 MILIONI DI CONTAGIATI


L’EPIDEMIA
NEW YORK Da mezzo milione a 1,4 milioni di africani potrebbero essere contaminati dal virus dell’Ebola entro l’inizio del prossimo anno se non riusciremo presto a correre ai ripari. La prospettiva, disastrosa e minacciosa per tutto il resto del mondo, è stata presentata dal Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie. Non si tratta di una proiezione realistica, ma di un modello virtuale; il peggior scenario immaginabile in mancanza di un intervento correttivo.
Per evitarlo, il Centro propone di raggiungere almeno il 70% delle persone attualmente infette, isolarle, e curarle per evitare che muoiano, come è già successo ad altri 2.800 malati negli ultimi sei mesi. Nel presentare lo studio, il direttore del Centro Tom Frieden ha ricordato che le proiezioni sono state fatte senza tenere conto dell’iniziativa americana annunciata dal presidente Obama una settimana fa, e senza quella dell’Onu, che si appresta a impiantare nelle zone più colpite dell’Africa occidentale i suoi centri medici di assistenza, sotto la direzione di un coordinatore: il medico britannico David Navarro, nominato ieri inviato speciale contro l’Ebola dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Oltre a indicare il rischio estremo di espansione, lo studio serve anche a determinare le forze necessarie per arrestare la crescita dei casi di infezione, e a piegare verso il basso la curva che indica lo sviluppo dell’epidemia.
IL RAPPORTO
Un rapporto più realistico sull’effettivo stato del contagio è stato pubblicato ieri sulla rivista The New England Journal of Medicine, ad opera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre il dibattito sulle iniziative da prendere è in pieno sviluppo al Palazzo di Vetro. Anche i dati dell’OMS sono preoccupanti: si aprono con la constatazione che al momento il 71% delle persone colpite da un virus che dovrebbe essere relativamente facile da curare, finisce per morire in seguito al progredire dell’infezione. Il sospetto, la paura di tanti cittadini africani di fronte al morbo fa sì che molti casi siano tenuti nascosti, e che il contagio avvenga in segreto e lontano dagli operatori che potrebbero evitarlo. Il problema è aggravato, si legge nel testo, da «sistemi sanitari fatiscenti, indifferenza internazionale, rapida mobilità delle popolazioni colpite; e poi dalla cultura locale, e l’alto grado di concentrazione della popolazione nelle città». Secondo l’autorità sanitaria mondiale, i casi di infezione sono destinati a crescere dagli attuali 6.000 a 20.000 entro i primi di novembre.
La risposta fino ad ora è stata debole e inadeguata. Ci sono voluti mesi prima che la malattia fosse identificata, dopo le prime denunce di infezioni e di decessi che sono erano segnalate fin dai primi di marzo. E anche quando la controffensiva è iniziata, troppo spesso ci si è accontentati di risultati parziali, dice il rapporto, scambiandoli per conquiste definitive. Il risultato è che l’epidemia si è estesa dalla Guinea alle vicine Liberia e Sierra Leone. Nel primo dei tre Paesi la situazione è al momento stabile, mentre negli altri due la situazione è scoraggiante: in Liberia la settimana scorsa si sono registrati 113 nuovi casi in un solo giorno. È in questa regione che l’Onu sta convogliando ora gran parte degli aiuti internazionali, che arrivano da Paesi lontani come Cuba e la Cina, e anche dall’Italia. Il nostro primo ministro Renzi ha ricevuto da Ban Ki-moon i ringraziamenti dell’Onu per il ruolo che il nostro Paese ha fino ad ora avuto nell’assistere gli sforzi di contenimento.
IL MISSIONARIO
Un capitolo a parte in questa storia è quello degli operatori sanitari che si stanno operando per debellare l’epidemia dell’Ebola. Tra di loro in sei mesi ci sono stai 337 casi di contagio e 181 decessi. L’ultimo che ci riguarda più da vicino è quello del missionario Manuel Garcia Viejo, dell’ordine ospedaliero del san Giovanni di Dio, Fatebenefratelli. Il prelato che era in servizio all’ospedale di Lunsar in Sierra Leone, è stato rimpatriato ieri in Spagna con una diagnosi poco promettente, dopo aver contratto il virus alcune settimane fa.