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 2014  settembre 23 Martedì calendario

UN LIBRO “ASSOLUTAMENTE” STREPITOSO

Nel linguaggio ufficiale e burocratico di solito si tende a «smussare le punte espressive» (Calvino, Lezioni americane), si tende allo stereotipo, all’automatismo. Calvino parlò in proposito di antilingua (un anticipo già in Faldella, Sant’Isidoro, 1909, quando fa la parodia del linguaggio burocratico di un rapporto dei carabinieri). Automatismi prevalgono anche nei linguaggi in cui si tira via per la fretta, per esempio nella cronaca giornalistica (alludo alla fitta serie del tipo «autentica prodezza», «diffuso malessere », «tema scottante», «di scottante attualità», la «svolta decisiva», l’«imponente spiegamento» di uomini e di mezzi, «ha confessato con dovizia di particolari», il «fatidico sì», il «parere diametralmente opposto»). Anche la cronaca politica è un vivaio di replicanti: «un intervento mirato», o «tempestivo », «un momento di aggregazione», «rispondere alle aspettative», o «alle istanze», «convogliarle» quelle istanze, e i «momenti di confronto», per una politica «capace di confrontarsi con…», si «sta minando la credibilità di…», ci sono «crepe nella maggioranza», «si respira aria di crisi», «abbassare la guardia», «pausa di riflessione». È un tipo di italiano alimentato dalle comunicazioni ufficiali dei telegiornali, da interviste e comunicati vari: «occorre fare chiarezza», «un colpo di spugna», «una mossa dagli sviluppi imprevedibili», «qui si gioca il futuro della ripresa», «i settori più delicati », «non ci faremo intimidire», «per il bene degli italiani». Anche ardite innovazioni, a forza di sentirne la ripetizione meccanica, sono diventate tediose: stanno andando fuori uso «l’arcipelago sanità», «il pianeta giustizia», ma sempre ricorrenti «il solito polverone», «siamo arrivati al capolinea», «la morsa del gelo», «la colonnina di mercurio», «trincerarsi dietro…», «uscire dal tunnel». Le nuove generazioni della politica e del giornalismo tendono più a un parlato disinvolto (troppo disinvolto a volte), ma l’enfasi sia verso l’alto sia verso il basso è sempre in agguato. Si prenda la cronaca: un «caos indescrivibile» è la norma, diventa «di proporzioni bibliche» anche un ingorgo, e un’«esodo» succede di regola per le vacanze, «spasmodica» è un’attesa, «clamoroso» il colpo di scena, e circolano «cifre da capogiro», accadono episodi «sconcertanti»…
I mass media collaborano alla omologazione, perché rimestano un frasario preconfezionato, che attecchisce nel linguaggio quotidiano, sempre più conformista, colmo di automatismi, di formule generiche e anonime. Le parole perdono in precisione e vitalità. Oppure tendono a un uso drogato, ipereccitato, «apprensivo» (come diceva Giuseppe Pontiggia). Si veda la fortuna di aggettivi o avverbi come incredibile, fatidico, l’uso abnorme di enormemente, assolutamente («è un libro assolutamente strepitoso»), o di estremo per grande («un saggio di estremo interesse»).
Gian Luigi Beccaria, La Stampa 23/9/2014