Giorgio Santilli, Il Sole 24 Ore 23/9/2014, 23 settembre 2014
ELIA: MENO FRAMMENTAZIONE PER RIPARTIRE CON I CANTIERI NESSUN OSTACOLO A NTV, LA CONCORRENZA È UN BENE
[Intervista a Michele Elia] –
Questo forum con l’amministratore delegato delle Fs, Michele Elia, è il primo di una serie che il Sole 24 Ore farà con gli amministratori delegati di tutti i grandi gruppi partecipati dal Tesoro.
IL SOLE 24 ORE - Ingegner Elia, il presidente di Ntv, Antonello Perricone, ha detto qualche giorno fa che il tirocinio nella liberalizzazione italiana è stato un percorso di guerra, disseminato di trappole e ostacoli, quasi un Vietnam. È facile ribattere da parte sua che in altri Paesi europei sull’alta velocità non c’è concorrenza, però credo che questo non debba impedire di sperimentare una concorrenza su un investimento così importante. Le chiedo se non crede si debbano fare passi in avanti nel rapporto con il concorrente, se non siate stati direttamente o indirettamente troppo monopolisti nel rapporto con il nuovo concorrente. L’altra questione, parlando del piano industriale, è se si sia fatto un importante investimento nell’alta velocità e si sia trascurato l’investimento nel traporto locale. Qual è il programma che lei ha in mente?
ELIA - Ho seguito personalmente questa partita, quando ero alla rete ferroviaria, perché il riferimento di Ntv e dei concorrenti è il gestore della Rete, Rfi appunto, separato societariamente da Trenitalia e da tutte le altre società del gruppo, con le quali esistono solo rapporti di tipo contrattuale. Abbiamo definito un accordo-quadro, in base alle esigenze di Ntv. Quell’accordo stabilisce il numero di slot di cui avevano bisogno le attività legate al loro servizio: platee lavaggio, impianti di deposito locomotive, centri manutenzione. Nel titolo autorizzatorio, per inciso, avevano anche l’impegno a fare servizi di tipo universale. Realizzammo questo accordo-quadro su cui Rfi impegnò tra i 20 e i 25 milioni. In più loro costruirono un impianto di manutenzione a Nola. Scelsero di andare a Venezia, Torino, Salerno, le stesse di oggi. Inoltre, su Milano scelsero Garibaldi e su Roma scelsero Termini. Dopo un paio di mesi cambiammo perché scelsero di andare a Tiburtina e a Ostiense dove poi noi realizzammo la platea lavaggio: quindi modificammo l’accordo-quadro in questi termini. Poi li abbiamo seguiti nelle corse-prova dei treni che via via arrivavano. Molte volte Montezemolo diceva: il giocatore è anche l’arbitro. Ma i due giocatori sono le due imprese ferroviarie, Trenitalia e Ntv, l’arbitro era l’Ufficio di regolazione dei servizi ferroviari, poi diventata Autorità per la regolazione dei trasporti. Rfi era il padrone del campo e dei servizi annessi, spogliatoi, accesso al campo. Così si è avviato il discorso con Ntv.
L’altro ostacolo alla concorrenza viene da pedaggi molto elevati proprio sulla rete alta velocità.
Quando son partite queste attività, i pedaggi erano già stati definiti - dal 2000 sulla rete convenzionale e dal 2006 sull’alta velocità - con due decreti ministeriali e non sono stati cambiati in corso di attività. Il pedaggio - parlando di uno dei temi fondamentali - nasce, di base, come pedaggio uguale su tutta la rete convenzionale, cioè tra i 2,5 e i 3 euro a chilometro per treno. Il ministero delle Finanze all’epoca decise che l’alta velocità - che riuscimmo a blindare come costo a vita intera complessivo a 32 miliardi nel 2006 evitando ulteriori allungamenti di tempi e di costi e rispettando tutte le scadenze di attivazione con un impegno veramente forte (se ricordate mettevamo dei totem nelle stazioni: il 31 dicembre del 2008 si attiverà la Roma-Napoli...) - sarebbe stata coperta per quasi 28 miliardi dallo Stato e per 4,2 miliardi in autofinanziamento, pagandoli con gli introiti dell’alta velocità. Per questo il pedaggio sui 600 chilometri della rete ad alta velocità venne incrementato nel 2006 di un delta che poi ha portato a 14 euro complessivi. Questo pedaggio, pagato ovviamente anche da Trenitalia, è andato avanti in questa maniera fino al decreto ministeriale dell’anno scorso che ha ridotto del 15% il pedaggio sia per Trenitalia che per Ntv. In quell’occasione abbiamo rivisitato anche la curva di recupero del debito.
Mettiamoci anche certi annunci reiterati ossessivamente sui vostri treni per dire che il ritardo nasceva da un guasto del concorrente.
È vero. Certi claims sollevati da Ntv avevano a volte ragioni oggettive, come la storia degli annunci cui fate riferimento. Lì effettivamente abbiamo avuto qualche difetto, ma le assicuro che dipendeva dagli operatori, nessuno aveva detto loro "andate a sfottere Ntv". Difatti abbiamo rivisto il codice degli annunci e abbiamo disciplinato la questione. Però noi abbiamo agito correttamente e abbiamo chiuso anche la partita con l’Antitrust con il riconoscimento di impegni su tutte cose di contorno, non così significative, almeno dal mio punto di vista, rispetto alle problematiche di cui oggi Ntv parla.
E la separazione Trenitalia-Rfi, perché non si può fare?
Anche qui sfatiamo i luoghi comuni. Noi abbiamo già società separate e abbiamo un’infinità di controlli sui nostri bilanci: i collegi dei sindaci, le società di revisione, una contabilità regolatoria che descrive tutto dettagliatamente per Rfi, la Corte dei conti, i ministeri. Quindi non c’è possibilità di travasi o di movimenti di fondi o di soldi o di sconti, è impossibile. Ogni anno c’è la relazione della Corte dei conti, che è pubblica: nessuno ha mai sollevato un problema di questo tipo.
Ma quale è questo ostacolo all’unbundling? Tecnologico? Finanziario?
Noi abbiamo un sistema ferroviario che dal 1905 lavora sull’integrazione tecnologica. Anche l’Alta velocità si è inserita su quel sistema. Un’infrastruttura ferroviaria a 300 chilometri all’ora non si può fare se non c’è un treno da 300 km all’ora che la testi, che la controlli e venga seguito puntualmente. Abbiamo lavorato 2-3 anni per mettere in piedi l’alta velocità dopo che era stata completata l’infrastruttura e abbiamo usato il sistema tecnologico più avanzato del mondo. Senza questo sistema integrato non dico che i tecnici di Ntv non ce l’avrebbero fatta, ma certo loro nascevano più come impresa di carattere commerciale, non con una storia tecnica alle spalle. L’alta velocità l’hanno fatta le Ferrovie dello Stato, io ho fatto tutti i test, le prove tecniche. Chi arriva oggi la trova pronta e non deve sopportare oneri e spese di nessun tipo, si trova pronto il miglior sistema che c’è in Europa. Invece ci sono studi europei che calcolano in 6 miliardi il costo per l’intera rete da un eventuale unbundling.
Quanta parte di questo costo aggiuntivo riguarderebbe l’Italia?
Non è stata fatta questa ripartizione ma considerando che siamo una delle tre grandi reti ferroviarie d’Europa, con tedeschi e francesi, penso che stiamo parlando di un costo dell’ordine di un miliardo.
Voi operate in un contesto europeo conservatore sulle liberalizzazioni fra direttive molto prudenti, resistenze degli Stati e delle stesse grandi imprese ferroviarie. Voi stessi usate in funzione difensiva l’argomento che l’Italia è l’unico Paese ad avere concorrenza sull’Alta velocità. L’esperienza italiana andrebbe invece considerata positiva per il fatto che ha stimolato Trenitalia a svolgere un servizio che diversamente non avrebbe svolto, almeno a questi livelli di cadenzamento, di tariffe e di qualità del servizio (e anche di bilanci societari). Perché c’è tutta questa resistenza in casa vostra, negli Stati, nelle altre grandi imprese ferroviarie europee?
La liberalizzazione a noi ha fatto bene, non ho mai detto il contrario. L’intervento di Ntv per noi è stato positivissimo. Ho solo voluto spiegare la storia fino a oggi. Da quando è entrata Ntv, noi abbiamo fatto un lavoro incredibile sui treni. È così che Trenitalia ha vinto il premio in Europa come miglior servizio sull’alta velocità. Quindi la qualità del servizio è dovuta principalmente all’ingresso di un competitor sull’alta velocità e questo è stato per noi un vantaggio competitivo.
E il trasporto locale? Siete in ritardo lì.
Anche sul trasporto locale siamo per la completa liberalizzazione. Per le gare. Però quello che dico è che prima di fare le gare dobbiamo risolvere alcuni problemi: il materiale rotabile, le clausole contrattuali, le clausole sociali, cioè tutto questo mondo che ha bisogno di partire. Se si partisse oggi prima di tre anni e mezzo non ci sarebbe una sola nuova impresa a fare questo tipo di servizio. L’Emilia Romagna sta andando in gara in questi giorni: per tutto il bacino fa una gara che dura sedici anni, più altri cinque, una cosa enorme. In Germania, dove noi siamo impegnati con la società Netinera (che ha 4mila persone) su quattro Lander, fanno le gare ma le aree forti, le aree metropolitane le danno a Deutsche Bahn. Noi siamo per la completa liberalizzazione. Per il rapporto con gli altri competitor europei - che nel settore merci sono venuti in Italia a fare servizio avendo più disponibilità finanziarie di Trenitalia - bisogna avere la reciprocità. Tu vieni da me, io posso venire da te.
L’Autorità per i trasporti ha inviato una segnalazione a luglio per favorire le gare e il Governo sta preparando un disegno di legge per la concorrenza nel trasporto locale.
Ma le gare si stanno già facendo. L’Emilia Romagna ha in scadenza la gara, a dicembre scadono tutti i contratti di Trenitalia.
Sì, ma una norma nel disegno di legge sulla concorrenza che sancisca l’obbligo di gare regionali non sarebbe utile?
Nel bando di gara dell’Emilia c’è scritto che chi vince deve comprare 70 treni, una parte li mette la Regione e poi dà la possibilità al vincitore di fare l’investimento in un certo periodo di tempo. Quindi oggi è possibile farlo. Però va chiarito il tema del personale. Se Trenitalia perde la gara dell’Emilia Romagna il personale di Trenitalia, oltre mille persone, che fine fa? Ci vuole una clausola sociale e una contrattuale, anche i contratti uguali per tutti. Io vado ancora più in là: anche l’infrastruttura dovrebbe essere forse sotto un unico gestore, anche le Nord Milano o le Sud Est di Bari, in modo tale da avere stesse regole, stessa normativa, stessi standard, stessi costi.
Queste gare del trasporto pubblico locale finora sono state una finzione e rischiano di esserlo ancora. Lei prima ha sfiorato il tema delle clausole sociali, però questo è un tema ancora tutto in divenire, non è ancora stato stabilito niente su questo, quindi mi pare che per queste gare a parole c’è la volontà, ma nei fatti ancora troppi ostacoli le frenano.
Non è un ostacolo e non è una finzione, è un problema reale che chi fa la gara deve inserire certe condizioni dentro. Ma le gare non le facciamo noi come Trenitalia o come Rfi, o come Fs, le fa la Regione e il ministero dei Trasporti farà quelle del servizio universale a lunga percorrenza. Noi stiamo solo chiedendo di regolare le clausole sociali, contrattuali, il materiale rotabile. In Germania la nostra società si costruisce l’officina dove fa manutenzione e compra i treni. Nel contratto è previsto.
Le Fs da qualche anno ha cominciato a intervenire con investimenti molto interessanti in società di trasporto suburbane regionali anche su gomma. Due domande: da una parte non le sembra in questo modo di dire: posso anche perdere una gara regionale, ma mi sto coprendo col trasporto su gomma? Due, se questa politica continuerà e che livello di copertura nazionale avete fatto col trasporto su gomma fino a oggi.
Noi abbiamo una società nel gruppo che si chiama BusItalia. Ha preso già il lavoro a Firenze, siamo in Umbria, dove fa anche traghetti, siamo a Padova. Quella è una società che può integrare il servizio regionale ferroviario, non sostituirlo. Noi dobbiamo avere una logica nella revisione di tutto il Tpl e abbiamo bisogno nelle aree regionali e nelle grandi aree metropolitane di non avere servizi paralleli sulle stesse tratte. Se voi andate a guardare oggi ci stanno mille e cento società di servizio automobilistico che hanno tante piccole tratte da coprire ma nessuno ha un modello organizzativo tale per cui con il treno fai la relazione tra i due principali centri, poi quando arrivi alla stazione trovi i pullman che ti portano nelle varie aree. Noi vogliamo farlo, se riusciamo, indipendentemente dalla proprietà. Certo che verrebbe più semplice se gestissimo anche quel tipo di servizio, ma non è quella la finalità, vogliamo dare un contributo anche lì perché dove siamo andati a prendere i servizi abbiamo dato un contributo di efficienza. È un lavoro molto più semplice, ma c’è bisogno di forte organizzazione e di forte management per coordinarlo, non sostituirci. Vogliamo fare un’integrazione, una combinazione di servizi.
Voi investite nell’alta velocità e vi espandete nella gomma mentre il trasporto ferroviario pendolari è considerato il trasporto più abbandonato sul territorio.
Per l’infrastruttura sul trasporto regionale e sulle grandi aree metropolitane sono destinati dal contratto di programma 16 miliardi di euro e la metà di questi li abbiamo già spesi. Stiamo lavorando per garantire una maggiore capacità nell’ambito dei nodi e in più in tutte le stazioni di Roma, Milano, Torino, Napoli stiamo migliorando l’altezza dei marciapiedi, i sottopassaggi, l’eliminazione delle barriere. L’altro tema infrastrutturale è aumentare la velocità della linea tra le grandi aree metropolitane in modo tale da ridurre i tempi di percorrenza. Poi c’è il materiale rotabile: Trenitalia ha un investimento complessivo sul Tpl di 3 miliardi, per esempio i treni Jazz che sono apprezzatissimi anche a Roma.
L’altra grande sfida che ha davanti Fs è il progetto di privatizzazione o di quotazione in Borsa. Noi siamo rimasti a Moretti che stimava un valore di 6 miliardi per il 49% del capitale in Borsa. Avete fatto passo avanti? Ci sono anche ipotesi di privatizzazioni a pezzi.
Per la privatizzazione si sta lavorando. Io sono contrario alla separazione proprietaria tra Rete e impresa ferroviaria, quindi il gruppo secondo me va visto nella sua interezza. Perché separare una parte? Potresti solo separare una parte buona, ma cosa rimane poi? Poi all’interno tra i business ci deve essere chiarezza e trasparenza. Su questo comunque è l’azionista che decide, noi possiamo solo essere strumento dell’azionista.
Però un investitore che compra nella sua interezza un gruppo che all’interno ha problematiche grosse, sia pure annacquate dall’attività che va bene, questo punto di debolezza lo coglie e vi penalizza quando andate a vendere.
Standard & Poor’s la settimana scorsa ci ha confermato il rating, migliorando il nostro profilo di credito stand alone di un gradino. Ha spiegato che un Ebitda come il nostro, di due miliardi, in Europa non ce l’ha nessuno. Sncf e DB se lo sognano, stanno all’8-10%, noi al 23%. E quello di quest’anno migliora.
Proprio sul tema del valore di Fs e di un’eventuale privatizzazione, voi siete una sorta di centauro: siete gestiti molto bene con logica privatistica, avete fatto 8 miliardi di ricavi, 2 miliardi di Mol e per il sesto anno siete in utile, quasi mezzo miliardo nel 2013, quindi il mercato dice che è una bella azienda. Ma c’è un problema: voi vivete di contributi pubblici, che non sono mai scesi nel tempo, cioè ogni anno lo Stato italiano tra contratto di programma e contratti di servizio gira alle Fs un assegno di circa 5,3 miliardi e questo ormai da dieci anni. Se voi producete utile e avete quella marginalità così alta io da cittadino mi aspetto che il contributo pubblico possa diminuire, proprio perché siete diventati redditizi. Questo non è mai accaduto e la Corte dei conti rileva anche che gli investimenti sono tornati a livelli 2007. Poi avete il debito di 6 miliardi su Trenitalia e anche qui la Corte dei conti spesso dice che quella struttura finanziaria va riequilibrata, visto che a livello consolidato avete 38 miliardi di patrimonio, chiedo perché non ricapitalizzate Trenitalia per ripristinare la sua situazione finanziaria.
Il sostantivo che usa lei non è corretto. È corrispettivo, non è contributo. Il corrispettivo viene pagato e dato a Rfi e a Trenitalia sul contratto di servizio di Trenitalia con le Regioni per le prestazioni che la Regione definisce e stabilisce con Trenitalia, con un prezzo in un catalogo: sceglie il servizio e sceglie anche il corrispettivo da riconoscere. Rispetto a francesi e tedeschi il corrispettivo passeggero/chilometro riconosciuto a Trenitalia è inferiore del 30-40%. Ora il corrispettivo viene messo in gara, per esempio, in Emilia-Romagna e, se viene un’impresa terza, riceverà la stessa somma. Per quanto riguarda Rfi, il contratto di programma ha ridotto il corrispettivo per le manutenzioni ordinarie e straordinarie da 1.950 a 1.610 milioni di euro. Poi c’è il contratto di programma parte investimenti. È chiaro che gli investimenti infrastrutturali non hanno un ritorno economico per nessun tipo di servizio. L’infrastruttura è dello Stato, la proprietà è sua. Oggi quella proprietà è attribuita a Rfi, appare nello stato patrimoniale di Rfi, 35 miliardi di euro, però è fatta di binari, di gallerie, di ponti.
E sul debito elevato?
Nel piano d’impresa prevediamo di chiudere al 2017 con una riduzione del debito di 700-800 milioni. Sarà poco ma è significativo. Abbiamo anche un po’ di crediti con le Regioni.
Quali sono queste Regioni e a quanto ammonta questo debito?
Le singole Regioni non me le ricordo. Il debito complessivo è di 1,2 miliardi circa su un valore dei contratti di 2,5 miliardi l’anno.
La percezione di chi viaggia, quando non viaggia sull’alta velocità, per esempio sulla tirrenica, è che molto spesso il servizio rispetto ad alcuni anni fa sia peggiorato: meno treni e non si arriva mai. La sensazione è anche che con questo giochino dei contratti con le Regioni si è creato una sorta di spezzatino per cui uno se non fa l’alta velocità deve prendere due o tre treni per fare una certa tratta. I pendolari si lamentano, diciamo che non è certamente un servizio da premio d’Europa. Su questo non pensate che le Ferrovie dovrebbero migliorare?
Stiamo lavorando per velocizzare le linee tra grandi aree metropolitane. Può essere la Genova-Roma o la Milano-Bari-Lecce. Quando l’anno prossimo arriveranno i nuovi cinquanta treni Mille, avremo del materiale rotabile più veloce da poter utilizzare anche su queste tratte. Contestualmente stiamo migliorando l’infrastruttura con una tecnologia che riduce i tempi di percorrenza. Sull’Adriatica, possiamo portare circa 150 km di quella linea a 200 all’ora.
Pochi giorni fa sulla questione Ntv è intervenuto Diego Della Valle, che è azionista di Ntv, e ha detto che il vero padrone delle Ferrovie è ancora Moretti, che è stato sostituito dal suo numero due ed è normale che fra loro si parlino. Lei che risponde?
Con Moretti ho lavorato dal 1997, quando ero alla direzione tecnica di Rfi, fino all’anno scorso. Quando è arrivato, abbiamo messo in sicurezza tutta la rete con i sistemi di segnalamento Scmt, abbiamo fatto la copertura telefonica con una rete proprietaria, abbiamo attivato tutta la rete alta velocità che stava lì e languiva, c’è stata una grande intesa su queste attività. Però mi chiamo Michele Elia. Per me è imbarazzante sentire che Moretti è ancora il capo delle Ferrovie. Che faccio, lo chiamo ogni giorno per sapere che devo fare e la sera gli faccio il resoconto? Andiamo... Invece quando si diceva "Moretti tratta le Ferrovie come se fosse il padrone, una cosa sua", ho risposto che per me è positivo quando uno fa così, perché se la tratta come una cosa sua, sta difendendo quella società a spada tratta.
Ci ha appena detto che è favorevole al progetto di quotazione in Borsa dell’intero gruppo, ed era l’idea di Moretti, ha preso il piano industriale di Moretti, impacchettato, già approvato dal Cda e quello è rimasto, è contrario all’unbundling. C’è qualcosa in cui lei si vuole distinguere da Moretti?
Quello che ha fatto Moretti, l’ha fatto con noi. I progetti sono quelli. L’alta velocità prosegue? Sì. Il traffico regionale lo miglioriamo? Sì. Velocizziamo le relazioni fra città? Sì. Il traffico merci lo vogliamo cambiare? Sì. Sto chiedendo a tutti di fare un catalogo degli orari merci proprio per fare un salto anche lì.
Le Ferrovie di Elia, rispetto a questo progetto, hanno qualche momento di scostamento, di rilancio?
Che devo dire? Voglio sfruttare il materiale nuovo per velocizzare queste relazioni, l’ho detto. Voglio mettere tutto l’impegno possibile per chiudere la Bari-Napoli e mettere a posto la Sicilia.
In effetti lo sblocca-Italia dà a lei i poteri di commissario su Napoli-Bari e Catania-Messina: lì avrà un bell’impegno.
Ai ministri ho detto: si può usare la formula del commissario, però nominiamo un commissario che abbia anche gli strumenti operativi, cioè che abbia un ufficio progettazione, un ufficio direzione lavori, non un commissario avulso dalla realtà. Noi abbiamo tutto. Abbiamo Rfi che è il committente e Italferr che è realizzatore del progetto. E aver detto che il commissario è l’amministratore delegato di Fs dà una supervisione con l’utilizzo di due società completamente partecipate da Fs.
Che cosa vuole fare da grande?
Dentro Roma ci sono circa 250 km di binari del raccordo anulare, quando la metropolitana è lunga 40 chilometri. Quelle aree metropolitane sono un fatto da aggredire in maniera veramente forte. Oggi stiamo cercando di farlo tecnologicamente per migliorare le condizioni attuali, cerchiamo di semplificare pure le stazioni per ridurre il numero di scambi. Sapete che solo a Roma Termini ci sono 320 scambi? Immaginate cosa significhi in termini manutentivi. I nodi sono il tema più importante, rispondere alle esigenze del traffico pendolare, mettere a posto questa roba sarebbe già una cosa molto importante.
Che vuol dire mettere a posto?
Creare le condizioni per cui puoi aumentare capacità, puoi gestire meglio l’arrivo dei treni nelle grandi aree metropolitane. Oggi tutta la concentrazione di questi treni avviene tre le 7 e le 8. Basterebbe anche cambiare di un quarto d’ora o di mezz’ora l’orario, non so, dell’università, degli ospedali, per poter diluire e alleggerire. Non è un intervento solo infrastrutturale o impiantistico, ma organizzativo.
Non è esattamente quello che in qualche modo sta chiedendo il Comune di Roma?
Sì, glielo abbiamo detto già dall’anno scorso.
Però loro adesso sostengono che c’è un momento di blocco su questa discussione, con il cambio di Moretti.
Se è un modo per dire "muoviti", va bene.
L’assessore ai Trasporti di Roma Improta sul nostro giornale ha esattamente portato all’attenzione questo tema: addirittura proponeva di fare una società mista tra le società del Comune, le società dei trasporti dell’hinterland e una società o una divisione regionale delle Ferrovie, per mettere a fattor comune le strutture con l’obiettivo principale di ridurre il traffico su gomma e trasformare le linee regionali ferroviarie in qualcosa che è molto simile a una tratta metropolitana.
Ne stiamo parlando. Stiamo chiedendo alla Regione quello che noi chiamiamo accordo-quadro, che stabilisce quelle che sono le richieste del governo locale e centrale, quante tracce vogliono da Tivoli a Roma e il numero di tutti gli slot nel nodo. Questo consente anche di pianificare, se dicono che oggi ne vogliono otto e l’anno prossimo dieci su quella relazione. So quali interventi infrastrutturali devo fare e quali servizi. Con molte regioni lo abbiamo fatto. Tutto questo costringe i governi locali a definire esattamente quali sono le esigenze del futuro, perché io non le so.
Questo vostro piano di investimenti quanto vale per il Pil italiano?
Nel piano industriale 2014-2017 abbiamo programmato investimenti per 25 miliardi, oltre 6 miliardi l’anno. Di questi 9 sono in totale autofinanziamento, 6 per Trenitalia, tre per Rfi. Anche con lo sblocca-Italia stanno arrivando fondi per l’alta velocità Torino-Venezia, il Brennero, il terzo valico. Sono quasi mezzo punto del Pil italiano con i soli investimenti, che diventano quasi un punto, fra 0,8% e 1%, se consideriamo anche l’attività di trasporto e di servizio che svolgiamo e l’indotto che attiviamo.
Due domande sul nodo di Milano. La prima: uno dei problemi a Milano è il collegamento da Centrale a Garibaldi, dove oltre ai treni pendolari ci sono adesso anche i treni ad alta velocità Roma-Torino, ci sono i collegamenti per Malpensa, ecc. Nel vostro piano infrastrutturale sui nodi che ha citato c’è qualcosa su questo?
Stiamo lavorando su tutta la Torino-Padova su cui stiamo mettendo un impianto tecnologico che gestirà l’intera linea, quindi anche il nodo di Milano, per migliorare i collegamenti, aumentarne la capacità, favorire l’integrazione fra linea Av e rete convenzionale. Un investimento da 450 milioni. Oggi noi non vogliamo toccare il passante di Milano con i treni ad alta velocità.
La seconda domanda su Milano si riferisce all’accordo che avete annunciato a fine agosto con il ministero per portare l’alta velocità in aeroporto. Voi avete fatto le sperimentazioni negli anni scorsi portando il Frecciarossa a Malpensa che sono durate poco perché i treni viaggiavano praticamente vuoti. Ho visto nelle slide che avete presentato che ci sarebbe un guadagno di cinque minuti da Milano a Malpensa: basterebbe a richiamare più passeggeri o è un servizio destinato comunque a rimanere non economico?
Il vero problema dei collegamenti con l’aeroporto non è il tempo di percorrenza, che nella mezz’ora è comunque accettabile, quanto la frequenza. Uno che arriva in aeroporto deve trovare il treno pronto: se deve aspettare il Frecciarossa o uno di quelli che partirà fra un’ora, prenderà altri mezzi. Il vincente anche sulla nostra alta velocità è la frequenza, un treno ogni quarto d’ora per Bologna o Firenze. C’è poi l’aspetto infrastrutturale: il Frecciarossa lo abbiamo portato anche su una linea delle Ferrovie Nord, perché il percorso non era tutto sulla nostra rete. Si dovrebbero unificare anche le infrastrutture, sono altri duemila chilometri in Italia di rete in concessione diversa da Rfi. Diversamente bisogna fare certe scelte di servizio e di investimento infrastrutturale perché, per come è stata progettata allora, oggi l’Alta velocità dista in linea d’aria 20-30 chilometri da Malpensa. Comunque siamo d’accordo con il ministro Lupi che a fine dicembre porteremo un progetto per i tre aeroporti, Milano, Roma e Venezia, in tre step: primo, migliorare i servizi attuali in termini gestionali e organizzativi; secondo, migliorare anche infrastrutturalmente il collegamento con Milano Centrale e Rho Fiera, capire dove possiamo portarli; terzo, lo step infrastrutturale complesso che dovrebbe, secondo l’idea del ministro e di tutti, portare un collegamento passante da Malpensa, senza fare inversione di marcia, perché significherebbe complicare la gestione di questi servizi. Dei tre aeroporti, quello che si presta di più a ricevere una linea nuova è Venezia che non ha collegamenti. Fiumicino è la stessa cosa. Si trova nelle stesse condizioni. Quindi abbiamo detto: non molliamo il progetto futuro di portare l’alta velocità, tra virgolette, perché poi bisognerà vedere qual è la velocità.
L’Italia di oggi sta meglio o peggio dell’Italia dell’anno scorso?
Ferroviariamente?
No, il Paese. Lei è il capo di una delle più grandi aziende di questo Paese. Che cosa manca a questo Paese per farlo ripartire?
Gli interventi nelle infrastrutture in tempi brevi, secondo me. Noi abbiamo diversi soldi fermi e quindi anche la logica del commissario può essere una soluzione.
Privilegiando le opere in corso...
Privilegiando le opere in corso. Ma noi ne abbiamo diverse in corso, contabilizziamo quasi tre miliardi l’anno, cioè lavori fatti e pagati. Qualche anno fa quando era in corso l’Av si arrivava a 6 miliardi, ma comunque già l’anno prossimo con i lotti costruttivi ulteriori si dovrebbe arrivare a 4 miliardi di contabilizzazione. Poi per la Napoli-Bari e il primo tratto della Catania Catenanuova-Raddusa, perché stiamo cercando di impostare le cose in modo che i primi contratti partano entro ottobre-novembre 2015. Il problema è che da un progetto preliminare approvato fino al cantiere operativo passano quattro anni con i tempi nostri. Allora noi cerchiamo di ridurre i tempi di approvazione, non le regole, il codice degli appalti non lo tocchiamo.
Lei che è uno dei più grandi investitori italiani e ha in mano qualcosa di veramente decisivo per il presente e il futuro, ha la percezione che questo Paese si possa rimettere in moto? Ce la farete a fare queste opere? Sta cambiando qualcosa nella burocrazia italiana, nel rapporto tra chi deve fare opere pubbliche e chi ha responsabilità regolamentari, amministrative, di giustizia?
Io sono fiducioso perché quello che abbiamo realizzato nel passato con l’attivazione dell’alta velocità era impensabile.
Voi siete legittimati.
Sì, ma insisto: oggi ci sono troppi riferimenti, troppa frammentazione. Mi ricordo un verbale di accordo per l’esecuzione di un lavoro con 60 firme, ce l’ho ancora. Con 60 firme è chiaro che non ne esci perché significa 60 persone, 60 uffici, 60 procedure. Troppi riferimenti, questo è il problema: se fossero concentrati in un numero ridotto si sarebbe avvantaggiati. La figura del commissario alla fine cerca di fare una sintesi, ma avrà gli stessi obblighi, cercherà di fare, di spingere di dire va bene, decido comunque. Noi ci crediamo, nelle infrastrutture. Anche l’anno scorso c’erano soldi da spendere in Europa, ho detto "dateli a noi che li spendiamo". Li abbiamo appaltati tutti.
Il presidente del Consiglio ogni giorno dice che Juncker deve attivare 300 miliardi. Ma ci sono due culture: da una parte i francesi e dall’altra i tedeschi che parlano di attivare soprattutto investimenti privati. Noi in Italia abbiamo una macchina pubblica, una macchina dello Stato che consenta di sfruttare questa opportunità?
Se lo strumento è Fs per queste cose, per realizzarlo sì, però bisognerebbe...
Diciamo cosa serve. Perché i fondi Ue sono fondamentali e ora hanno fatto un’Agenzia. Se abbiamo queste risorse e non siamo in grado di spenderle, come la storia ha dimostrato finora, allora non c’è da sperare bene. Da uno che guida un’azienda che ha fatto l’alta velocità, che ha un piano di investimenti pazzesco, che vuol fare il suo, bisogna capire cosa chiederebbe a chi ci governa per poter fare.
Le semplificazioni dobbiamo fare. Senza toccare la trasparenza e la parte appalti, che è la parte più delicata, ma l’altra, quella amministrativa e autorizzativa. Il commissario può essere un segnale, può essere anche la soluzione, non voglio dire che sto prendendo le distanze dal mio ruolo, anzi ce la metterò tutta, però quella è una partita da risolvere...
Circola una brutta battuta: facciamo commissario Elia, così se non ci riesce lui, nessuno ce la fa. Un modo per metterla con le spalle al muro?
Quando abbiamo messo prima in sicurezza tutta la rete, poi l’alta velocità, non ci credeva nessuno che ce l’avremmo fatta. Invece ce l’abbiamo fatta. Quindi, la determinazione. A Moretti ho sempre detto: per quei progetti occorre un babbo, cioè uno che prenda a cuore la faccenda. Quindi se mi mettono spalle al muro per questa roba, ma sono il babbo della situazione, mi sentirò due volte responsabile, non una sola. La soluzione di questi problemi è nella condivisione, ma anche nella leadership.
Se Lei riesce a fare la Napoli-Bari, realizza la profezia di Cavour. Cavour disse che avrebbe unito l’Italia e che avrebbe unito Napoli e Bari con un treno veloce. Sono passati appena 150 anni.
Se dopo un secolo e mezzo si realizza la profezia di Cavour, non è cosa da poco. Abbiamo previsto in lavoro di poter già inserire dei fondi Ue perché contiamo di ultimare certe quantità di lavori, in modo tale da avere finanziati ulteriori lotti su quel tratto.
Lei diceva prima che siete creditori delle Regioni per una cifra molto importante. Nel rapporto inverso, cioè come voi pagate le aziende che lavorano per voi, in che situazione siete?
I pagamenti di Ferrovie sono sicuri.
Sicuri. I tempi?
Non è sempre detto. Ogni volta che noi prendiamo un impegno la copertura c’è. La cassa potrebbe in certi momenti mancare: il miliardo che dobbiamo avere dalle Regioni per esempio è cassa. Abbiamo ritardi, slittamenti, però paghiamo sempre. La certezza del finanziamento c’è.
Oltre a essere ingegnere, Lei è anche una persona proprio del fare. Abbiamo cercato anche di snidarla dal fare, ma è rimasto sul fare perché è quello su cui vuole misurarsi. Questo ci piace molto. Di recente sono stato a trovare Gabriele Pescatore, 94 anni, lui l’Italia l’ha fatta davvero, con le strade, con le opere. In molti gli vanno a chiedere ancora consigli e pareri. Mi ha sempre detto: è vero che noi siamo stati molto bravi e ci prendevamo le nostre responsabilità, però noi sapevamo anche che quando avevamo deciso partivamo e non ci interrompevano. Qui oggi tutti hanno paura di prendere una decisione e mettere una firma. Questo è il tema vero di oggi. Uno che deve mettere tante firme come Lei, questa paura ce l’ha o non ce l’ha?
Il mio avvocato, perché ho avuto qualche disavventura per problemi di esercizio ferroviario, lì c’è un groviglio di norme, ma ne sono sempre uscito bene, mi disse una volta: lei per i trent’anni successivi a questi darà lavoro agli avvocati, per tutte le firme che ha messo.
Le consiglierei una polizza.
Sì, le abbiamo, un po’ di polizze, ma io dormo tranquillo comunque, perché so che le cose che ho fatto, le ho fatte con quell’attenzione che bisognava avere. Abbiamo tutti i sistemi certificati CIL 4, che è un livello quasi nucleare per le ferrovie. Abbiamo messo in piedi tutto un meccanismo. Poi, l’imponderabile accade sempre, perché tu devi pensare anche a quello cui non hai pensato. Si fanno le analisi del rischio delle varie situazioni, si fa tutto. Però può capitare sempre qualcosa. L’importante è dire: ho fatto tutto quello che potevo fare. Per esempio per i passaggi a livello avevamo detto al ministero: sovvenzioniamo noi, a tutti gli incroci con le strade ci mettiamo le bande rumorose o i dossi, paghiamo noi, poi l’Anas farà la manutenzione, così impedisci quell’evento che quando uno vede la sbarra chiudersi, si mette a correre, convinto di passare, e poi magari non ce la fa.
Non crede quindi che una delle attenzioni maggiori che debba avere Renzi o chiunque ci governasse sia proprio garantire alla macchina dello Stato uomini con idee nuove e capaci? Con nuove idee perché bisogna superare questo coacervo di regole e, sotto questo livello epidermico, la corruzione e la mancanza di opere. Ma anche una squadra di uomini capaci che operi dentro la macchina dello Stato, semplificandola, collegandola all’Europa. Lei ne fa già parte, operando nelle Fs: cosa ne pensa?
Sono perfettamente d’accordo. Difatti, Lupi mi disse l’altro giorno: stiamo puntando su Ferrovie. È un bel riconoscimento. Ma devo dire che anche quell’altra partita di fare da supporto all’amministrazione pubblica è necessaria.
Se lo dice Lei che è un uomo d’affari, vuol dire che è un segnale: occupiamoci di questa cosa, perché noi camminiamo, camminiamo, ma poi ci sarà sempre qualcuno che resta indietro.
La stessa velocità. Dovremmo avere la stessa velocità.
Giorgio Santilli, Il Sole 24 Ore 23/9/2014