Federico Rampini, la Repubblica 23/9/2014, 23 settembre 2014
ROCKEFELLER, ADDIO AL PETROLIO STOP A TUTTI GLI INVESTIMENTI “SCELTA ECONOMICA E MORALE”
NEW YORK
È il jackpot per il movimento ambientalista: converte al boicottaggio delle energie fossili proprio la famiglia Rockefeller. Cioè il nome più altisonante del capitalismo americano, la cui fortuna è storicamente legata al colosso petrolifero Exxon. La notizia ufficiale è stata data ieri a New York subito dopo la manifestazione oceanica (300 mila persone a Central Park) organizzata dagli ambientalisti, e alla vigilia del vertice Onu che oggi rilancia l’allarme sul cambiamento climatico. A decidere il sabotaggio finanziario sono gli eredi della dinastia più celebre nella storia del business mondiale. Alla testa di una fondazione filantropica da 860 milioni di dollari, i Rockefeller aderiscono al movimento di boicottaggio lanciato da diverse associazioni studentesche nei campus delle università americane, e che sta raccogliendo adesioni davvero insperate.
I Rockefeller “dis-investono” i propri fondi da qualsiasi società che operi nel settore delle energie fossili (petrolio, gas, carbone, o derivati). Il clamore suscitato da questo annuncio si capisce ricordando le origini di questa famiglia. Il capostipite John D. Rockefeller 140 anni fa costruì la più vasta ricchezza d’America a partire dalla Standard Oil, poi ribattezzata Esso. Contro l’eccessivo potere monopolistico di quel colosso furono avviate diverse azioni antitrust, dallo smembramento nacquero Exxon, Mobil, Amoco e Chevron. La famiglia Rockefeller, che fu anche fondatrice e azionista della banca Chase Manhattan, mantenne a lungo delle partecipazioni azionarie in tutte le “sorelle petrolifere” nate dallo spezzatino.
Tuttora i Rockefeller hanno una quota del capitale di Exxon (non più maggioritaria: la società è una public company ed è troppo grande per avere un azionista di controllo) e hanno annunciato che useranno tutti gli strumenti del cosiddetto “attivismo azionario” perché si riconverta alle energie rinnovabili. Intanto, per il fondo di dotazione del loro braccio filantropico, il Rockefeller Brothers Fund, è iniziata l’operazione di dismissione di qualsiasi portafoglio azionario legato alle energie fossili. I Rockefeller restano un simbolo potente dell’establishment capitalistico Usa. La loro sede societaria si trova ancora nel monumentale Rockefeller Center sulla Quinta Strada di Manhattan. Tra gli antenati celebri ci sono anche i politici, come il repubblicano Nelson Rockefeller che fu vicepresidente con Gerald Ford, e governatore dello Stato di New York.
Il gesto dei Rockefeller non è isolato. Da quando è partito il movimento di boicottaggio azionario, vi hanno aderito 180 istituzioni fra cui alcuni grandi fondi pensione. «Per noi questa scelta ha una dimensione morale ed economica», ha detto Steven Rockefeller, che è uno degli amministratori del fondo di famiglia. I Rockefeller sono convinti che le compagnie petrolifere commettono un errore strategico continuando a puntare sulle energie fossili. Al tempo stesso non si fanno illusioni che il dis-investimento abbia un impatto finanziario immediato e dissuasivo: le aziende energetiche hanno capitalizzazioni di Borsa immense e gli azionisti disposti a comprare i loro titoli non mancano. E tuttavia i promotori di questo boicottaggio finanziario guardano al precedente della campagna anti-apartheid, che isolando il Sudafrica aiutò la vittoria di Nelson Mandela.
Paradossalmente, questa battaglia iniziata nei campus universitari ha trovato tra i suoi avversari più tenaci proprio alcuni amministratori degli atenei. Il caso più controverso è Harvard, dove la presidente Drew Gilpin Faust si rifiuta di vendere le azioni petrolifere possedute dal fondo di dotazione (un tesoro di 33 miliardi di dollari), sostenendo che «quel fondo è la risorsa che fa vivere Harvard, non è uno strumento per forzare cambiamenti politici». All’estremo opposto, la rivale californiana Stanford pur avendo reputazione più conservatrice (è la roccaforte di docenti repubblicani come Condoleezza Rice) ha annunciato la vendita delle sue partecipazioni azionarie nel business del carbone. A metà strada Yale che non ha ancora deciso. Il movimento del boicottaggio finanziario è nato nei campus anche come una risposta di “supplenza” della società civile di fronte allo stallo politico sui temi dell’ambiente. In queste ore New York è il grande palcoscenico su cui si gioca la contraddizione tra un’opinione pubblica più avvertita, e l’indecisione dei governi. La marcia di Central Park ha oltrepassato le aspettative più ottimiste per la vasta adesione. Il sindaco Bill de Blasio ha colto l’occasione per annunciare nuove regole di risparmio energetico negli immobili di New York. Oggi la parola passa ai potenti della terra convocati qui dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. È il primo vertice dopo quello di Copenhagen del 2009, fallito miseramente per i veti incrociati di Cina e India. Ai quali si è aggiunto, all’interno degli Stati Uniti, l’ostruzionismo repubblicano al Congresso contro nuovi limiti alle emissioni di CO2.
Federico Rampini, la Repubblica 23/9/2014