Federica Angeli, la Repubblica 23/9/2014, 23 settembre 2014
BUS ASSALITI, RONDE ANTI NERI NELLA BANLIEUE DI ROMA IN GUERRA CON GLI IMMIGRATI
ROMA.
«Qui i neri non li vogliamo: devono andare via». Due autobus che corrono nella landa della periferia romana accerchiati da una quarantina di immigrati. Sassi e bottiglie che volano, finestrini in frantumi, autiste terrorizzate alla guida che cercano di sfuggire all’assedio. Ed ora qui a Corcolle, a est di Roma, è rivolta. «Abbiamo già cominciato domenica sera e continueremo a oltranza a fare ronde nel nostro quartiere: gli immigrati non devono più girare per le nostre strade». Alle 18 scatta il coprifuoco per i profughi: nessuno di loro può lasciare il centro che li ospita. E alle 20 in cento sfilano per le strade al grido di «qui gli immigrati non li vogliamo». Sono gli stessi che domenica notte sono scesi a manifestare contro gli extracomunitari della zona dopo aver saputo dei due assalti ai bus. «Non ce la facciamo più — sostiene Rita Cavi — non è questione di razzismo, ma non si può più scendere in strada: i marciapiedi sono occupati da gruppi di extracomunitari che bivaccano».
Nella periferia più grande della capitale — 1.700 strade che si intrecciano a cavallo del Grande raccordo anulare — la rabbia degli «onesti» (così si definiscono) è esplosa con una inaspettata violenza. «Non siamo razzisti », spiegano più volte, ma soltanto «cittadini stanchi che si trascinano la rabbia di chi non riceve risposte concrete dalle istituzioni, di chi ha subìto per anni senza mai vedere soluzioni ». Le due aggressioni in due giorni contro autobus dell’Atac guidate da donne sono state la miccia che ha fatto esplodere una bomba a orologeria. Sabato sera lungo l’arteria principale di Corcolle, via Polense, alla guida del bus 042, Elisa De Bianchi, 32 anni, è stata accerchiata da «quaranta immigrati di colore — racconta — che volevano salire alla fermata. Non ho aperto le porte, ho avuto paura, e loro hanno spaccato un vetro della vettura lanciando una bottiglia di birra. Al ritorno mi hanno aspettato, accerchiato di nuovo, insultata e minacciata di morte». Stessa scena domenica quando, spiega un’altra autista, Federica Galesso «in via Formignano alcuni stranieri hanno lanciato sassi contro il bus della linea 508». E quando in serata si è sparsa la voce del secondo assalto, alcuni residenti sono scesi in strada e hanno dato vita a una ronda contro gli immigrati picchiando tre extracomunitari scesi da un bus. Due sono riusciti a fuggire.
Il tempo delle parole sembra ormai essere finito in quel pezzo di città dove, a detta di chi ci vive, finisce tutto quello che Roma rifiuta. Ma è davvero così drammatica la vita di questa periferia? «Qui la situazione è esasperata — spiega il presidente del VI municipio, Marco Scipioni — c’è un allarme sociale che resta inascoltato. È assolutamente necessario allontanare gli immigrati dal nostro municipio: il 50% dei rifugiati ospitati a Roma, ovvero circa 2000 persone, si trova nel nostro municipio gravato già dal campo nomadi più grande della città e da altri campi abusivi. Ho segnalato la cosa più volte 2-3 mesi fa al Campidoglio ma non ho ricevuto alcuna risposta ». L’ostilità cresce di ora in ora tanto che se si prova a parlare con gli immigrati — una quarantina di stranieri arrivati dal Maghreb e dal Ghana 5 giorni fa — ospitati in una palazzina di via Novafeltria, ad aprire il cancello sono tre stranieri che indossano maglie con scritto “Security”. Non vogliono parlare di quanto accaduto due giorni fa. «Ci è stato chiesto, per motivi di ordine pubblico e in attesa di nuove indicazioni da parte della Prefettura di tenere i migranti all’interno del centro perché sarebbe rischioso farli uscire in questo momento », fa sapere Paolo Berti, coordinatore dell’area asilo e immigrazione Cara. Uno di loro però, a cancelli chiusi, si avvicina alla rete e spiega che nel quartiere non li accettano e che gli autisti dell’Atac quando li vedono alle fermate non si fermano e tirano dritto. Appena 5 giorni fa il presidente del comitato di quartiere Danilo Proietti era stato lì per chiedere ai nuovi arrivati se volessero contribuire insieme ai cittadini a pulire assieme i giardini del quartiere. «Non deve passare l’idea che siamo razzisti, qui non faremo ronde».
Tuttavia il clima è tesissimo e lontano da logiche di convivenza pacifica. Si avvicina l’ora del tramonto. Il dirigente del commissariato Casilino, Francesco Zerilli, assicura che: «qui non ci sarà nessuna giustizia fai da te», tanto che volanti e gazzelle si alternano in turni di vigilanza 24 ore su 24 fuori dal palazzo di via Novafeltria. E alle 19 arrivano tre camionette blindate.
«Stiamo lavorando sugli ultimi due episodi, ma le assicuro che non abbiamo registrato alcuna impennata di denunce che vedono protagonisti questi profughi».
Ronde e rabbia sono dunque un pretesto di un clima di intolleranza razziale che sta inghiottendo la periferia? Se così fosse certo la politica — di destra — non stempera il clima. Al contrario gettato per tutto il giorno benzina sul fuoco con slogan quali «il limite della tollerabilità è stato ampiamente e definitivamente superato» (Giordano Tredicine, vice presidente dell’assemblea capitolina) e «basta buonismo, è arrivata l’ora di alzare la guardia» (Alemanno). Francesco Storace, capogruppo del La Destra in consiglio regionale, parla di rintracciare gli «appartenenti alla tribù che ha tentato il linciaggio», il leghista Mario Borghezio di «invasione di centri per immigrati a Corcolle» dove si dice «pronto a battersi al fianco dei cittadini». «Borghezio? Io qua non l’ho mai visto e mai lo vedrò. Per questo ci faremo giustizia da soli», dice Claudio D’Amato. A Corcolle non c’è più spazio neanche per il gioco delle parti.
Federica Angeli, la Repubblica 23/9/2014