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 2014  settembre 23 Martedì calendario

ESASPERATO DAI RITARDI DELLA POLITICA SUPER-MARIO PREPARA L’ARMA FINALE

BRUXELLES.
È un Mario Draghi particolarmente preoccupato ma anche particolarmente combattivo quello che ha preso la parola ieri davanti all’Europarlamento. Dal suo discorso, e dalle risposte che ha dato ai deputati, emergono tre messaggi molto chiari. Primo: la situazione economica è peggiore del previsto e si sta ulteriormente deteriorando. Secondo: la Bce è pronta a prendere tutte le misure necessarie per immettere liquidità sul mercato, comprese quelle «non convenzionali», ed anche ad aumentare la misura dei propri interventi fino al limite che sarà ritenuto necessario. Terzo: tutto questo non servirà a nulla, e comunque non potrà rilanciare la crescita, se i governi non faranno la loro parte varando le riforme necessarie, restituendo competitività alle imprese e, per quelli che hanno i necessari margini di bilancio come la Germania, stimolando la domanda interna.
Nessuno di questi messaggi è in sé una novità. Ciò che è cambiato ieri sono i toni particolarmente espliciti, che tradiscono una certa esasperazione per l’incapacità della politica di rispondere alle sfide della crisi. Il presidente della Bce lo aveva già detto nel suo discorso di Jackson Hole, in agosto. Lo aveva ribadito alla riunione informale dell’Ecofin a Milano, in settembre. Ieri è stato ancora più esplicito. «La nostra politica monetaria sarà efficace solo se saranno fatte alcune cose» da parte dei governi sul fronte delle riforme strutturali e dello stimolo all’economia. «La riforme fatte sono insufficienti. La crisi sarà davvero finita solo quando tornerà la fiducia dell’economia reale». Ma a questo concetto ne ha aggiunto un altro, ribadito con ancor più durezza: «Noi abbiamo il nostro mandato, i governi il loro. Non c’è una negoziazione». In altre parole: la Bce sta facendo tutto il necessario per quanto le compete. Ma tocca ai governi completare l’opera e, se non lo fanno, la Banca centrale non può e non vuole supplire alle loro carenze. Su questo punto, Draghi è stato particolarmente polemico. Ricordando come il suo intervento nel pieno della tempesta degli spread abbia riportato la calma sul mercato dei debiti sovrani, il presidente della Bce ha accusato senza mezzi termini alcuni governi di aver sprecato quel vantaggio. «Che fine hanno fatto gli immensi risparmi che i Paesi dell’area euro hanno potuto avere grazie alle misure prese dalla Bce?. Alcuni li hanno utilizzati per buoni fini, che negli anni daranno i loro frutti. In altri sono stati semplicemente usati per finanziare la spesa pubblica». Una critica manifestamente rivolta all’Italia, pur senza nominarla. Ma Draghi ieri se l’è presa anche con la Germania, anche questa mai citata esplicitamente. «I Paesi che invece hanno margini di bilancio dovrebbero seguire le raccomandazioni specifiche del Consiglio europeo che loro stessi hanno approvato». Un invito a Berlino a stimolare la domanda interna, come ha ripetutamente chiesto l’Europa. Ma un invito a cui ieri ha indirettamente risposto picche la cancelliera Merkel. La polemica con Berlino non si limita però agli impegni mancati della Cancelleria. Ancora più duro Draghi è stato rispondendo alle critiche della Bundesbank, secondo cui la politica monetaria espansiva di Francoforte rischia di creare bolle speculative. «Al momento non vediamo segnali di crescita della leva finanziaria e non vediamo neppure segnali particolari di eccessi sul fronte finanziario ». Un modo per dire che la Bce, nonostante le resistenze tedesche, intende andare avanti e «avvalersi di ulteriori strumenti non convenzionali nell’ambito del nostro mandato. Siamo pronti ad alterare la mole e la composizione del nostro intervento non convenzionale, se dovesse rendersi necessario a gestire ulteriormente i rischi di un periodo eccessivamente protratto di bassa inflazione». Dunque si procede con il finanziamento alle banche condizionato alla concessione di prestiti ai privati. Si procede da ottobre con la cartolarizzazione dei crediti bancari. E, se sarà necessario, si passerà al «quantitative easing» con l’acquisto diretto di titoli di debito sul mercato «senza negoziati con i governi».
Andrea Bonanni, la Repubblica 23/9/2014