varie, 23 settembre 2014
Cinema per Sette - In Cina sono pazzi per il cinema. Le previsioni indicano che l’anno potrebbe finire con un totale di 4,3 miliardi al botteghino
Cinema per Sette - In Cina sono pazzi per il cinema. Le previsioni indicano che l’anno potrebbe finire con un totale di 4,3 miliardi al botteghino. Rispetto all’anno scorso gli incassi sono saliti del 30% (negli Stati Uniti, invece, sono calati del 15%, ma ammontano a 10,8 miliardi). In Cina ci sono poco meno di 23mila schermi cinematografici, a cui se ne aggiungono circa 10 al giorno. Negli Usa gli schermi sono quasi 40mila. Nei cinema del gruppo cinese Wanda nel 2013 gli spettatori hanno acquistato 50 milioni di euro di pop-corn. Il popcorn, già citato negli scritti di Benjamin Franklin (1706-1790). Nei ricettari sta già dal 1853. Dopo la Guerra civile (1861-1865) uscì dai confini del New England. Con la nascita del cinema si diffuse ovunque. Venditori in crisi con l’avvento della tv (e il minor afflusso di spettatori nelle sale cinematografiche). Ma un’imponente campagna pubblicitaria, programmata nel 1952 in accordo con la Coca-Cola e la Morton Salt e costata quattro milioni di dollari, lo propose come rituale indispensabile delle serate davanti alla tv e fece impennare le vendite (quadruplicate dal 1947 al 1965). Il successo dei film di Hollywood in Oriente sta modificando anche le storie. L’anno scorso i cattivi di Red Dawn dovevano essere cinesi ma all’ultimo momento sono diventati nord-coreani. La stazione spaziale di Gravity era cinese. In Iron man 3 il cattivo interpretato da Ben Kingsley doveva chiamarsi «Mandarin» ma è diventato «Man Daren». Nell’ultimo Pirati dei Caraibi doveva esserci un cattivo cinse che è stato tagliato. E dopo che nel 1997 si era inimicato la Cina come protagonista di Sette anni in Tibet, Brad Pitt ha ritenuto che in World War Z, che ha prodotto, sarebbe stato meglio se l’origine dell’epidemia di zombie fosse stata non più cinese ma russa. Nel 2013 in Europa gli spettatori nelle sale cinematografiche sono stati 1.158,5 milioni, con un calo dell’1,8% rispetto ai 1.179,8 milioni del 2012. Ma mentre i 19 paesi dell’Europa occidentale registrano un calo superiore alla media del continente (-4,6%, passando da 881,7 milioni del 2012 a 840,8 del 2013), i 16 territori dell’Europa centrale e orientale e del bacino del Mediterraneo chiudono l’anno con un aumento di spettatori del 6,6%, totalizzando 317,7 milioni di biglietti venduti rispetto a 298,1 milioni del 2012. Nel 2013 i cinema italiani hanno avuto 105,7 milioni di spettatori (+5,59% rispetto all’anno precedente) e un incasso complessivo di 643,3 milioni di euro (+0,98%). Sole a catinelle, il film con Checco Zalone, si è confermato campione di incassi e di ingressi, con 8.562.244 spettatori. Nel 1955 record del cinema in Italia: 819 milioni 424mila biglietti staccati al botteghino. Le sale erano 15mila. Franz Kafka, solito andare ogni pomeriggio a vedere film con l’amico Max Brod. Siccome alla fine dell’800 a Praga non esistevano ancora le sale cinematografiche, le pellicole venivano proiettate nei saloni d’hotel o nelle osterie. Tra i film che giravano in quegli anni, Le comiche del gendarme assetato, La schiava bianca, Il furto della Gioconda, La trita cuori. «Il cinema è un’invenzione senza futuro», disse nel 1895 Antonio Lumière ai suoi due figli Auguste e Louis, che in quell’anno presentarono al pubblico la prima proiezione cinematografica. «Il cinema è stato assassinato fin dalla sua nascita» (Jean-Luc Godard). Secondo il regista Peter Greenaway il cinema è morto il 31 settembre 1983, con l’apparizione del telecomando. Il cinema più piccolo al mondo è il Dei Piccoli, nel parco romano di Villa Borghese. Negli anni Trenta lo mise in piedi Alfredo Annibali, che accompagnava al pianoforte la proiezione di film muti nelle sale cinematografiche di Trastevere. Annibali si era accorto che i bambini si divertivano molto a guardare i cartoni animati proiettati prima del film. Allora aveva fatto domanda alle autorità per costruire un padiglione di legno all’interno di Villa Borghese dedicato all’animazione per i bambini. Nel 1934 dal ministero della Cultura Popolare arrivò il permesso e così fu costruita e inaugurata La Casa di Topolino: un proiettore Pathé Baby 9,5 e una novantina di posti a sedere. In cinema restò chiuso durante gli anni della guerra. Nel 1980 la sala fu restaurata e adesso accoglie 63 poltroncine. Hollywood, Bollywood, Nollywood: le tre più grandi industrie cinematografiche del mondo (rispettivamente: statunitense, indiana, nigeriana). Filoteo Alberini (Orte 1867-Roma 1937), fotografo dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, nell’autunno del 1894 vide un kinetoscopio di Edison esposto in una vetrina e, non potendolo osservare dall’interno, decise di costruirne uno, migliorandone le funzionalità. Inventò così il kinetografo, «macchina per la presa, la stampa, la proiezione di pellicole», e ne portò subito il progetto all’Ufficio Brevetti. Nell’attesa della concessione, all’inizio del 1895 mostrò i suoi disegni ai fratelli Lumière, già noti per le loro ricerche nell’ambito della «fotografia animata». Il 13 febbraio i Lumière brevettarono il cinématographe. Alberini dovette aspettare fino all’11 novembre. Alberini, inventore anche della prima cinepresa amatoriale con caricamento in piena luce (1897) e obiettivo girevole. A lui si deve l’apertura, a Firenze, della prima sala cinematografica italiana: la Sala delle proiezioni fisse ed animate, in Piazza Vittorio Emanuele (oggi della Repubblica), dove mostrava le sue riprese documentarie di 60 secondi l’una. Ad Alberini, in società con Dante Santoni, aprì il “Primo Stabilimento Italiano di Manifattura Cinematografica Alberini & Santoni”. Qui girò il primo film a soggetto, La presa di Roma, alla cui proiezione assistettero, il 20 settembre 1905 e nei giorni successivi migliaia di persone. «Il cinema si è corrotto con il sonoro. Tutte le storie che si potevano raccontare le aveva già raccontate il cinema muto. Il sonoro, il colore, gli effetti speciali sono ricamini» (Mario Monicelli). La presa di Roma, «grande ricostruzione storica in sette quadri», lungo 250 metri (contro i 40/60 tradizionali), costo per i cinema: 500 lire (a quei tempi i film non si noleggiano, si comprano le pizze e l’esercente ne fa quello che vuole. Anche tagliarle, a volte). Regia e fotografia: Filoteo Alberini. Si vedeva l’abboccamento al ponte Milvio del generale Carchidio con gli emissari papalini, il rifiuto del generale pontificio Kanzler di arrendersi, l’arrivo dei bersaglieri italiani sul campo di battaglia, l’ultima cannonata che apre la breccia di Porta Pia, l’assalto dei bersaglieri, la bandiera bianca che per ordine di Pio IX si alza su San Pietro. Sono rimasti solo 75 metri di pellicola, per quattro minuti di proiezione. La volta che Prince noleggiò un cinema per vedere Francesca Dellera nel film La carne di Ferreri. A Londra chi non tollera il vicino di poltrona al cinema può affittare una sala tutta per sé. Nella capitale inglese, infatti, alcuni alberghi hanno screening room private. Per esempio il Covent Garden Hotel, dove gli spettatori possono gustare anche stuzzichini e champagne. Costa 240 sterline l’ora (bisogna affittarlo per almeno due ore). A Berlino ovest c’è l’Astor Film Lounge, prima boutique cinematografica del Paese: 250 posti, parcheggio privato, drink nel foyer retrò, sala a conchiglia, champagne e finger food, camerieri ovunque, 17 euro solo l’ingresso. I cinema americani, per cercare di attrarre clienti, si stanno attrezzando con poltrone completamente reclinabili. Nei 37 teatri Amc già equipaggiati con le nuove confortevoli sedute, il pubblico è aumentato in media dell’80% e gli incassi sono saliti del 60% nei primi 3 mesi di quest’anno. Altre sale usano diverse strategie: vendono pollo fritto e «mozzarella sticks». Gianni Amelio, vedendo un film western, domandò alla nonna, con la quale andava al cinema ogni domenica, come mai i cowboy sapessero l’italiano «meglio di noi che stavamo a Catanzaro»: «Lei tagliò corto con saggezza: “Gli americani sanno tutto”». Quando Ennio Morricone e Sergio Leone andarono al cinema a vedere Per un pugno di dollari, uscirono e si dissero «Che brutto!». Fare cinema, secondo Paolo Sorrentino, «non è un lavoro da persone intelligenti: è da topi di biblioteca». «Ho una concezione popolare del cinema, mi piace l’idea che la gente si raduni in una sala buia, come in una chiesa per ascoltare un discorso che deve essere chiaro e avvincente. Faccio film per affascinare e stregare, non per educare. I sentimenti, le relazioni umane non interessano a tutti? I film si fanno col talento e la modestia» (François Truffaut). «Il cinema è un’arte minore applicata all’industria» (Mario Monicelli). Il Salon indien del Grand Café, al Boulevard des Capucines a Parigi. Lì Auguste e Louis Lumière presentarono, il 28 dicembre 1895, uno spettacolo dal titolo Le cinématographe Lumière. Trentatré spettatori paganti poterono vedere proiettati su teli gli operai della fabbrica Lumière di Lione che uscivano alla fine di una giornata di lavoro. Le prime sale cinematografiche erano itineranti. Per esempio il Kinesiorama, con 1.500 posti a sedere, o il cinema Kétorza con i suoi mille posti, richiedevano per il trasferimento oltre dieci vagoni ferroviari. I nickelodeon, le piccole sale urbane che presero il nome dal costo del biglietto (cinque centesimi di dollaro, cioè un nichelino). Non più di 200 posti. Il programma durava meno di mezz’ora: in media, in una giornata, le proiezioni erano una ventina, per un totale di tre-quattromila biglietti. Nel 1907 almeno due milioni di americani, di cui un terzo ragazzi, assistevano ogni giorno a questo genere di spettacoli. Un’inchiesta del 1908 rivelò che il pubblico era composto per il 78% da lavoratori. Nel 1913 negli Stati Uniti si potevano contare più di 13.000 sale. Circa cinque miliardi di biglietti venduti ogni anno. La prima sala con più di mille posti, il Columbia, fu aperta a Detroit nel 1911. «Ci sono stati anni in cui il cinema è stato per me il mondo» (Italo Calvino). Il primo film visto al cinema da Ingmar Bergman: «Stavamo seduti nella prima fila della galleria. Per me fu l’inizio. Fui assalito da una febbre da cui non guarii mai più. Le ombre silenziose volgono verso di me i loro volti pallidi e parlano con voci inaudibili ai miei più segreti sentimenti. Sono passati sessant’anni, non è cambiato nulla, è la stessa febbre». «Erano cinéphiles. Si incontravano senza essersi dati appuntamento alla Cinémathèque, al Passy, al Napoléon, o in quei piccoli cinema di quartiere, quelle sale senza grazia, mal attrezzate, che sembravano essere frequentate solo da una clientela di disoccupati, di algerini, di vecchi non cresciuti, e di cinéphiles, sale che programmavano in infami versioni doppiate i capolavori sconosciuti di cui si ricordavano dall’età di quindici anni, o quei film ritenuti geniali di cui avevano la lista in testa, e che da anni tentavano disperatamente di vedere» (Georges Perec, Les choses).