Paolo Isotta, Corriere della Sera 23/9/2014, 23 settembre 2014
L’OMBRA DI LUTERO, FANTASMA TEDESCO
La copertina del nuovo romanzo di Pietrangelo Buttafuoco, la migliore opera narrativa di questo scrittore (I cinque funerali della signora Göring, Mondadori, pagine 177, e 18, oggi in libreria), è una foto raffigurante una giovane, bellissima donna seduta al fianco di Adolfo Hitler. Si tratta dell’attrice Inga Ley, protagonista del film L’amore al tempo degli Dei, nato dal libro del 1939 di Fanny von Wilamowitz-Moellendorff Carin Göring: che fu un tal successo letterario sotto il nazionalsocialismo da esser secondo solo a Mein Kampf («La mia battaglia») dello stesso Führer. Fanny nasceva von Fock da una nobile famiglia svedese: era una delle tre sorelle di Carin, la sposa di Hermann Göring.
Hermann, capitano, era stato un eroe aviatore della Prima guerra mondiale nella quale aveva fatto parte della squadriglia del Barone Rosso. Ma nel torbido e terribile dopoguerra s’era dovuto rassegnare a fare il pilota di aerei merci o da noleggio. Nel febbraio del 1920 approda a Rockelstad in Svezia con un carico: è il castello della famiglia Fock ove risiede anche il colonnello von Kantzow che ha sposato Alexina, destinata a essere immortalata siccome Carin; e lei fugge il giorno dopo sullo stesso aereo di lui, abbandonando anche il figlio Thomas.
Buttafuoco narra una storia d’amore meravigliosa e atroce. Carin è tisica e non vivrà che undici anni; Hermann la adora ed ella accetta e condivide l’amore essendo sempre la parte cercata e inseguita. Eppure lo stoicismo e la dedizione di questa creatura femminile sono immensi: dal 1923 Göring, che l’aveva ricevuta per lenire i terribili dolori d’una ferita alla coscia riportata durante il fallito colpo di Stato monacense, è dipendente dalla morfina: la droga diventerà la principale ragione di vita dello sventurato insieme colla politica. Buttafuoco scrive pagine di céliniana altezza, ma, come l’intero libro, rigorosamente sostenute dai documenti, sui ricoveri in clinica psichiatrica dell’obeso gigante, sulle sue allucinazioni, le sue escandescenze.
Carin avrebbe dovuto esser curata a fondo. Accettò una vita di miseria e di strapazzi fintantoché il suo Hermann non raggiunse, troppo tardi, la ricchezza e la gloria. Gloria posticcia: sebbene al suo matrimonio e poi al suo funerale fosse presente Goebbels, Hitler, che voleva a lei un bene profondo, disprezzava Göring tanto da dare, nel bunker della Cancelleria, l’ordine, non eseguito, d’impiccarlo dopo la sua morte. Ma Carin divenne pel popolo l’immagine ideale della donna nazionalsocialista entrando nella leggenda.
Venne tumulata a Rockelstad ma subito dopo trasportata dal marito nella tenuta di Carinhall. Questa venne fatta distruggere da lui stesso il 2 febbraio 1945 nell’imminenza dell’arrivo dei Sovietici: e sepolta in luogo segretissimo. La vicenda del rinvenimento da parte dell’attendente di Göring e dei disperati, ma coronati dal successo, tentativi per ricondurre le spoglie mortali di Carin in Svezia, è la parte più romanzesca del romanzo: persone eroiche sfidarono la morte, alcune affrontandola, per far giungere nel desiderato porto quelle spoglie.
E qui l’ammirazione per chi andò a morte per assolvere il compito si mescola a un interrogativo che in un cattolico non può non nascere. Pagani o presunti induisti, costoro, a partire da Göring, erano affetti da un singolare materialismo: le ossa non sono che vanitas vanitatum ; e un romano non ancor cristiano pensava lo stesso.
Uno dei fantasmi eterni della Germania, specie a partire dall’Ottocento in ambito anche estetico ma risalente a colui che distrusse l’unità dello spirito europeo, Martin Lutero, è il suo odio per la romanità; portando il quale il nazionalsocialismo, che senza ne sarebbe stato temperato, fu la cosa atroce che fu. Buttafuoco, ch’è sicano, e dunque greco e romano, ce lo insegna in una prosa appassionante perché limpida e asciutta.