Ugo Bertone, Libero 23/9/2014, 23 settembre 2014
DRAGHI È STUFO DEI NO TEDESCHI
La congiuntura economica non si riprende. Anzi, la congiuntura, avverte Mario Draghi, resta più debole del previsto. E non facciamoci illusioni: il successo delle misure della Bce dipenderà dalle riforme che non sono più rinviabili.
Intanto, dal Financial Times uno dei columnist più noti, Wolfgang Munchau, già tifoso di Matteo Renzi e da sempre critico feroce di Angela Merkel, si spinge a dire che «il peso del debito italiano è ormai un problema per tutti noi». A sorpresa, infine, l’indice della fiducia dell’eurozona ha registrato una nuova, inattesa caduta. Insomma, un inizio di settimana difficile per le Borse, ma non solo.
Mario Draghi si è presentato a muso duro davanti alla commissione del Parlamento europeo per difendere la politica espansiva della Bce. Il vero avversario, però, non sedeva in aula bensì nel suo ufficio di Francoforte, dirimpetto alla Bce: Jens Weidmann, che nel weekend in un’intervista aveva lanciato la velenosa accusa che gli interventi di Draghi, Abs in testa e l’eventuale Quantitative Easing, «rappresentano un regalo per le banche». Ferma la risposta del banchiere romano: «Le nostre misure sono pensate per i cittadini europei. Quando decido un provvedimento penso ai disoccupati non ai banchieri della City». Accusare la Bce per aver privilegiato il canale bancario per realizzare la politica di stimolo al credito «vuol dire ignorare che l’80 per cento del credito alle imprese in Europa passa dal canale bancario». Una nota polemica nei confronti del banchiere tedesco quasi inedita pur nella manifesta e cordiale inimicizia che divide il falco dalla colomba. E che Draghi rilancia alla fine del confronto molto serrato con i parlamentari: «Non riesco a capire la curiosa tesi per cui se si abbassano i tassi e si favorisce la diffusione del credito, tipo quelle fatte in Grecia, si forniscono ai Paesi incentivi per non fare le riforme. Credo che la spinta riformatrice debba essere sostenuta dalle attese di milioni di disoccupati, ben più forte dell’effetto di mezzo punto in più o in meno del costo del denaro».
ABS IN VISTA
Insomma, alla vigilia del lancio degli Abs, la polemica con la
Bundesbank è ormai vicina al livello di guardia. Draghi difende il pacchetto di misure votato a maggioranza. È troppo presto, dice a proposito dei Tltro, per emettere un giudizio. Il quadro sarà completo solo quando le banche potranno far conto sugli acquisi di Abs. Al proposito Draghi ha più volte ripetuto che la banca centrale comprerà strumenti «semplici e trasparenti» legati all’economia reale. L’operazione, però, riguarderà anche i mezzanini, titoli che comunque godono di forme di garanzie anche se su questo punto dalla Germania arrivano segnali negativi. L’Eurotower, comunque, «è pronta a usare ulteriori strumenti non convenzionali, entro il proprio mandato, e a modificare l’importo e/o la composizione degli interventi se l’inflazione resterà troppo bassa per troppo tempo», ha aggiunto Draghi. Insomma, un Draghi colomba nella gestione della politica monetaria ma estremamente rigido nel sollecitare dai governi una strategia fiscale e riforme sul lato dell’offerta, senza cui non si uscirà dalla crisi.
IL RISCHIO ROMA
Non è stato difficile collegare questo appello con l’allarme lanciato da Munchau: l’Italia, è la provocazione del columnist, rischia di non poter far fronte al suo debito affetta com’è dalla sindrome deflazione: «Se l’economia continuerà a ristagnare nel 2015 e nel 2016 il rapporto debito pil salirà oltre il 150 per cento». Certo, il Giappone ha numeri ben peggiori. «Ma il Giappone, a differenza dell’Italia, ha un suo istituto di emissione». E, particolare non irrilevante, Tokyo dispone di leggi sul lavoro più flessibili delle nostre, vanta un sistema giudiziario molto efficiente e parte da una situazione di quasi pieno impiego. Per l’Italia, conclude Munchau, è di vitale importanza che decolli il più in fretta possibile l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce.
Ma probabilmente non basterà: ci vuole anche un intervento coordinato a livello europeo. Sembra l’anticamera dell’intervento della troika. Ma da Bruxelles Mario Draghi è stato esplicito: «Non esiste alcun piano per un signolo Paese».