Daniela Cotto, La Stampa 22/9/2014, 22 settembre 2014
IL FANTASMA DI WOODS E L’ANSIA DA NUMERO 1 MCILROY, MISSIONE RYDER
C’è un fantasma che agita la vigilia di Rory McIlroy, nuovo astro del golf. È lui la stella annunciata della Ryder Cup che parte venerdì e regalerà emozioni fino a domenica prossima. Tutti gli chiedono l’impresa contro gli americani che cercano la rivincita dopo la sconfitta subita due anni fa in casa, a Medinah, nell’Illinois. Ma Rory è tormentato dall’impegnativo confronto con Tiger Woods, il fantasma ingombrante, l’eterno termine di confronto: un rivale «pesante» anche quando è assente, come in questa sfida tra le star europee e americane. Per McIlroy la Ryder Cup non sarà una passeggiata e il campo scozzese di Gleneagles gli parrà un tappeto coperto di spilli.
Il nuovo numero 1 del mondo, erede della Tigre, dovrà puntare sui nervi d’acciaio che in una sola stagione gli hanno permesso di vincere sia l’Open Championship a luglio sia l’Us Pga il mese scorso. Solo così potrà trascinare l’Europa a un altro successo. «Non sono più un rookie, sento di avere più responsabilità - ha ammesso il campione dell’Ulster -. Ci tengo moltissimo. Ci sono in squadra un paio di giocatori più esperti, ma quest’anno voglio dimostrare di essere un vero leader».
Per Rory è l’esame di maturità, la consacrazione dopo un’estate da dieci e lode. Nonostante il «fantasma», dice di aver raggiunto la serenità. La scorsa settimana si è perfino concesso alcuni giorni di vacanza: «Per arrivare alla meta con la mente libera e in forma. Un successo in Ryder significherebbe molto per me. Non gioco a golf per soldi, ma per passione, per confrontarmi con me stesso e con i miei risultati». Quasi un’ossessione, il dover dimostrare di meritare lo scettro del numero 1. Prima, la sua ossessione era la tennista danese Caroline Wozniacki, lasciata ai piedi dell’altare dopo tre anni di convivenza e con gli annunci di matrimonio già spediti. «Non me la sento», si è limitato a farle sapere il campione che, a 25 anni, ha scelto di tornare sul green a tempo pieno. E, tra un torneo e l’altro, nonostante i gossip che gli attribuiscono più di una nuova fiamma, lui preferisce distrarsi con la sua Lamborghini o volare in Florida nella sua villa di nove camere e sei bagni.
Ma è sempre il golf ad occupare le sue giornate. Rory ha una sua tecnica collaudata, e non si lascia suggestionare dalle mode. Se Tiger Woods, alla ricerca della perduta supremazia, ha cambiato più volte lo swing, McIlroy resta fedele al proprio istinto. Il suo colpo è sempre lo stesso, così come il coach Michael Bannon, nordirlandese pure lui, che lo segue da quando aveva sette (l’esatto opposto di Tiger che invece cambia spesso). Rory no, non vuole novità, nessun esperimento, soprattutto alla vigilia del Grande Evento. «Se lo swing funziona, non aggiustarlo», ha detto il nuovo re sul podio del Pga. «Sono abitudinario. Mi sento come chi raccoglie i frutti di un lavoro iniziato all’età di 15 anni».
Adesso conta solo la Ryder Cup, il trofeo che racchiude storia e magia nella terra dove il golf è una religione e l’evento è un business che vale 70 milioni di dollari. McIllroy oggi ne conosce bene l’importanza. L’esperienza gli ha fatto correggere il tiro dopo che nel 2009 aveva definito il trofeo «una mostra, un’esibizione poco stimolante per la mia carriera». Ha fatto marcia indietro. Ha capito il fascino della competizione, si è fatto catturare dall’idea di beffare ancora gli americani. Per gli avversari «lui e Ian Poulter sono i due bersagli da abbattere», come ha spiegato il capitano della squadra Usa, Tom Watson, sei major vinti in carriera. Fermato lui, non c’è più storia. È ormai l’uomo in più e gli americani non nascondono l’invidia per un simile campione.
Rory se la ride: «Speriamo che Paul (il capitano McGinley, ndr) mi dia fiducia, sono pronto. Sono orgoglioso dei miei successi, ma vincere con un team è entusiasmante. Favoriti noi? Può essere, ma attenti, non sottovalutiamo l’America. Batterli non sarà un gioco da ragazzi».
Daniela Cotto, La Stampa 22/9/2014