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 2014  settembre 22 Lunedì calendario

COSÌ L’EUROPA PUÒ FERMARE LO ZAR (E SALVARSI L’ANIMA)

L’Unione Europea deve necessariamente mettere a punto un piano decennale per l’Ucraina. Il piano determinerà anche quella che sarà la realtà europea tra un decennio. In omaggio al personaggio politico cardine di questa Europa, che ha guidato l’evoluzione della politica europea nei confronti dell’Ucraina, potremmo chiamarlo piano Merkel. Se avrà successo vorrà dire che la visione tipicamente europea dell’ordine liberale avrà prevalso sulla ricetta conservatrice, nazionalista, del disordine violento e permanente, rappresentata da Vladimir Putin. Se il piano fallisce, l’Europa torna a fallire.
Il nostro piano dovrebbe svilupparsi principalmente su tre fronti, militare, politico ed economico, ciascuno dotato di molteplici componenti, adattabili al mutare delle circostanze. Gli Stati Uniti vi giocano un ruolo, ma di supporto, non di guida. Per avere un piano noi europei dobbiamo sapere a che cosa stiamo reagendo. Questo è difficile da stabilire, perché lo stato mentale di Putin è quello imprevedibile e arrogante del despota. Comunque ipotizzo che il suo obiettivo, oggi, sia mantenere l’Ucraina sud orientale in uno stato di disordine, divisione del potere e influenza russa tale da impedire all’Ucraina nel complesso di consolidarsi come stato sovrano in grado di esercitare le proprie funzioni e di avvicinarsi all’Ue e alla Nato. Elemento chiave in questa strategia è una frontiera russo-ucraina porosa, che consenta alle armi e agli agitatori russi di andare e venire a piacimento.
Intanto i paesi occidentali dovrebbero fornire alle forze armate ucraine armamenti scelti, approvvigionamenti e addestramento, non da ultimo alle truppe di frontiera. Nel lungo periodo una delle strategie fondamentali per far sì che Putin non arrivi al suo “conflitto congelato” è chiudere la frontiera con la Russia. Poi deve essere colta ogni occasione di intavolare negoziati diplomatici e politici. Ma le possibilità di arrivare ad un accordo costituzionale in Ucraina orientale che sia accettabile per la Russia di Putin e l’Ucraina di Kiev sono minime. Nessuna delle due parti può accettare ciò che implicano i termini decentralizzazione, federalizzazione o “status speciale” né convenire sulle aree cui si applicano. In sintesi, Putin in realtà non può volere un accordo stabile, pacifico, duraturo, perché esso consentirebbe all’Ucraina di agire come Stato federale, in grado di avvicinarsi all’Ue. Nel frattempo l’Europa può fare altre mosse politiche. Ora che il parlamento europeo e quello ucraino hanno ratificato simultaneamente l’accordo di associazione, l’Ue deve aiutare l’Ucraina a diventare uno Stato in grado di esercitare le sue funzioni. L’unico passo efficace che la Ue può intraprendere per influenzare l’opinione pubblica ucraina sarebbe concedere l’ingresso senza visto alla maggior parte degli ucraini. Le esperienze di tutta l’Europa orientale post-comunista lo indicano come la strategia che porta più velocemente a influenzare l’opinione pubblica, ma vuol dire ovviamente chiedere moltissimo all’Europa occidentale, stanca di immigrazione. In cambio di questi grandi incentivi, però, gli ucraini dovrebbero accingersi seriamente a riformare il loro Stato. Ciò comporta in primo luogo dichiarare guerra alla mostruosa corruzione che è stata il ferro del mestiere nella politica dell’Ucraina post-sovietica. Quanto alla Russia, non va mai dimenticato che, nonostante la sua attuale popolarità, Putin non è la Russia e la Russia non è Putin. In ogni nostra dichiarazione e azione faremmo bene a tornare a questa importantissima distinzione. E poi, ad un certo punto nei prossimi 10 anni Putin se ne andrà.
L’inasprimento delle sanzioni economiche sul regime affretterà la fine di Putin? Le sanzioni stanno già iniziando a pesare, persino sulle grandi società energetiche russe, come la Rosnef, ma nel breve periodo la sensazione di essere sotto assedio alimentata dalla propaganda può addirittura rafforzare la posizione politica di Putin. Nel lungo periodo però le sanzioni eroderanno la sua base. Gradualmente, è questione di anni, i russi calcoleranno pragmaticamente quelli che sono i loro interessi. Il portafoglio delle singole famiglie prevarrà sul cuore imperiale collettivo.
Così sarà soprattutto se si vedrà prosperare l’Ucraina e non la Russia. Cruciale per la prosperità dell’Ucraina sarà trovare il difficile equilibrio tra l’azione di sviluppo dei legami commerciali e di investimento con la Ue e la necessità di non interrompere i rapporti economici con la Russia. Poi c’è l’energia. Circa la metà degli introiti della federazione russa derivano dal petrolio e dal gas. Gran parte dell’Europa attualmente dipende dal combustibile russo per tenere le luci accese. Se l’Unione europea si adopera per garantirsi l’indipendenza energetica — che richiede l’interdipendenza energetica e il collegamento tra i vari stati membri — gli equilibri di potere tra Russia e Europa cambiano in maniera determinante. Aiutando l’Ucraina, l’Europa aiuta se stessa. (Traduzione di Emilia Benghi)
Timothy Garton Ash, la Repubblica 22/9/2014