Caterina Grignani, il Fatto Quotidiano 22/9/2014, 22 settembre 2014
DA REYKJAVIK A TORONTO, QUELLI CON UNA FOLLIA IN COMUNE
Se Hazel Mc Callion entra negli annali per i sui 36 anni di onorata carriera, l’altro “uragano” - ma per ben altri motivi - è Tom Ford. Il primo cittadino che più di tutti ha movimentato le monotone cronache comunali di Toronto. Avvocato, 45 anni, decisamente fuori forma e con un debole per il crack e le escort, ha chiesto più volte scusa ai suo concittadini per le sue malefatte. Sincero, come un amico pentito che si giustifica all’indomani di una sbronza. All’inizio provò a negare tutto, Rob, e poi cedette: “Si è vero ho provato il crack, ma ero ubriaco, non ricordo nulla. Perdonatemi”. Ad ogni uscita pubblica ha ribadito il suo pentimento e poi, con della sana autoironia, si è messo a vendere per beneficenza Robbie Bobbie, un pupazzetto con la testa a molla che lo rappresentava. Alle dimissioni comunque non ha mai pensato. Ha ballato in aula, dimostrando un ottimo senso del ritmo, ha urlato insulti dopo qualche bicchiere di troppo e si è presentato in aula con una maglietta da hockey con la scritta “Sindaco Ford”. La città lo ama e, dopotutto, svolge il suo dovere dal 2010. Quest’anno però è arrivata una brutta notizia: Bob è malato e non si ricandiderà. Solo questo poteva fermarlo.
A smentire definitivamente il luogo comune secondo il quale la politica sarebbe una cosa seria ci ha pensato anche Jòn Gnarr, sindaco di Reykjavik. Ha fondato il Partito Migliore, una formazione politica satirica che nelle fredde terre del nord Europa ha funzionato. Sembrava una provocazione, ma Gnarr – un passato da cantante da tassista e da attore – a fare il sindaco con largo consenso. Paladino dei diritti lgbt, si è presentato al Gay Pride vestito di tutto punto. Per ridere disseminava nell’ordine del giorno proposte sui generis, come stringere alleanze solo con politici che avessero visto la serie The Wire. Ma anche lui non ce la fa più. “La politica non mi ha dato la felicità”, ha ammesso dopo aver capito che da grande vuole fare il comico e che non si ricandiderà.
A “presidiare” il confine del paesino di Dorset, Minnesota, 28 anime, c’è Bobby Tufts, 4 anni, appassionato di pesca. La sua è solo una nomina simbolica ma non per questo l’ha presa alla leggera. Bobby ha vinto le elezioni con lo slogan: “Amerò essere il vostro sindaco tanto quanto amo Sophie”, la sua fidanzata. E se il piccolo primo cittadino ha appena iniziato la sua carriera politica, Hilmar Moore ne ha fatto la sua ragione di vita. È stato sindaco di Richmond, Texas, per 63 anni di fila, sbancando le urne 32 volte consecutive. Il giorno della sua morte , nel 2012, le bandiere del Comune dove non ha mai voluto un ufficio erano a mezz’asta.
Oggi una statua lo ricorda come il sindaco politicamente più longevo. Allevatore di mucche e veterano di guerra si presentava ai consigli con il cappello da baseball e gli stivali sporchi di fango. Quando il fiume locale, il Brazos River, esondò, arrivò in Comune con molto ritardo. Era impegnato a mettere in salvo le vacche. Un consigliere obbiettò che poteva chiamare qualcuno a farlo al posto suo, Mr. Moore disse: “Non chiederò mai a qualcun altro di fare il lavoro che posso fare io”.
“I’m gay and that’s ok”, con questo slogan, nel nome della sincerità, il tedesco Klaus Wowereit, nel 2001, ha vinto le elezioni berlinesi e ha abitato in Comune per 13 lunghi anni. Wowereit ha attirato in città artisti e giovani creativi descrivendo Berlino come una città “povera ma sexy”. I premi da vincere sono tanti: Nobel, Pulitzer, una fascia da miss. Ma agli occhi di un sindaco la competizione più ambita da vincere è quella di World Mayor Prize, l’elezione del Miglior sindaco del mondo, indetta ogni due anni da una fondazione senza scopo di lucro. A dicembre sarà decretato il prossimo vincitore. Unica italiana in lizza Giusy Nicolini, sindaco di Lampedusa e Linosa. Chissà se riuscirà a strappare la fascia all’eletto del 2012, Iñaki Azkuna, sindaco di Bilbao che ignorando lo scetticismo di tutti, nel ’97 ha aperto il Guggenheim. Poche gioie invece per Beaumont-en-Verdunois, in Lorena, che non ha nessun abitante. È infatti uno tra i comuni spazzati via dalla Prima guerra mondiale. Per conservarne memoria, in quanto “comune morto per la Francia”, sono amministrativamente vivi: hanno un budget annuale e il loro primo cittadino deve visitarli almeno una volta l’anno. Per carenza di candidati, e soprattutto di elettori, il sindaco viene nominato dal prefetto. La mansione è semplice: mantenere pulito il cimitero.
Caterina Grignani, il Fatto Quotidiano 22/9/2014