Flavio Pompetti, Il Messaggero 20/9/2014, 20 settembre 2014
SIERRA LEONE, TRE GIORNI DI COPRIFUOCO PER ISOLARE TUTTI I FOCOLAI DI EBOLA
L’EPIDEMIA
NEW YORK Primo giorno di coprifuoco ieri in Sierra Leone, nel tentativo di isolare i focolai del virus Ebola. Tutti chiusi nella propria abitazione per tre giorni, durante i quali un esercito di 7.000 agenti sanitari visiterà ogni casa, diffonderà informazioni sulla malattia e cercherà di censire le persone che mostrano i primo segni di contagio e di curarli. Il piano sanitario è stato deciso da tempo e la popolazione avvertita dall’inizio del mese, ma al momento dell’attuazione lo scetticismo è ancora alto tra gli abitanti dei villaggi, e i sospetti si accavallano alle informazioni e alla paura, formando una miscela esplosiva.
ORRORE IN GUINEA
Il governo della Guinea dopo il ritrovamento martedì scorso dei corpi esanimi di otto tra infermieri e giornalisti in una fossa biologica alla periferia di Nzerekore ha confermato quanto già si temeva. Le vittime sono state trucidate a sangue freddo e a colpi di machete e di bastone, dalla gente del quartiere convinta che fossero venuti a diffondere il virus tra di loro. Una giornalista che faceva parte della squadra, si è messa in salvo nascondendosi tra i cespugli, dove ha sentito passare la folla inferocita, ancora a caccia dei superstiti. La città, seconda del Paese in ordine di grandezza, è stata teatro del primo focolaio di esplosione dell’epidemia, e da allora è sotto stato di osservazione. La popolazione locale è esausta. Molti dubitano che la malattia esista davvero, e pensano che sia una creazione del governo per spaventarli.
L’epidemia si sta allargando in fretta nei paesi dell’Africa Occidentale. La scorsa settimana i casi di nuovo contagio sono stati 700, ma le autorità sanitarie locali sospettano che siano molti di più e che un censimento come quello tentato in Sierra Leone sia l’unico modo per rendersi conto della vera portata, e isolare le persone colpite. Il timore della comunità internazionale è che anche una volta individuati i malati, le strutture sanitarie locali non siano in grado di lottare con efficienza per arginare l’epidemia.
Il presidente francese Francois Hollande ha promesso la costruzione di un ospedale in Guinea. L’Unicef si è impegnata a far partire entro la prima settimana di ottobre 55 voli carichi di materiale sanitario, ma anche di semplice equipaggiamento per la prevenzione: guanti, mascherine, vestiti puliti, sapone e sacchetti di cloro per la disinfestazione. La zona è ritenuta abbastanza pericolosa da aver convinto un giudice francese ad annullare l’ordine di espulsione e di rimpatrio di un immigrato clandestino della Guinea, nel timore che il ritorno in patria equivalesse a una condanna a morte.
BAN KI MOON
Il segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon ha convocato un vertice dei capi di stato e di governo per discutere l’emergenza Ebola il prossimo 25 settembre, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un grido d’allarme è giunto anche da Cairns, in Australia, dove è in corso il G20 dei ministri delle Finanze. Il direttore della Banca Mondiale Jim Yong Kim si è detto preoccupato dalla minaccia che l’epidemia muove nei confronti della pace e della sicurezza internazionale, ed eventualmente anche della stabilità economica.
Il problema non è certo quello di un uso strumentale dell’epidemia, magari da parte di gruppi terroristici intenzionati a diffonderla in occidente. Allo stato attuale il contagio avviene solo attraverso lo scambio di fluidi del corpo come la saliva, il sangue o il liquido seminale. Il timore è piuttosto che una volta radicato in Africa il virus possa mutare e trasmettersi per via aerea, con ben altro livello di pericolosità.