Barbara Corrao, Il Messaggero 20/9/2014, 20 settembre 2014
PIÙ SOLDI DA WHISKY E PETROLIO ORA EDIMBURGO VA ALL’INCASSO
IL FUTURO
ROMA E ora? Cosa cambierà in Scozia dopo la vittoria del «No»? Cameron ha confermato che Londra manterrà la promessa di un maggiore trasferimento di poteri a Edimburgo su «tasse, spesa pubblica e welfare». Ma ha anche precisato che Galles, Ighilterra e Irlanda del Nord avranno le stesse prerogative. Se la Scozia riuscirà a incamerare una maggior quota rispetto ad oggi degli introiti fiscali generati dalla produzione di gas e petrolio nel mare del Nord, perciò, è ancora tutto da vedere. Così come è ancor più difficile dire se gli scozzesi, affezionati al loro rinomato whisky, potranno concedersi qualche bicchiere a minor costo.
Già a metà ottobre il governo del Regno Unito dovrebbe fare conoscere la prima proposta dettagliata su come intende mantenere i suoi impegni. Entro novembre sarà conclusa la consultazione sui nuovi poteri e lo «Scotland Act» sarà presentato al parlamento entro il 25 gennaio ma difficilmente potrà essere approvato entro maggio vista la concomitanza con le elezioni inglesi. Tempi stretti e ben definiti ma, anche se tutti affermano di voler accordare alla Scozia più benefici fiscali di quanti ne abbia oggi, in verità laburisti, conservatori e liberal-democratici non sono affatto d’accordo su come intervenire in concreto.
Il potere di manovrare l’«income tax», la tassazione sui profitti, è la prima opzione sul tavolo. I laburisti sono favorevoli a concedere un margine di variazione in più o in meno del 15% sulle aliquote (oggi è fissato al 3% e non è mai stato utilizzato) ma non sono dispositi a lasciare agli scozzesi mano libera per tagliare da sola l’aliquota più alta. I conservatori vorrebbero invece lasciare alla Scozia il pieno controllo sulle aliquote ma anche accollare a Edimburgo il 40% delle sue spese. Per capire un po’ più concretamente cosa significa, bisogna sapere che, in base all’ultimo Scotland Act (2012) Edimburgo potrà già usufruire, a partire dal 2016, di un margine di manovra sulle aliquote del 10%. Considerato che l’aliquota base nel Regno Unito è del 20%, significa che la Scozia può portarla al 10% per i suoi residenti o aumentarla al 30%. E così per l’aliquota più alta, attualmente fissata al 40%, che potrebbe scendere al 30% o salire al 50%. Le manovre in su e in giù, però, attualmente devono essere coordinate. Come cambierà questo meccanismo è ancora una questione aperta. Altro nodo la «bedroom tax», un’imposta sugli immobili che il Partito nazionalista scozzese vorrebbe cancellare. Altra proposta sul tappeto riguarda il sussidio per gli over-65 che vivono in condizioni di precarietà. I conservatori sono d’accordo nel devolvere i poteri su entrambi i benefici alla Scozia ma i Liberal-dem ritengono che il parlamento Uk, debba conservare invece il controllo su queste spese.
GLI ALTRI
Le scelte su questi punti cruciali serviranno a trasferire agli scozzesi più denaro e quindi ad aumentare la possibilità di orientare meglio la spesa pubblica su base locale. Ma è difficile calcolare quanto dei 5,5 miliardi di maggiori entrate generati da una ripartizione geografica dei proventi petroliferi, possa in realtà venire trasferita negli Highlands. Così come è difficile calcolare quanto verrà restituito dei 980 milioni di sterline che Londra incassa dalla tassa sugli alcolici. Su tutto poi pesa l’effetto-domino perché anche il Galles rivendica più autonomia e Cameron sembra orientato, almeno in parte, ad accordargliela. Ma qui tutto si giocherà nel 2016: dopo le elezioni gallesi.