Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 21/9/2014, 21 settembre 2014
GLI ITALIANI E L’ANSIA DEL RISPARMIO UNO SU TRE TEME DI DIVENTARE POVERO
ROMA – Pochi, maledetti e subito. L’ansia per il futuro incerto spinge i consumatori a tenersi ben stretti i soldi, rimandando spese e investimenti a ipotetici tempi migliori. Non più sotto il materasso, ma comunque a portata di mano o di bancomat. Perché non si sa mai.
Un italiano su tre (il 33%) ha il timore – non proprio campato in aria – di diventare povero. Lo dice il Censis, nel numero 9 del «Diario della Transizione», e le statistiche certificano un boom di contanti e depositi bancari che in sette anni sono aumentati del 9,2%, ovvero di 234 miliardi di euro. Nel 2007 erano 975, oggi sono 1.209. Meglio cash oggi che un dividendo domani. La liquidità – i soldi a disposizione nel cassetto o sul conto corrente – costituisce il 30% del portafoglio delle attività finanziarie di una famiglia, nell’anno prima della crisi era il 25. Paurosi, ben che vada cauti, gli italiani, dal secondo trimestre del 2012, hanno riscoperto la necessità/virtù del risparmio, salito da 20,1 a 26 miliardi in due anni. «Siamo già oltre la paura della povertà, c’è ormai la percezione dell’impoverimento» spiega il professor Mario Abis, sociologo dei media allo Iulm e presidente della Makno (ricerche di mercato e consumi). «Rispetto a sette, otto anni fa, l’italiano ha la consapevolezza che la propria vita è cambiata in peggio e questo riguarda una percentuale molto più elevata di persone, che noi stimiamo intorno al 60-65%, nelle classi medio basse ma anche nel ceto medio». Le ristrettezze e il minor potere di acquisto hanno costretto a rivedere lo stile di vita, tagliando sia beni durevoli che di largo consumo. Alla crisi del mercato immobiliare si affianca infatti quella dei centri commerciali. Se il 33% teme di diventare povero – annota il Censis – soltanto il 30 ritiene di avere le spalle coperte dal sistema di welfare (contro il 58 in Spagna, il 61 del Regno Unito, il 73 in Germania e il 74 in Francia). Si mettono via i soldi per proteggersi dalle avversità della vita: il 44% per fare fronte ai rischi sociali, di salute o di lavoro, il 36 perché solo così si sente al sicuro, il 28 per garantirsi una vecchiaia serena. Non a caso sono in ascesa anche i soldi accantonati per assicurazioni e fondi pensione (125 miliardi extra, pari al 7,2%) e per le polizze vita (+21,3%). «Alla percezione dell’impoverimento si salda una seconda componente», aggiunge Abis. «La paura del domani, di un futuro che appare indefinibile e ignoto. Non soltanto per sé, ma per figli e nipoti. Si risparmia per garantire le generazioni future. La famiglia diventa una vera e propria agenzia di protezione». Riparte anche il risparmio gestito. I fondi comuni dal 2012 al 2014 sono risaliti del 31%, le azioni (dal marzo 2013 al marzo 2014) hanno recuperato più 140 miliardi.