Ilaria Maria Sala, La Stampa 19/9/2014, 19 settembre 2014
È boom di nuove sale: dieci al giorno Già raggiunti i 23 mila schermi e spesi 50 milioni di euro in pop-corn Ilaria Maria Sala In Cina è boom di sale cinematografiche: vi sono oggi poco meno di 23 mila schermi cinematografici, a cui se ne aggiungono circa 10 al giorno
È boom di nuove sale: dieci al giorno Già raggiunti i 23 mila schermi e spesi 50 milioni di euro in pop-corn Ilaria Maria Sala In Cina è boom di sale cinematografiche: vi sono oggi poco meno di 23 mila schermi cinematografici, a cui se ne aggiungono circa 10 al giorno. Negli Usa, il primo mercato, gli schermi sono quasi 40 mila, per una popolazione molto inferiore, e il potenziale di crescita cinese, dunque, è immenso. Nel 2013 il botteghino cinese ha raccolto 3,3 miliardi di dollari Usa, mezzo miliardo in più del 2012, e le proiezioni per l’anno in corso parlano di un aumento molto maggiore, arrivando a 4,3 miliardi circa. Quello americano rende 10,8 miliardi - ma la cifra è più stabile. Un dato solo parzialmente marginale: entrando nelle sale del gruppo Wanda (il più grosso nazionale), gli spettatori cinematografici cinesi hanno speso 50 milioni di euro in pop-corn. Snack a parte, si assiste in Cina ad un vero modificarsi del modo di concepire il tempo libero, dove l’andare al cinema è non solo occasione per uscire, quasi sempre in compagnia, ma anche per godere di sale cinematografiche di lusso, dove poter apprezzare le tecnologie 3D e IMAX - la cui esistenza spiega, in parte, perché nel Paese del Dvd pirata e del download selvaggio i biglietti d’ingresso al cinema registrino tali aumenti. I filmoni americani con effetti speciali roboanti sono una passione assoluta, che conta su un pubblico fedelissimo. Ma le new entry di spicco nel panorama nazionale sono i film cinesi su temi contemporanei a costo relativamente basso (se paragonato ai blockbuster americani) come il popolarissimo Persi in Thailandia, del 2012, una commedia leggera, costato circa 3 milioni di euro che ha riportato 126 milioni. Un miliardo di Yuan, il primo film di produzione cinese ad aver superato questa cifra - ma non l’ultimo. Tiny Times, una sorta di Sex and the City alla cinese, film di una leggerezza imbarazzante sulle vite senza spessore ma così glamour di un gruppo di giovani e belle consumatrici di abiti, accessori e belletti, ha avuto un successo ancora maggiore. Grande riscontro anche per Sogni americani in Cina, incentrato su gruppi di giovani che imparano l’inglese per andare a studiare negli Usa. I grossi film epici sponsorizzati con significativo dispendio di mezzi dal Partito su temi storici o su Confucio godono meno del favore del pubblico - così come cominciano a far sbadigliare anche i drammoni medievali e i film di arti marziali, che in Cina non seguono l’insegnamento di Hong Kong di mescolare l’umorismo alle acrobazie eroiche. Funzionano invece, per solido nazionalismo, i film anti-giapponesi - già onnipresenti in televisione, coprendo il 70% dei film drammatici teletrasmessi. Il pubblico cinese ha voglia di divertirsi, di veder confermate le sue aspirazioni di classe media emergente, e di restare abbagliato davanti alle prodezze tecnologiche. I temi sociali o politici, oltre che censurabili, attraggono un pubblico di nicchia, per ora almeno: al cinema, come in tanto altro, la Cina cambia dall’oggi al domani, e non è detto che la commedia di evasione resti in futuro l’attrazione principale. Per chi vuole importare film, i problemi sono alti: la censura si è leggermente allentata per i registi cinesi (che dall’anno scorso non devono più sottomettere il copione prima di girare, ma solo la pellicola terminata), e chi vuole superare le barriere dall’estero tende sempre più all’autocensura preventiva. E poi ci sono i temi off-limits: oltre a quelli prevedibili, anche lo spionaggio, i viaggi nel tempo, i film a tema religioso e sovrannaturale (vedi zombie, fantasmi e vampiri), e quelli che potrebbero promuovere superstizioni. Mercato in crescita esplosiva, certo, ma con caratteristiche cinesi.