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 2014  settembre 20 Sabato calendario

NFL NELLA BUFERA

Adrian Peterson era la faccia buona della Nfl, il ragazzone gentile e generoso fuori dal campo che nel 2012 è diventato l’Mvp della Lega. Era l’anno in cui, con 2097 yard corse, aveva sfiorato il primato di Eric Dickerson, un monumento nazionale. Ora anche la sua immagine, come altri celebri colleghi, è finita nella spazzatura. Un tritacarne mediatico che sta mettendo alle corde la ricca (10 miliardi di dollari all’anno di fatturato) e potente industria del football. L’accusa da cui Peterson dovrà difendersi è aver percosso suo figlio di 4 anni con un rametto d’albero, provocandogli tagli profondi. Si è giustificato dicendo di non essere un seviziatore, «forse neanche un padre modello, ma questa è la cultura in cui sono cresciuto». Suo padre gliele dava con la cinghia «ma se oggi sono un top player lo devo a quelle lezioni», ha spiegato.
Negli Usa si è aperto un dibattito nazionale con una domanda che ha spaccato l’opinione pubblica - ancora una volta fra Sud e Nord -: quand’è che la punizione corporale, per altro legale in Texas, si trasforma in sevizia? Per farsi un’idea meno astratta basterebbe dare un’occhiata alle ferite di Peterson Jr. Solo che adesso, caduto anche Peterson Senior, la Nfl è sbandata paurosamente. Roger Goodell, il commissioner pagato 44 milioni l’anno, che la guida da otto campionati e l’ha proiettata in cima alle classifiche di Forbes (si progetta un introito di 25 miliardi entro il 2027), sembra un pugile ormai suonato. Nella conferenza stampa di ieri a New York si è scusato profusamente facendo ripetutamente autocritica, ma ha deciso di non dimettersi. Peterson invece è stato prima sospeso dalla sua squadra, i Minnesota Vikings, poi rimesso in rosa e quindi definitivamente estromesso (anche se incasserà gli 11.75 milioni a stagione di stipendio).
Ma il colpo che ha fatto scricchiolare l’intero carrozzone è arrivato a inizio mese con il caso Ray Rice, il running back dei Baltimore Ravens, colpevole di aver messo k.o. la moglie dentro un ascensore. Goodell lo aveva prima fermato per due giornate, una sorta di carezza, ma quando è apparso on line il video, la violenza delle immagini ha provocato un’indignazione pubblica senza precedenti. Così, Rice è stato messo alla gogna: tagliato dalla squadra e squalificato a tempo indeterminato dalla Nfl. Nelle ultime ore sono finiti nei guai altri due giocatori. Uno è Jonathan Dwyer degli Arizona Cardinals, arrestato mercoledì per due episodi nell’arco di 24 ore a luglio: avrebbe dato una testata alla moglie che rifiutava le sue avances e il giorno dopo le avrebbe impartito un’altra lezione, lanciando poi una scarpa verso il figlio di 18 mesi. Il secondo è la stella dei Carolina Panthers, Greg Hardy, che avrebbe minacciato una ragazza con la pistola. E nelle ultime ore Jerome Simpson dei Vikings è stato tagliato per possesso di marijuana: quasi un’inezia, ma era recidivo.
In verità, la Nfl è nei guai da molto tempo. Dal 2000 sono finiti in manette 732 giocatori (90 per violenza domestica e alcuni per omicidio) e il 75% di loro possiede un’arma da fuoco, ma non c’erano i social network a diffondere lo spaventoso tam tam. Sul caso Rice è intervenuto direttamente il presidente Barack Obama per stigmatizzare l’accaduto. Alcune donne parlamentari hanno chiesto la testa del commissioner, che ha risposto assumendo quattro nomi altisonanti del mondo politico femminile. Chissà se basterà a ricomporre la situazione che pare sfuggita di mano. Il fatto grave è che gli sponsor iniziano a protestare: la Anheuser-Busch, che produce la Budweiser, ha minacciato di rompere un contratto da 1.2 miliardi di dollari (per 6 anni), così come ha fatto la Pepsi Cola (2.3 in 10). Mentre la Nike si è dissociata da Peterson: la sua immagine accoglieva i visitatori nel loro quartier generale a Portland. Giovedì mattina non c’era più. In un Paese dove la morale poggia sul business è un messaggio forte e chiaro .