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 2014  settembre 13 Sabato calendario

UNA VALIGIA PIENA DI YUAN PER UN PASSAPORTO DIVERSO


Una valigetta piena di yuan può comprare tutto. Basta pagare moneta e si vedrà cammello. Ma i milionari cinesi non sono interessati al mammifero con due gobbe. Preferiscono acquistare la cittadinanza di un altro Paese. Una forma di investimento o una via di fuga, a seconda dei punti di vista.
Al gran bazar della globalizzazione la vendita di passaporti, totalmente legale e consentita, è diventata una prassi adottata da molti Stati. E il paradosso del diritto di cittadinanza ai tempi di Frontex e degli sbarchi a Lampedusa, dei messicani che corrono nel deserto dell’Arizona in cerca del sogno americano, dei marocchini uccisi dalla Guardia Civil mentre provano a scavalcare il filo spinato tra Ceuta e Melilla. I ricchi cinesi, invece, hanno trovato una terza via nell’eterno dibattito tra ius soli e ius sanguinis. Si potrebbe definire lo ius pecuniae, il diritto del denaro.
Secondo l’Hurun report 2013, i millionaires cinesi, cioè coloro che possiedono almeno 10 milioni di yuan renmimbi (circa 1,2 min di euro) sono aumentati in modo esponenziale dal 2007 a oggi. Ormai sono più di un milione. È come se (quasi) tutti gli abitanti di Milano avessero un conto in banca a sei zeri. Oltre che ricchi, sono ambiziosi e molto propensi ad abbandonare il Paese d’origine. Il report svela che almeno la metà di loro ha presentato o intende presentare domanda per l’acquisizione della cittadinanza (o un visto di lungo periodo) in un altro Paese. Non è un passo da poco, dal momento che la Repubblica popolare non consente la doppia nazionalità. Nello Stato del figlio unico anche il passaporto può essere soltanto uno.
La crescente domanda cinese ha incontrato l’esplosione dell’offerta di cittadinanze a pagamento in mezzo mondo. Si tratta di un do ut des proficuo per entrambe le parti. Lo stratagemma si chiama. Investor visoa e il tariffario è decisamente vario. L’Australia è la più cara: per una domanda di residenza permanente serve un investimento da 5 milioni di dollari australiani (circa 3,6 milioni di euro). Gli Stati Uniti, invece, son pronti a consegnare la Green card in cambio di un milione di dollari. Questo denaro in realtà non va nelle casse federali. Deve essere usato per un investimento che generi 10 posti di lavoro per almeno due anni.
Da quando è stato introdotto, il programma ha attirato gli imprenditori cinesi come cavallette: nel 2013, ha fatto sapere il Dipartimento di Stato americano, l’80% delle Investor visa sono state rilasciate ad acquirenti del Celeste impero, già diventati il secondo gruppo più numeroso tra gli investitori internazionali negli Usa. L’unico Paese al mondo che sta marciando in senso opposto è il Canada, che ha sospeso il suo programma di “visti d’investimento” dopo che la procedura è stata presa d’assalto dai richiedenti cinesi. Vancouver era una delle destinazioni preferite, ma il governo canadese ha preso questa decisione per arginare una svalutazione del titolo di cittadinanza.
Tolto il Canada, il boom di investimenti cinesi all’estero è in continua crescita. Una delle ragioni è la forza di attrazione dei mercati a basso rischio. Una fuga dalla volatilità dell’economia in patria, condizionata da restrizioni burocratiche, corruzione e poca trasparenza. Dal 2008 ad oggi il cambio tra lo yuan e le monete europee è crollato del 30%. Ed è così che è partita l’ondata verso il Vecchio continente.
Il Regno Unito offre una residenza permanente di cinque anni a chi investe un milione di sterline. George Osborne, il Cancelliere dello Scacchiere britannico, una figura che corrisponde al nostro ministro delle Finanze, ha dichiarato che uno dei suoi obiettivi è rendere più facile l’ingresso nell’Isola per gli investitori cinesi. Un tappeto rosso steso per i ricchi del Far East. Lo conferma il fatto che Londra sia la città più ambita dai cinesi in Europa a livello di acquisti immobiliari. Secondo il Financial Times, migliaia di cinesi hanno aggirato il limite imposto da Pechino, per cui ogni anno è possibile portar fuori dal Paese un massimo di 50 mila dollari. In tanti hanno esportato capitali ben maggiori, soprattutto per comprare immobili. Gli studenti cinesi che frequentano le università inglesi sono circa 100 mila e l’8% ha comprato una casa nei possedimenti reali.
In ritardo, ma in maniera massiccia, anche molti Paesi continentali dell’Ue (Italia esclusa) si stanno muovendo nella stessa direzione. La Spagna, dopo la bolla immobiliare, si è ritrovata con più di 700 mila case vuote. Il governo Rajoy, dai primi mesi del 2014, ha deciso di concedere la cittadinanza a chiunque investa 500 mila euro nell’acquisto di beni immobili e rimanga nel Paese almeno sei mesi all’anno per dieci anni. Anche il Portogallo ha fissato la soglia dell’acquisto a 500milaeuro, con cui si ottiene un visto di residenza annuale che si trasforma in cittadinanza nel giro di pochi anni. Unico paletto: trascorrere nel Paese almeno 14 giorni all’anno. La pratica è velocissima, basta un mese e mezzo. Lisbona ha già emesso 318 Golden Visa, il 75% delle quali destinate a cittadini cinesi. Nei primi 12 mesi il programma ha attirato qualcosa come 250 milioni di euro.
In Grecia con 250 mila euro si compra il pacchetto casa più visto valido 5 anni, a Cipro ne servono 300 mila e il visto dura 3 anni. Malta ha appena cominciato il suo business: da febbraio la cittadinanza dell’isoletta mediterranea è in vendita a 650 mila euro. A livello pratico, possedere un documento del genere significa potersi spostare in totale libertà nell’Ue, grazie a Schengen. Non solo. Il passaporto della Repubblica popolare è esente da visto in appena 40 Paesi. Quello ungherese, tanto per fare un esempio, lo è in 150 Paesi. E il governo di Viktor Orban, in barba alla sua politica ultra-nazionalista, non ci ha pensato due volte all’idea di vendere la propria cittadinanza agli stranieri che investono 250 mila euro. A Budapest gli immigrati son ben accetti, a patto che siano ricchi.
Ma i motivi economici, per quanto predominanti, non sono gli unici che spingono alla fuga i Paperoni cinesi. L’85% delle famiglie benestanti iscrive i propri figli all’estero per gli studi, anche in giovane età. Comprare il visto significa che quei bambini potranno tornare in Cina con passaporto straniero e frequentare le scuole internazionali, inaccessibili per i cittadini di Pechino. Negli ultimi anni è anche maturata una diversa consapevolezza sulla qualità della vita in Cina. Tanti genitori preferiscono allevare i figli lontani dallo smog delle metropoli asiatiche. Aria pulita, governi meno opprimenti, tenore di vita occidentale. Per molti cinesi tutto questo somiglia parecchio al concetto di felicità. Con una valigetta di yuan si può comprare anche quella.