Guido Quaranta, l’Espresso 19/9/2014, 19 settembre 2014
QUANTO SEI ANTICO, CESARE
Ha i capelli irti, a spazzola, e un viso ottocentesco, incorniciato da barba e baffi sale e pepe. Di solito indossa abiti scuri e cravatte a maglina, non più di moda. E, quando compare in qualche talk show televisivo, assume una postura un po’ rigida, mostra un’aria seriosa e si esprime con un eloquio alquanto forbito. L’onorevole Cesare Damiano (66 anni, di Cuneo, lunga carriera nella Cgil, ex ministro del Lavoro) non è, o non sembra, un deputato degli anni Duemila, come molti dei suoi colleghi che, per esempio, arrivano a Montecitorio trainando un trolley o con un borsone sulle spalle: in aula sembra, piuttosto, il busto marmoreo di se stesso, un politico d’altri tempi, degno di decorare gli ombrosi vialetti del Pincio o destinato a illustrare una galleria di ritratti d’antan (ho persino il sospetto che provi una certa nostalgia per le signore in veletta, le galosce e le operette di Strauss). Prossimo ai 70 e tendenzialmente un conservatore, Damiano ha l’aria vagamente malinconica del militante che si sente un po’a disagio anche nel partito, completamente rinnovato dal segretario Matteo Renzi: credo, infatti, che ne rimpianga il vecchio frasario e ne disdegni le veloci slides. Quasi un sopravvissuto, insomma, ma in finanziera grigia e col solino al collo, da vero gentiluomo piemontese.