Concetto Vecchio, il venerdì 19/9/2015, 19 settembre 2015
RESTO QUELLO DEL BERNABEU
su Youtube l’urlo di Tardelli al Mundial ’82 è declinato in 243 video diversi: col tempo l’Urschrei del nostro calcio ha, se possibile, aumentato il suo fascino. L’eroe di quella notte il 24 settembre compie 60 anni.
Marco Tardelli, se pensa agli inizi della sua storia di campione che flash le viene in mente?
«Estate del 1970, ho 15 anni, faccio il barista al Ciocco, viene il Napoli in ritiro. Porto il caffè a Zoff, che ha già vinto un Europeo ed è un divo della serie A. Mi tremano le gambe. Cinque anni dopo mi compra la Juve e Dino diventa un mio compagno di squadra: gli racconto l’episodio, lui si alza e davanti a tutti con fare bonario dice: "Oh, ragazzi, abbiamo acquistato cameriere!"».
Zoff aveva 12 anni più di lei. Le sembrava un vecchio?
«Oh, sì, assolutamente. Ma è stato come un padre per me. Durante certi allenamenti ero nervoso, intrattabile, poi nel pomeriggio puntualmente arrivava la sua telefonata: "Vediamoci a cena, ti voglio parlare". Usava poche parole, quelle giuste. Se la immagina una scena così nel calcio di oggi?».
Lei era molto inquieto?
«Non sono mai stato uno che si accontenta. Ne ho anche sofferto. Ho avuto una vita bellissima, ricca di gioie, ma veramente sereno non lo sono mai stato».
Molti calciatori a fine carriera soffrono di depressione. A lei è capitato?
«No, quello no. Mi hanno salvato i miei figli, Sarà, che ha 35 anni, e fa l’autrice a Radio 24 con Minoli, e Niccolo, che ha 23 anni, laureato in Economia e commercio. Se penso alla mia vita penso dapprima a loro, all’amore incondizionato che provo nei loro confronti, e solo poi ai trionfi sportivi. Pur essendo fratellastri hanno un bellissimo rapporto».
L’urlo del Bernabeu cosa ci dice di lei?
«La verità. Per molti anni mi sono visto come un matto, oggi penso che descriva quel che ero, quel che provai in quel momento: un ragazzo di provincia che vince un Mondiale».
Cosa ricorda di quella notte?
«I miei compagni uscirono quasi tutti, a far baldoria nelle luci di Madrid. Io volli rimanere in albergo. Con me c’erano Scirea, Rossi, credo di ricordare anche Cabrini. Parlammo tra noi sino all’alba. Gli scherzi si alternavano all’incredulità. Fu una cosa molto intima, con tratti di malinconia. Era come una gioia troppo grande con cui fare improvvisamente i conti».
E perché ricordiamo sempre 1’82 in Spagna e quasi mai il 2006 in Germania?
«Perché grazie alla vittoria del Mundial ci mettemmo alle spalle gli anni di piombo, il Paese usci dalla crisi di un decennio: è la cesura tra un mondo vecchio e uno nuovo».
Se non avesse fatto il calciatore cosa avrebbe fatto nella vita?
«Il geometra. O l’immobiliarista, mi è sempre piaciuto comprare case».
Cosa le dice la gente quando la ferma per strada?
«Che noi eravamo uomini migliori dei calciatori di oggi. Non credo sia vero. Ma certo ora gioca gente che con noi avrebbe fatto il custode».
Ha invidia per i guadagni dei calciatori di oggi, trattati come popstar?
«Ma no. Però molti talenti celebrati come tali non lo sono affatto, infatti tramontano dopo una sola stagione. Le racconto questo episodio: nei 1972 io era il gioiellino del Pisa, ma l’allenatore, Balestri, mi faceva spogliare nello stanzone dei ragazzi. Era un modo per non farmi montare la testa, per dirmi che non ero ancora uno da prima squadra. Oggi un procuratore monterebbe subito uno scandalo: a me fece solo del bene».
Chi è il più forte contro cui ha giocato?
«Maradona. Anche Platini fu un fuoriclasse, ma in lui l’intelligenza superava la tecnica per cui non ti faceva toccare palla, perché ancora prima che tu l’avessi aggredito lui l’aveva già data via. Invece Maradona godeva nello sfidarti, ti faceva impazzire. Ha vinto un Mondiale da solo e da solo portò l’Argentina in finale nel ’90. Chi paragona Messi a Diego non l’ha mai visto giocare».
Lei piaceva molto alle donne?
«Le donne hanno sempre cercato gli atleti, perché son belli, sani e hanno i soldi, ma ai nostri tempi di donne cosi disponibili non ce ne erano poi cosi tante. Non ne ho approfittato, ma non mi sono fatto mancare nulla».
Perché si è appesantito?
«Quando ho smesso di giocare. Nell’88, pesavo 78 chili, ora sono 83, dieci in più rispetto agli anni alla Juve. È che nel’98 ho smesso di fumare, fumavo anche trenta Marlboro al giorno, e di colpo sono aumentato di otto chili. Ma sto dimagrendo».
Per chi votava da giocatore degli Agnelli nella Torino degli anni Settanta?
«Per il Pci. Sono sempre stato di sinistra».
Ma è vero che stimav a più Craxi di Berlinguer?
«Non vero. Sono due grandissime figure, serbo stima per entrambi. Ho conosciuto Craxi, e al di là degli errori che ha fatto, lo ritengo un politico di razza: dopo non è che ce ne siano stati poi molti».
Cosa pensa di Renzi?
«Ha portato entusiasmo, credibilità, ma deve fare di più sul lavoro. Tutti questi padri che uccidono i figli, o ammazzano le mogli, sono figli di depressioni legate alla disoccupazione. A un uomo se gli togli il lavoro gli rubi la dignità».
Perché ha difeso Tavecchio?
«Perché la coalizione contro di lui aveva un che di concordato, e poi mi da fastidio quando una persona viene attaccata perché "vecchia". Chi l’ha detto che un 40enne più bravo?».
Ma il presidente della Federcalcio è stato attaccato per una volgare frase razzista.
«Ma quello non è razzismo, è una frase uscita male, di cattivo gusto. Per una vita Tavecchio andato bene come vice di Abete, ora lo si impicca all’età e a una frase infelice».
Come immagina la vecchiaia?
«Vorrei allenare ancora qualche anno, e poi farò il contadino. Mi piace il rapporto con la terra. Mi piace zapparla, vedere crescere quel che ho piantato, mi piace la solitudine che la terra da».