Andrea Bonanni, la Repubblica 18/9/2014, 18 settembre 2014
BRUXELLES TEME IL CONTAGIO SCOZZESE I GOVERNI BLINDANO L’INGRESSO NELLA UE
BRUXELLES.
L’Europa teme il contagio scozzese. Soprattutto, per la verità, lo temono i governi dei grandi Stati nazionali, che potrebbero perdere pezzi importanti del proprio territorio se autonomisti e secessionisti ricevessero una legittimazione dal voto della Scozia. Tra tutti, la Spagna è sicuramente la più preoccupata. Il 9 novembre, i catalani sono chiamati ad un referendum per decidere la secessione, che però il governo di Madrid, a differenza di quello di Londra, considera incostituzionale e illegale. E dietro la Catalogna ci sono i Paesi baschi, dove le aspirazioni indipendentiste si sono a lungo macchiate del sangue sparso dall’Eta. Ieri il premier Mariano Rajoy ha tenuto un discorso molto duro, accusando i movimenti secessionisti di «silurare» il progetto europeo e annunciando che i governi daranno «ben poche agevolazioni» ad un reintegro dei nuovi Paesi indipendenti nell’Unione europea.
Proprio questo è il nodo essenziale del problema. Già in passato, la Commissione guidata dal portoghese Barroso ha fatto sapere che qualsiasi regione europea che si proclamasse Stato sovrano dovrebbe ricominciare da capo l’iter di adesione all’Ue. Si tratta di una interpretazione giuridica che non trova d’accordo tutti gli esperti di diritto internazionale e comunitario, e in particolare non convince gli indipendentisti scozzesi. Ma è la posizione della Commissione che, essendo guardiana dei Trattati, ha in questa materia la parola definitiva.
Il fatto è che, secondo la normativa vigente, qualsiasi Paese che voglia entrare nella Ue deve raccogliere l’unanimità dei consensi degli Stati membri. Ne sa qualcosa Cipro Nord, sotto controllo turco, le cui aspirazioni all’adesione sono da sempre bloccate dal veto della Grecia e di Nicosia. Ora, se la Scozia votasse per l’indipendenza, la sua adesione all’Unione europea non porrebbe problemi di armonizzazione legislativa, in quanto fa già parte di uno stato membro, ma potrebbe essere bloccata dal veto di un singolo Paese. La Gran Bretagna, che ha accettato la legittimità del referendum, potrebbe anche non opporsi. Ma sicuramente lo farebbe la Spagna, o quei Paesi come Cipro, il Belgio, la Grecia o la Romania, che sono particolarmente minacciati da movimenti separatisti in casa propria e cercano con ogni mezzo di dissuaderli. Non è un caso che Madrid non abbia riconosciuto neppure l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia.
In realtà, nelle intenzioni originarie di molti dei Padri fondatori dell’Europa, era ben presente l’idea del superamento degli Stati nazionali con realtà regionali più piccole e federate in una Unione europea. Ma la storia si è evoluta in una direzione diversa. E oggi l’Europa è il frutto di Trattati firmati e ratificati degli Stati nazionali. Nell’eventualità di una secessione scozzese, si porrebbe poi un altro problema: quello della moneta. Gli indipendentisti, infatti, vogliono fortemente una adesione della Scozia all’Ue. Ma nei loro programmi non è prevista l’adozione dell’euro. La Scozia sovrana continuerebbe ad utilizzare la sterlina. Questa possibilità, tuttavia, non è contemplata nei Trattati europei, che prevedono solo due eccezioni all’ingresso nella moneta unica: per la Gran Bretagna e per la Danimarca. Tutti gli altri Paesi, una volta raggiunti i parametri di debito, deficit e inflazione previsti dalle norme europee, sono obbligati ad adottare l’euro come moneta. La Scozia potrebbe aspirare ad essere esentata solo se la sua appartenenza all’Unione europea fosse considerata automatica in qualità di ex regione del Regno Unito. Ma Bruxelles, per far piacere alla Spagna e agli altri stati minacciati dai secessionisti, ha già escluso questa ipotesi.
Andrea Bonanni, la Repubblica 18/9/2014