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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

SONO CHIAMATEMI IL BADANTE DEGLI ARTISTI

[Intervista a Francesco Bonami] –

Si diceva del mestiere: il suo è quello del curatore d’arte. Firma di Vanity Fair, spiega il suo punto di vista nel suo nuovo libro Curator. Autobiografia di un mestiere misterioso. Nel quale racconta la sua carriera, che lo ha portato tra l’altro a guidare per 10 anni il Museum of Contemporary Art di Chicago, a dirigere la cinquantesima Biennale di Venezia, e poi quella del Whitney Museum, a firmare mostre mai banali, a spiegare l’arte con programmi Tv (sta lavorando a un nuovo progetto), libri e cataloghi.
Scrive di due artisti diventati molto famosi – Gabriel Orozco e Maurizio Cattelan – conosciuti al bar sotto casa a New York. È un primo suggerimento per chi voglia emergere: diventare un suo vicino.
«Non succede più! Gli artisti oggi vanno dove conviene, hanno poco tempo per amicizie spontanee come quelle: non che fossero degli ingenui, ma c’era meno pressione».
Cattelan infatti non sembra tanto ingenuo.
«No, non lo è. Ma siamo sempre amici, è impossibile liberarsene. Alla fine è un calcolatore con un minimo di cuore: se mi vedesse sul bordo della strada si fermerebbe».
Scrive che i nomi nel mondo dell’arte sono tutti scritti a matita.
«Pochi nella pietra, sì, ma vale per tutti i campi. Come ha detto Marchionne di Montezemolo: “Nessuno è indispensabile”. In quanto all’arte, è un enorme valvola di sfogo per persone che altrimenti potrebbero fare danni alla società: Jeff Koons potrebbe essere il capo di una setta, Cattelan un bandito... Noi curatori in fondo siamo badanti, a volte maggiordomi: pochissimi artisti sanno stare da soli».
Ha veri amici tra loro?
«Rudolf Stingel, Damien Hirst, Maurizio Cattelan, per esempio».
E nemici?
«Kapoor. Botero. Ma è così ricco da ignorarmi. Probabilmente però i miei commenti lo snervano».
Lei si definisce «un toscano esperto di burle», scrive che «il curatore è un mestiere essenzialmente inutile».
«In un mondo che si prende molto sul serio, si può fare una cosa seria con uno spirito divertente. In quanto al mestiere, che è come tracciare una strada che collega punti anche lontani tra loro, è “inutile” ma importante: consiglio di farlo con leggerezza, è vero, e anche con pazienza, perché alla fin fine se anche una mostra viene male, non muore – letteralmente – nessuno. Se il mio lavoro non è indispensabile all’umanità, l’arte però lo è».
Costa moltissimo.
«A una grande quotazione corrisponde in genere una grande qualità, un’icona, un simbolo, un pezzo di storia. Che si paga sempre meno di un calciatore».