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 2014  settembre 13 Sabato calendario

NOI EREMITI IN FUGA DAL MONDO

Leonardo Da Vinci lo diceva spesso: «Se tu sarai solo, sarai tutto tuo». Per lui la solitudine era l’unico spazio in cui poter esprimere liberamente il proprio ingegno. Ai suoi tempi la tradizione eremitica - la scelta di vivere soli, isolati dalla società - era già conosciuta da un millennio, apprezzata e praticata. Era piuttosto facile abbandonare il mondo, vivere lontani da tutto, starsene in silenzio. Non c’erano Gps, né megalopoli con milioni di abitanti. Niente musica con gli auricolari, né tv. I trasporti: pressoché inesistenti. Social network e telefonini: manco a parlarne. Ma oggi è diverso. Si può davvero stare soli in un mondo urbanizzato, sovraffollato, rumoroso, sempre connesso, come questo? A quanto pare sì. Un viaggio tra gli eremiti del terzo millennio, illustrato dal fotografo e filmaker Carlo Bevilacqua, è sufficiente per rendersi conto che in fondo è proprio vero quello che diceva Buddha Shakyamuni: l’essere è impermanente. Cambia, rimanendo uguale a se stesso.

Così, il romitaggio esiste ancora e forse anche più di prima, ma è cambiato in modo radicale. E ci racconta i nuovi modi di stare soli, immersi nel grande caos contemporaneo. «Forse il primo eremita dell’umanità è stata una donna» racconta Viviana, eremita italo-egiziana dagli occhi neri. La sua pelle, dello stesso colore della sabbia del deserto, sembra narrare la storia del romitaggio. È dal deserto, nel deserto, che ebbe inizio: «Quasi tutti conoscono i padri del deserto, i grandi anacoreti come Antonio... ma pochi sanno che vi furono straordinarie “madri del deserto”, come Syncletica di Alessandria, una donna bellissima, ma soprattutto infinitamente saggia». Anche Viviana è bella: una carriera da modella e da attrice comica le hanno fatto sentire quanto pesa sull’anima l’illusione di un bel corpo, spingendola a cercare qualcosa di più duraturo. «Come l’amore per Cristo » dice risoluta. Per questo tipo di amore ha lasciato quello terreno e si è cercata una piccola chiesa abbandonata sulle colline bolognesi, dove vive oggi. Il rumore di fuori? «Ogni tanto bisogna farlo entrare». Lei lo accoglie ricevendo rare visite di amici, parenti, curiosi, tutte persone in ricerca spirituale. Sono molti, infatti, quelli attratti dal romitaggio e in questo sta una delle sue novità: rappresenta una valida alternativa alla vita monastica.

Dagli anni Sessanta in poi, se i monaci sono diminuiti, gli eremiti sono aumentati. La vocazione è sempre la stessa, ma le nuove generazioni cresciute con il must dell’autorealizzazione e col mito dell’individuo rispondono alla chiamata spirituale preferendo la solitudine alla vita comunitaria. Per Julia, per esempio, è andata così. Inglese di origine ed eremita in una casupola senza riscaldamento dentro le mura del cimitero inglese di Firenze, ha provato la vita in convento quando aveva 55 anni ed era già nonna, ma ha presto capito che quella non era la sua strada. Ha preferito vivere sola tra le lapidi e mettere a disposizione il suo sapere da ex professoressa universitaria per aiutare ragazzi in difficoltà con lo studio. Così, per gli eremiti di oggi la missione apostolica è importante. C’è chi combatte il degrado ambientale d’intere vallate, chi scrive libri edificanti, chi insegna, chi ha sempre una porta aperta, come Gisbert Lippelt, l’eremita che vive in una grotta a Filicudi, nelle Eolie. Ci si è fermato prolungando indefinitamente i due mesi di vacanza a sua disposizione. «E oggi sono ancora qui» dice soddisfatto. In realtà, in questo, Gisbert rappresenta un’eccezione alla regola: di solito il romitaggio non dura così tanto. I più sono eremiti per qualche anno, poi tornano nel mondo. Zygmunt Baumann chiamerebbe quello di oggi un “romitaggio liquido”, a tempo determinato, flessibile, cangiante. È una caratteristica che accomuna tutti, eremiti e non: fare esperienze di vita un po’ forti è più facile ora che le distanze tra mondi, culture, luoghi, si sono accorciate.

Si può scegliere tra svariati modi di vivere, per poi tornare indietro. Tutto è raggiungibile e fattibile, per esempio adottare uno stile di vita “selvaggio”, come ha fatto l’eremita Alfredo, ispirandosi agli indiani pellerossa nel suo rifugio a forma di tenda, in Calabria, e montando il suo cavallo sotto il sole del sud. In questo scenario vario e multiforme, c’è solo un grande assente: un Dio ben chiaro e definito. Gli eremiti possono infatti essere religiosi, laici o seguire un mix di diverse religioni insieme, come taoismo e cristianesimo. Sono intrisi di una spiritualità profonda, ma è difficile ricondurli alle grandi tradizioni religiose. Il loro è un tentativo personale di trovare una propria strada divina, nel deserto così come in città, su rocce, monti, nelle grotte, oppure negli appartamenti. Per chi volesse provarci, anche solo per poche ore, sarà possibile fare l’eremita a Torino. Durante la decima edizione del Festival Torino Spiritualità, Gabriele Goria condurrà il laboratorio Eremiti in Progresso. Un ritiro spirituale nella vita di tutti i giorni in cui - attraverso tecniche di meditazione e silenzio - si potrà imparare ad essere degli asceti in mezzo alla routine, degli anacoreti nel traffico della città, o semplicemente, degli eremiti del terzo millennio.