VARIE 16/9/2014, 16 settembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - IL DISCORSO DI RENZI E L’IMPASSE PER I GIUDICI COSTITUZIONALI
ROMA - Lavoro, giustizia, riforme. Prima a Montecitorio, poi a Palazzo Madama, poi nella sede del partito. Una giornata campale per Matteo Renzi che affronta una dopo l’altra le aule del Parlamento per presentare il programma dei "Mille giorni". E in serata se la sbriga con i suoi in via Sant’Andrea delle Fratte.
"Mille giorni sono l’ultima chance per far ripartire il Paese, non una dilazione. Dobbiamo rimettere in pista l’Italia", attacca Renzi nel suo discorso alla Camera. Al centro dell’informativa il rilancio dell’economia - dopo i dati dell’Ocse che bollano la crescita italiana come la peggiore d’Europa - il nodo giustizia, le riforme costituzionali, il mercato del lavoro. Un intervento, pressocché identico nei contenuti, ripetuto poi nel pomeriggio anche nell’aula del Senato, dove ribadisce che l’ipotesi di un voto anticipato potrebbe essere presa in considerazione solo se il Parlamento si dimostrasse incapace di fare le riforme. Precisando quest’ultimo passaggio del suo discorso, il presidente del Consiglio poi frena sul voto parlando ai cronisti all’uscita dal Senato. "Adesso vedo che di tutto quello che ho detto il titolo è: andiamo alle elezioni. Invece non è assolutamente così".
Mattina, a Montecitorio. I banchi di Pd, M5s e Sel sono pieni, mentre Forza Italia è presente al 50%. Renzi esordisce dichiarandosi disponibile a rinunciare al consenso pur di portare avanti le riforme e ammette di non aver paura di tornare alle urne:
Anche se, aggiunge, "è obbligo di questo governo indicare dove vogliamo portare il Paese: vi proponiamo di utilizzare come scadenza della legislatura quella naturale, sapendo che è possibilità delle Camere negare in ogni momento la fiducia al governo".
Dopo aver sottolineato le "specialità, la straordinarietà, le capacità delle persone che hanno fatto grande l’Italia", Renzi chiarisce che l’intenzione del governo è quella di "non mollare di un millimetro e di individuare quale sia l’orizzonte dei nostri impegni. Alla fine del programma dei mille giorni l’Italia tornerà ad avere un ruolo, a fare l’Italia".
Economia. Quanto alla questione economica, Renzi spiega che "l’Italia ha interrotto la caduta, ma non basta", sottolineando che "l’obiettivo è tornare a crescere partendo dal numero di occupati il cui passo in avanti è comunque insufficiente, visto l’aumento della disoccupazione: dobbiamo rovesciare e reimpostare la scommessa politica ed economica del nostro paese". Il presidente del Consiglio ammette "una polemica oggettiva rispetto ai ’professionisti’ che in questi anni hanno sottaciuto rispetto alla gravità della crisi. E che ora pretendono di dirci come fare. Rispetto al derby tra i ’professionisti della tartina’ e l’Italia che si spezza la schiena- dice il premier - noi stiamo con questa seconda parte".
"Sono convinto - aggiunge il presidente del Consiglio - che negli ’stress test’ le banche italiane saranno più forti di altre europee: noi abbiamo salvato le banche degli altri Paesi, nessuno ha salvato le nostre".
E spiega la ricetta per risalire in Europa:
Riforme costituzionali. Sul tema della riforme costituzionali, il premier chiarisce che la fine del bicameralismo "è un’esigenza sacrosanta da sempre all’ordine del giorno" e ritorna sull’importanza di avere un vincitore certo nelle competizioni elettorali:
"La legge elettorale - assicura - la faremo subito ma non per andare immediatamente a votare, ma perché una ennesima melina istituzionale sarebbe un affronto". In ogni caso le riforme vanno portate avanti tutte insieme, "o non si porta a casa il percorso di cambiamento. Basta con il benaltrismo", ribadisce.
Giustizia. Altro tema caldo è la riforma della giustizia, che "deve cancellare il violento scontro ideologico del passato". Renzi torna sulle troppe ferie dei magistrati:
E poi la posizione forte e nuova, per il suo partito, sull’avviso di garanzia:
Con un avvertimento alla Procura di Bologna (per la vicenda degli indagati in Emilia Romagna), che segna la svolta garantista del Pd:
Lavoro. Quanto al lavoro, Renzi afferma che "al termine dei mille giorni il diritto del lavoro non sarà quello di oggi. Io ritengo che non ci sia cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide i cittadini in cittadini di serie A e di serie B. Se sei un partita iva non conti niente. Se sei un lavoratore di un’azienda sotto i 15 dipendenti, non hai alcune garanzie. Se stai sopra sì. Questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid. Le regole sul lavoro vanno ridotte, ma devono essere chiare". E se necessario si farà ricorso a un decreto legge: "Se saremo nelle convinzioni di avere tempi serrati" per l’esame della delega sul lavoro, "rispetteremo il lavoro del Parlamento", spiega il premier, "altrimenti siamo pronti anche a intervenire con misure di urgenza, perchè sul lavoro non possiamo perdere anche un secondo in più". In serata, a Porta a Porta, sarà il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a dire che la riforma del lavoro è "una priorità". L’obiettivo deve essere quello di "semplificare" il mercato del lavoro e così "l’articolo 18 diventa un non problema".
Scuola e diritti civili. In coda al discorso, scuola e coppie di fatto. "Ieri qualcuno ha criticato la presenza dei ministri nelle scuole. Qualcuno ci preferisce chiusi nei palazzi, asserragliati dentro una dimensione di casta. Quei bambini che abbiamo incontrato a scuola, sono la ragione stessa per cui siamo qui, e per cui il pacchetto di riforme è voluto". E assicura: "Entro la fine dei Mille giorni ci sarà una legge sui diritti civili".
Sul finale, i leghisti in Aula sventolano la bandiera di San Marco (foto):
Alfano se ne va senza salutare:
E i dubbi restano:
Nel dibattito successivo all’informativa, il deputato dem Stefano Fassina critica le posizioni del premier sul lavoro. LEGGI: le reazioni in Aula
Pomeriggio, a Palazzo Madama. "Qualcuno potrà sostenere che andare a votare sarebbe meglio - ribadisce più tardi Renzi al Senato - rispettiamo la presa di posizione e dal punto di vista utilitaristico magari sarebbe una buona idea ma noi pensiamo che prima delle esigenze di un partito venga l’interesse del Paese. Abituiamoci al concetto che si torni alle urne nel febbraio 2018". E chiede di votare le riforme perché "sono giuste per i nostri figli, non perché ce lo chiede l’Europa, un soggetto tecnocrate alieno e alienante che ci dice cosa fare".
Risponde poi alle critiche di Brunetta: "A criticare il governo ci sono gli stessi che per anni hanno immaginato una risposta alla crisi non all’altezza e ora vogliono negare a noi il diritto di cambiare il paese con l’ottima scusa che loro non ci sono riusciti". E rivolto al M5s, dai cui banchi si levano grida di protesta: "La decrescita è felice solo per chi non ha mai visto un’azienda chiudere perché la banca non ha dato un fido. Solo per chi in questi anni non ha mai incrociato il dolore di un cassintegrato".
Ritorna sul lavoro, che è l’aspetto più dirompente del programma di governo, ribadendo che il sistema attuale è "iniquo". Renzi intende "rispettare" il dibattito in Parlamento ma avverte che bisogna procedere in "tempi strettissimi", perchè "dal 2015 serve un nuovo sistema di ammortizzatori sociali".
Anche al Senato la Lega dà spettacolo: i senatori del Carroccio contestano il premier mangiando coni gelato.
Gelato per Renzi, la dolce protesta della Lega al Senato
Sera, la direzione Pd. In serata Renzi va alla direzione del Pd dove annuncerà una conferenza sul partito, con tappe per un nuovo statuto, nuovo programma, nuova identità. Primo passo la segreteria unitaria, con la partecipazione delle correnti di minoranza, ad esclusione di Fioroni e di CivatI
definisce iniquo attuale diritto lavoro. Sacconi applaude
Alla fine non si è capito se saranno #millegiorni ("Prospettiva maggio 2017") o 1.300 ("Scadenza fine legislatura"). #renzismi
terminato l’intervento del premier alfano se ne va e non si stringono la mano pur essendo uno accanto all’altro. Alfano non applaude
eghisti veneti sventolano in aula bandiera di san marco e gridano "libertà". Pochi secondi e poi arrivano i commessi
Ridurremo ammortizzatori sociali per aumentare le chance di lavoro". E ora vai a sentire i sindacati.
Avvisi di garanzia più o meno citofonati non cambiano il corso della politica". Procura di Bologna avvertita.
E poi arriva la vera svolta. "L’avviso di garanzia non può costituire un vulnus all’esperienza professionale di una persona"
"Basta coi 45 giorni di ferie per la giustizia". E giù applausi in aula. #renzi
senza ballottaggio non c’è vincitore chiaro. Come in svezia e germania
se le banche faranno la loro parte investendo 200 mld bce ci sono le condizioni per ripartire
Non guardiamo in faccia nessuno, guardiamo negli occhi tutti". Puro Renzismo distillato.
non ci rassegnamo alla rassegnazione
arriviamo a scadenza naturale legislatura, febbraio 2018
sono disponibile a correre il rischio di perdere le prossime elezioni
REPUBBLICA.IT
ROMA - E’ iniziata alla Camera la riunione del Parlamento in seduta comune per l’undicesimo scrutinio per l’elezione di due giudici della Consulta (maggioranza richiesta dei 3/5) ed altrettanti componenti laici del Csm (ottavo scrutinio, maggioranza richiesta dei 3/5).
Deputati e senatori di Pd e FI sono stati invitati a votare per Luciano Violante e Donato Bruno per la Consulta e Luigi Vitali per il Csm. Secondo quanto si apprende, sia da fonti dem che azzurre, ai parlamentari dei due partiti sarebbe arrivato un messaggino sul telefono dal contenuto pressoché simile. La nuova seduta congiunta del Parlamento è iniziata da poco, con la chiama dei senatori, ma l’esito del voto si conoscerà solo in tarda serata. Fonti azzurre sostengono che, questa volta, i due nomi indicati dai partiti, sulla base dell’accordo FI-Pd per la Consulta, dovrebbero spuntarla. Qualche malumore serpeggia nel Pd: secondo fonti interne al partito, la votazione di oggi potrebbe nuovamente andare a vuoto per le assenze ’ingiustificate’ tra i loro deputati e senatori e tra gli esponenti di Forza Italia. Mancherebbero, dai conteggi che si stanno facendo in questi minuti, 42 voti a Violante, che ieri ha preso 530 preferenze, e 43 voti a Bruno a cui ieri ne sono andate 529. Ma grandi maldipancia, nel Pd, viene raccontato in transatlantico, sono per il nome di Vitali. I democratici non gradiscono il suo coinvolgimento in alcuni procedimenti giudiziari e ritengono la sua elezione al vertice di autogoverno dei magistrati come del tutto inopportuna. Se oggi non si raggiungerà il quorum necessario, una nuova seduta dovrebbe tenersi domani pomeriggio dopo il voto sul decreto missioni.
Deputati e senatori del Movimento 5 Stelle hanno votato in modo palese scrivendo in bella vista i nomi nella scheda senza entrare nella cabina allestita per il voto. In mattinata Beppe Grillo era tornato a farsi sentire lanciando nuove accuse contro la maggioranza. "In questo momento in Parlamento è in corso un ricatto! - ha scritto il leader del Movimento 5 Stelle sul blog in un post intitolato "Violante, un maggiordomo alla Consulta"- Ci hanno proposto uno scambio di voti: se non voteremo Luciano Violante alla Corte Costituzionale, non appoggeranno il candidato del Movimento Cinque Stelle. Denunciamo questo ricatto e la visione da vecchia politica. Noi non voteremo mai Violante!".
Grillo ha poi attaccato direttamente Luciano Violante, definendolo "un maggiordomo alla Consulta". "Ricordiamoci chi è questo individuo, padre fondatore della Seconda Repubblica e lord protettore degli interessi di Berlusconi. A’ Si che te serve? Una legge ad personam per le tue televisioni? L’affossamento della legge sul conflitto di interessi? Lucianone è qui!", attacca il leader M5S postando sul suo blog anche una biografia di Luciano Violante.
"Il M5S -continua Grillo - voterà una lista di nomi indipendenti dalla politica e soprattutto competenti, forti di curriculum professionali impeccabili. Questa è la nostra scelta e questo è quanto ci chiedono i cittadini, interpellati dal M5S a suo tempo, a differenza dei partiti che intrallazzano ad urne aperte come se lo Stato fosse roba loro, un suk governato dall’alto del Colle".
Proprio ieri si era registrata l’ennesima fumata nera in Parlamento per l’elezione dei due giudici costituzionali, nonostante l’accordo fra Pd e Forza Italia. Nessuno dei due candidati forti ha raggiunto il quorum richiesto dei 3/5 dei componenti dell’Assemblea, pari a 570 voti. Si è fermato a 529 voti Donato Bruno, mentre a 530 Luciano Violante.
Alla votazione per la Consulta gli assenti sono stati in tutto 107. Oltre il M5s che ha disertato l’aula, è Fi il partito con più assenti, 16 parlamentari non hanno votato. Nel Pd sono stati 10. Del Ncd non si sono presentati in 9.
Parlando della votazione di oggi, la presidente della Camera Laura Boldrini ha dichiarato: "Mi auguro che si superi questo stallo e si possa entrare nel merito dei provvedimenti" perché "il calendario è molto impegnativo".