Alessandro Pasini, Corriere della Sera 16/9/2014, 16 settembre 2014
ROSSI, CAMPIONE SENZA TEMPO IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE
Un giorno, all’ennesima domanda sul periodo trascorso con i Genesis trent’anni prima, Phil Collins rispose scocciato: «Ancient, historical!», come dire «paleolitico», e cambiò discorso. È la famosa filosofia del non crogiolarsi nella memoria, del meglio che deve ancora venire, senza contare che la visione dell’artista su se stesso non è mai uguale a quella dei suoi ammiratori.
Noi per esempio abbiamo sempre pensato che il migliore Valentino della storia fosse quello di Welkom 2004 oppure quello del biennio 2009/2010, due titoli di fila dopo l’interregno di Hayden e Stoner che per molti era l’inizio della fine del Mito. Ci sbagliavamo. Tutto questo è «historical». Il miglior Valentino, parola sua, è quello di oggi, capace a 35 anni, 18 dopo la prima vittoria in carriera, «di stendere i ragazzini» (copyright Giacomo Agostini).
A differenza di Phil Collins — convinto di fare oggi musica migliore di allora, un’opinione — Valentino basa la sua tesi sui fatti. E chi lo conosce bene approva: «Se lo dice lui, non posso che essere d’accordo». Davide Brivio, oggi team manager della Suzuki che nel 2015 tornerà in MotoGp, è l’uomo che nel 2004 portò Rossi in Yamaha per la famosa sfida dell’uomo alla macchina. Infastidito da chi sosteneva che vinceva solo grazie alla Honda, Valentino cambiò maglia e in tre mesi condusse al trionfo di Welkom una moto che non andava manco a spingerla. Un’impresa leggendaria. Eppure... «Eppure Vale ha ragione a dire che adesso è migliore, perché vincere adesso è più difficile. A quei tempi lui non solo era molto forte, ma gli avversari faticavano anche a pensare di poterlo battere». Una sudditanza che non c’è più: «Le nuove generazioni sono riuscite a batterlo e hanno sviluppato una nuova consapevolezza, senza contare che mezzi, tecnologia e stili di guida sono radicalmente cambiati».
Disposto a cambiare, modellandosi ai tempi, superando problemi fisici (infortuni) e tecnici (il periodo Ducati, la necessità di riabituarsi alla Yamaha, l’esplosione di Marquez, il licenziamento del capotecnico Jeremy Burgess e l’ingaggio di Silvano Galbusera), Rossi ha incontrato tre generazioni di avversari restando sempre al top: «Gli avversari forti alzano l’asticella e ti costringono a perfezionarti. In questo Rossi è stato magnifico», dice Brivio. Che pensa anche di sapere perché: «La motivazione. Questo è l’elemento costante dentro il cambiamento: quando parla di moto, lo fa con la fame e la passione di chi è ancora alla ricerca della prima vittoria della sua vita».
Ecco perché Valentino è convinto che il meglio sia oggi e che dell’altro meglio debba ancora venire: «Credo ancora di poter vincere un Mondiale», ha detto domenica dopo il trionfo. E conquistare il decimo titolo a 36 o 37 anni sarebbe davvero il capolavoro della vita. «Conoscendolo, non è certo una boutade — conclude Brivio —. Non sarà facile, gli ci vorrà molto mestiere, soprattutto nell’ingigantire i punti deboli degli avversari come faceva in passato. Ma pensarlo ancora campione del mondo è un’immagine bellissima. Per questo speriamo che non smetta mai». Lo dice uno che tra poco, ahilui, sarà suo avversario in pista. È ammirazione e riconoscenza. Succede davanti alla grande arte.