Paolo Nori, Libero 16/9/2014, 16 settembre 2014
LO STRANO CASO DEL SESSO MAL TRADOTTO
E, per finire, vorrei proporre un compito minuscolo a tutti i lettori di questo libretto; si tratta di una traduzione dal dialetto di Santarcangelo di Romagna che credo possano fare anche quelli che, come me, il dialetto di Santarcangelo di Romagna non lo sanno. È la traduzione dell’inizio di una poesia di Nino Pedretti. È un poeta che mi piace molto, Pedretti, ma non capisco tanto la traduzione delle sue poesie, raccolte in un volume dell’Einaudi che si intitola Al vòusi. Una di queste poesie si intitola L’orgasmo e è stata scritta credo negli anni settanta, e l’io narrante, la voce che parla nella poesia, è una donna di settant’anni che si lamenta che quando era giovane lei di queste cose qui, dell’orgasmo, della liberazione sessuale, non ne parlava nessuno, e la poesia inizia con un verso che fa così: Adès i cieva tótt, che si potrebbe tradurre Adesso chiavano tutti, o Adesso scopano tutti, o Adesso guzzano tutti, o Adesso fiondano tutti eccetera eccetera. Be’, quella poesia lì, nell’edizione Einaudi delle poesie di Pedretti, è tradotta così: Adesso tutti fanno sesso. Che, a parte il fatto che è un’altra cosa, che far sesso e fiondare son due cose diverse, ma a parte quello, l’espressione Fare sesso, detta all’inizio degli anni settanta da una signora settantenne che quindi era nata all’inizio del secolo scorso, non lo so, magari mi sbaglio, ma a me sembra che una signora così a fare sesso non ci hai mai neanche pensato. Stasera forse facciamo sesso è una frase che dentro le teste, in Italia, nel 1970, non la pensava nessuno, figuriamoci le signore di settant’anni.
Pedretti era amico di Raffaello Baldini, erano tutti e due di Santarcangelo, e Baldini raccontava che Pedretti di solito non parlava in dialetto, ma in italiano, il dialetto era una lingua che aveva imparato per strada, e i suoi primi versi in dialetto non li pubblicava neanche, anzi uno l’aveva regalato a Baldini. «Ricordo, scrive Baldini, che a un certo momento Nino cominciò a dirci due versi in dialetto, due endecasillabi, due versi che gli erano fioriti dentro gratuitamente. Il primo di questi versi era: “Mè, s’i m déss da capè, abdrébb a lèt” (“Io, se mi dessero da scegliere, andrei a letto”), il secondo era: “Me l’è trent’ann ch’a chégh cumé un arlòzz” (“Io sono trent’anni che cago come un orologio”). Dopo un po’, un giorno chiesi a Nino: “Questo verso, "Me l’è trent’ann ch’a chégh cumé un arlòzz”, non me lo regaleresti?”. E lui rispose: “Sì, sì, prendilo pure”. Io lo presi e buttai giù una prima versione di quello che sarebbe diventato un pezzo intitolato Cuntantèrs (“Contentarsi”), che comincia così: “Io sono trent’anni che cago come un orologio, sarà che porto sempre la pancera, e d’estate e d’inverno le mutande lunghe, anche perché la notte devo alzarmi tre o quattro volte per fare un goccio d’acqua. Sul mangiare sto attento e poi non ci tengo. Un brodo, un po’ di vitello e due spinaci, una fetta di stracchino, ma appena un segno, mezza pera un grissino, un bicchier d’acqua, e sono a posto. Il maiale mi fa schifo, sono anni e anni che non ho mangiato un cicciolo, nel prosciutto non ci do, il vino ne bevo due dita nell’acqua perché mi fa venire l’acidità, al pesce, sogliole, triglie, calamaretti, non ci faccio molto, le tagliatelle mi fanno il nodo. E poi è tutta roba che riscalda troppo, e io, con buon rispetto, se non sto attento, già che soffro di emorroidi”, dice Cuntantèrs all’inizio». Be’, ecco, una volta è venuto a Reggio Emilia il traduttore di Baldini, Giuseppe Bellosi, che è uno dei più grandi conoscitori della poesia romagnola contemporanea e, quando Daniele Benati e io gli abbiam detto questa cosa di Adès i cieva tótt che era diventato, in traduzione, Adesso tutti fanno sesso, lui ci ha detto che secondo lui, quella traduzione lì l’aveva fatta Pedretti, che Pedretti era uno che in italiano non scriveva così dritto come in dialetto, e noi gli abbiam detto che secondo noi era difficile, che fare sesso era un’espressione dell’italiano contemporaneo che negli anni settanta non la usava nessuno, e lui aveva detto che andava a vedere nell’edizione originale e c’era andato a vedere e poi ci aveva scritto e ci aveva detto che avevamo ragione, che non era Pedretti, che aveva tradotto Adès i cieva tótt con Adesso tutti fanno sesso, che lui l’aveva tradotto in un altro modo, vale a dire così: adesso c’è libertà di coito.
Adesso c’è libertà di coito. Ecco, il compito che vorrei darvi è questo: Se Pedretti ha tradotto Adès i cieva tótt con Adesso c’è libertà di coito, come avrebbe tradotto Me l’è trent’ann ch’a chégh cumé un arlòzz? Cioè, si tratta di risolvere una piccola equazione, vale a dire Adès i cieva tótt : Adesso c’è libertà di coito = Me l’è trent’ann ch’a chégh cumé un arlòzz : x. Potete mandare le vostre soluzioni alla mail: paolo.nori@gmail.com. Grazie.